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   Monte Ortles - via normale, 05/07/2009
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Onicer  k2   
Regione  Trentino Alto Adige
Partenza  Solda  (1850 m)
Quota attacco  3030 m
Quota arrivo  3905 m
Dislivello della via  865 m
Difficoltà  PD+ ( pendenza 45° / II in roccia )
Esposizione in salita Nord
Rifugio di appoggio  Payer
Attrezzatura consigliata  da alpinismo su roccia e ghiaccio
Itinerari collegati  Ortles (3905m), via normale, dal rif. Payer
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Per visionare la traccia, potete andare qui:
http://www.everytrail.com/view_trip.php?trip_id=264354

Esattamente due anni fa, armato solo di zainetto e bastoncini, feci un’escursione fino al rifugio Payer e rimasi attratto dal tintinnio dei moschettoni, dalle corde buttate sui tavoli, dai ramponi messi ad asciugare e, soprattutto, dalla vista di così tante facce stanche ma felici. Mi ricordo che, scambiando quattro parole con una persona appena rientrata in rifugio, questa mi disse di essersi trasferita al nord da Roma per essere più vicina alle montagne.
Dal basso della mia poca esperienza, per di più solamente escursionistica, pensavo che per me, certe cose, sarebbero state irraggiungibili e che quel tipo di gioia avrei potuto solo vederla e mai condividerla … quella gioia permeava l’aria intorno e dentro al rifugio e la voglia di capirla è stata la scintilla che ha fatto nascere la necessità di vivere la montagna anche in modo diverso … da lì comincia la mia “vita” di alpinista della domenica (spesso anche del sabato!).
A due anni di distanza, ieri, a quei tavoli c’ero io con i miei amici, con il tintinnio e con le corde … con il racconto di quel “delicato passaggio” o dell’eroico attraversamento del “ponte sul crepaccio” (gli alpinisti hanno la tendenza a romanzare). Anch’io ho condiviso quella gioia.
Dopo avervi commossi con questo amarcord, torniamo ai giorni nostri e al racconto della nostra salita all’Ortles.
Se il buongiorno si vede dal mattino, il nostro weekend sarebbe dovuto essere un disastro. Partiti da Capriate alle 10,30 riusciamo a parcheggiare a Solda alle 17,18, ovvero sette ore dopo aver posato le chiappe sui sedili, e tre minuti dopo la chiusura della seggiovia dell’Orso che ci avrebbe permesso di guadagnare un’ora di cammino … Il viaggio, più che un’odissea, è stata l’espiazione di una qualche colpa a noi addebitata. La coda sull’A4 … la scelta di abbandonare i 22 km di coda per puntare su edolo, fare l’Aprica e attraversare lo stelvio … i tre minuti di ritardo sulla chiusura della seggiovia … se non sono segnali di un mattino pessimo, cosa sono?
Parcheggiata l’auto dietro la chiesetta di Santa Gertrude (1850 metri), ci incamminiamo sul sentiero n. 4 verso le tre ore e i 1100 metri che ci separano dal Payer. Probabilmente, chi di dovere, si è ricordato di qualche altra nostra colpa così, quasi subito, comincia a diluviare… La prima parte del sentiero si sviluppa in un bosco stupendamente farcito di pini cembri e rododendri e solo dalla morena della Vedretta di Marlet diventa una traccia su poveri resti “pietrificati” di un vecchio ghiacciaio. L’acqua e il vento ci fanno compagnia fino dopo il rifugio Tabaretta (2556 metri) e solo la vista della nord dell’Ortles (e delle numerose targhe alla memoria di chi non è tornato a casa) riesce a farci provare brividi maggiori.
Dal Tabaretta è sufficiente alzare gli occhi per vedere il Payer. Una via alternativa al sentiero è costituita dalla nuova e impegnativa ferrata tabaretta (due ore) che si sviluppa lungo i 600 metri di parete prospicenti il rifugio e arriva a pochi metri dal Payer.
