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BLOCCA! (2° GIORNO)

 
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GAMBADELEGN



Registrato: 05/02/09 15:09
Messaggi: 156
Residenza: ovunque il mondo non sia piatto

MessaggioInviato: Mar Apr 14, 2009 12:04 pm    Oggetto: BLOCCA! (2° GIORNO) Rispondi citando

FORTUNA GRIGIA (GRAUE WAND Eisbrecher)
E andiamo: oggi progetto ambizioso, maturato all’ultimo momento.
Una via dei fratelli Remy, alla Graue Wand. Una via sportiva: con gli spit.
Tre spit ogni tiro: per non esagerare. Per non rovinare le montagne con troppe intrusioni ferrose!
Spit messi là dove servono per poter raccontare che … sì … sono volato ma lo spit ha tenuto! E se mi sono acceso come un fiammifero è solo perché 15 metri di volo, un po’ ti scarteggiano.
Ad ogni modo: sono sempre secondo di cordata (forse terzo, visto che sono con la collaudata formazione Ste + Vitto) e quindi i rischi intrinseci del volo sono annullati.
Non sono più uno zaino: sono cresciuto.
Sono un semi-perfetto secondo di cordata.
Un sottoprodotto della civiltà arrampicatoria moderna: in cui non arrampicano più solo i grandi, come un tempo. Non arrampica più solo colui che ha testa e fisico per potersi permettere di affidarsi a quello che pianta nella roccia lui stesso, senza nulla trovare in via.
Oggi arrampicano tutti: i grandi con i microbi: che non si meriterebbero neppure l’appellativo di arrampicatori.
Forse quello di ripetitori: ma senza offesa per la rete telefonica e per le sue infrastrutture!
Adesso sono un ripetitore di secondo livello: nel senso che vado da secondo, su vie di questo impegno (e QUESTO impegno, per me … è ancora elevato!).
Bellissimo avvicinamento, a questa parete: in ambiente che ti fa sentire anche un po’ alpinista.
Magari non conta molto il fatto che sto camminando su ghiacciaio con le spadrillas (o quasi!), visto che fino a stamattina il programma era all’incirca Vaccarese ed ora siamo alla Graue Wand…
Mi sento “in ambiente”: anche se mi chiedo cosa vorrebbe dire non essere “in ambiente”.
Cosa sarei se non fossi “in ambiente”? Un pesce fuor d’acqua? Boh! Certe espressioni, per me, non hanno ancora molto significato…
Ora, comunque, sto facendo la gita “in ambiente”: ne sono quasi sicuro! Il Bianco è ancora lontano …
Torniamo a noi: siamo sul ghiaccio, a camminare per arrivare alla base del paretone che svetta nero dalla vedretta, con i nostri soliti kili di ferro come amici sulle spalle.
Sono il più in forma, oggi. O forse, sono il meno fuori forma.
O ancora e più probabilmente il più eccitato della gita, come sempre: e quindi l’energia mi deriva dalla gioia di cimentarmi (da secondo … non da arrampicatore!) su una parete con tiri duri e vista ghiacciaio.
Tiro il trenino di noi tre gitanti.
Arranco nella neve – i piedi devastati come dopo dieci piani … di scale (… ma che morbidezza!) - e, come sempre, con un’espressione facciale che dimostra come l’alpinismo eroico non sia mai finito.
Perché ancora oggi occorre essere (o meglio: sembrare) eroi, per provare a fare gli alpinisti.
Sembro un’imitazione di Clint Eastwood con la sigaretta in bocca prima del duello di uno spaghetti western. Gli occhi duri ed inflessibili inquadrati in primo piano. Da neri che li ho, gli occhi, mi sono anche diventati azzurro ghiaccio per l’occasione.
Anche il fiatone da mezzo metro di molla con le ciabatte è rigorosamente nascosto dentro un sacco d’orgoglio a tenuta stagna.
Rido e scherzo, lottando contro l’infarto, e arriviamo – infine – su questo “comodissimo” pimpolone di granito che fa da cengia ove lasciare più o meno all’asciutto ciò che in via non servirebbe.
Ci si attrezza: corda imbrago ferri caschetto.