Passato il rifugio Tabaretta, il sentiero compie una lunga diagonale lungo il pendio della Punta Tabaretta fino alla Forcella dell’Orso ove si può ammirare la bellezza della “location” del Payer e, alle sue spalle, il ghiacciaio dell’Ortles. Da qui cambiamo versante e giungiamo, attraverso un facile tratto attrezzato con cavo, al Passo Tabaretta (2883 metri) … poche comode decine di metri in salita e arriviamo al rifugio.
Sono le 21. Mangiamo e subito a letto con pasta e carne sullo stomaco … pensiate che sia riuscito a dormire? Per fortuna le 3.45 sono arrivate in fretta ed è ripresa l’attività. Veloce colazione e si parte.
Come tutti quelli interessati sanno, il percorso si divide in due tratti ben distinti: il primo su roccia e creste, il secondo su ghiacciaio; il filo conduttore è il fatto che il tutto si svolge in un ambiente severo e imponente.
Dal rifugio aggiriamo punta Tabaretta, scavalcandola ad un intaglio, iniziando la serie di roccette, in salita e in discesa, che hanno il loro culmine nella parete Wandln attrezzata con catene e che conduce ad un tratto in cresta esposto e “placcoso” ma fornito di fittoni da utilizzarsi per assicurazione (soprattutto al ritorno quando si è stanchi). Il breve tratto in piano e la piazzola chiudono il percorso di roccia. A questo punto ci attrezziamo per il ghiaccio con picca, corda e ramponi.
Da qui, traversiamo verso destra un pendio nevoso e arriviamo al ghiacciaio nella “buca dell’orso” . Qui c’è da correre, soprattutto al ritorno …. il ripido ghiacciaio è sovrastato da seracchi che hanno solo voglia di venire giù. Togliersi velocemente da quel posto è molto più che un dovere. L’ultimo tratto vira a sinistra e ci porta sotto il dosso Tschierfegg, dove sorge il bivacco Lombardi (3316 metri).
Il tempo passa e la neve smolla… non possiamo fermarci troppo tempo. Piccola sosta per ammirare la via di salita, la vetta e si riparte. Il primo tratto del ghiacciaio è quello più ripido (fino a 45°) e più pericoloso in quanto la traccia, da un certo punto in poi, corre parallela alla larga crepaccia terminale… che va attraversata su un ponte di neve lungo e che non ispira molta sicurezza.
Passato questo ostacolo, il pendio si addolcisce anche se la vetta sembra non arrivare mai … finalmente aggiriamo l’ultima cresta tondeggiante e arriviamo sull’altipiano superiore dell’Ortles. La croce di vetta è davanti a noi … ancora poche decine di metri di dolce cresta ed arriviamo ad abbracciarla. Affacciarsi sulla nord fa impressione … E’ tardi e c’è solo il tempo delle foto di rito. Torniamo esattamente sui nostri passi … prestando molta attenzione sul ponte di neve un po’ più molle … correndo letteralmente giù per il ghiacciaio sovrastato dai seracchi (durante la salita si sono sentiti alcuni crolli) … disarrampicando lungo le rocce … allestendo una calata presso i fittoni …. scivolando giù per le catene assicurati con una longe …. allestendo una corda fissa nell’ultimo tratto di cresta (grazie Fra!) … percorrendo a ritrovo la traccia che ci riporta, dopo 12 ore, al rifugio e ad un nuovo cassetto di ricordi.
Sistemiamo le nostre cose, beviamo a più non posso e salutiamo la gentilissima signora del rifugio. Ci incamminiamo e comincia a diluviare come il giorno prima …. un bel “chissenefrega” ci sale da dentro … passiamo il rifugio Tabaretta … ci inoltriamo nel bosco e, intorno alle 19,15, arriviamo alla macchina bagnati come biscotti scappati dal tè … giusto in tempo per cambiarsi d’abito in compagnia di un timido raggio di sole e rilassarsi all’ombra della soddisfazione.
Tutto il resto è il viaggio di ritorno sotto forti temporali e la doccia all’una di notte.

alla prossima
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