Su ragazzi: non fate gli sboroni.
Lo so che voi le vie sulla Graue Wand le fate in solitaria e solo se nevica perché altrimenti l’ingaggio psicologico è troppo basso per il vostro livello di testosterone e di adrenalina.
Che, in particolare, Eisbrecher l’avete fatta con la febbre ed un braccio rotto, per portare la vostra sorellina malata terminale dal morbo della mucca pazza, a fare la sua prima vietta (spittatissima!).
Lo so che siete tutti grandissimi: che quando avete trovato i tre spit per tiro sulla via, li avete martellati e poi ripiantati nuovi per avere la sensazione dei primi salitori.
Che è stato divertente quella volta che l’avete fatta ubriachi a piedi nudi, usando l’olio di colza al posto della magnesite.
Ammettete, però: che per un principiante con alle spalle il record di ripetizioni sulla via del Veterano, la Graue Wand ha tutto un altro peso. Anche da secondo.
Almeno siate clementi: ammettetelo solo per continuare a leggere questo racconto.
Ebbene eccoci qui: sotto il mio primo granito di un certo significato.
Semi infartuato io (ma sempre sorridente) e infartuati senza semi, i miei soci: per la corsa fatta per starmi dietro nella mezz’ora (?) di avvicinamento.
Sgrolliamo lo zaino dalle spalle.
Ci giriamo tutti dall’altra parte per assumere la reale espressione facciale che ci sorge spontanea dopo la corsa in salita. Un misto tra l’incredibile Hulk in fase di trasformazione e la Puffetta al momento di perdere la verginità.
Poi, ci accingiamo alla salita.
Anche in tale caso, guida il vecchio lupo che gli mancava giusto la Eisbrecher per completare tutto il chiodato sulla parete.
Si parte.
Cielo splendido: blu senza filtri UVA – UVB. Lo dimostrano le labbra scrostate che penzolano a brandelli dalla faccia, dopo la camminata in ciabatte sul ghiacciaio e le 4 diottrie perse causa riverbero.
Un cielo fantastico con UNA: una sola, lontana, tenera nuvoletta bianca innocente, carina, piiiiicccoola, all’orizzonte.
Giusto a confermare che questo cielo blu che ci ha sottratto al Vaccarese per portarci a 3 ore di macchina da là non è un telo finto “Made in Suisse”, appeso lì solo per fare invidia a noi italiani che non possiamo permettercelo.
È tutto vero: oggi c’è una meteo libidinosamente terso.
E le previsioni lo dicevano: stabile, sereno, a prova di Fantozzi.
Insomma: facciamola breve. Si parte.
Lo Ste, primo di cordata, sale spedito: a riprova del fatto che per lui ma solo per lui l’allentamento non ha alcuna significato: non serve a nulla.
Lui, che anche dovesse mettersi otto mesi all’ingrasso senza vedere un rinvio neanche a scendere in cantina a cercarli; dopo una cena della sera prima con antipasto di Casoeula riscaldata, a base di cozze da “Er borgataro” de Ostia, annaffiata da un ottimo Tavernello del 65 in tetrapak marcio … lui che è l’uomo sempre pronto. Sempre in forma.
Colui che prova realmente che l’arrampicata è testa: e solo a molti molti gradini di distanza, anche fisico e tendini.
Poi tocca a noi e vi risparmio – per questa volta, almeno – il racconto metro per metro della salita (tipo: “a metri 0,87 dal secondo spit ho preso la regletta svasa e rovescia con la sinistra per salire con opposizione di piede destro incastrato in buchetto fino alla tacca successiva … dalla stranissima forma di fettuccia in nylon con alle estremità due moschettoni … etc.).
Si sale e si sale abbastanza speditamente: a parte gli azzeramenti necessari per arrivare alla sosta sempre intasata dalla folla di una cordata da tre.
Si sale senza barare e con sufficiente velocità.
Fino al terzo tiro.
Arriviamo in sosta e – giuro: senza farlo apposta – ci giriamo ad ammirare il panorama.
Ma è sopra il panorama che c’è qualcosa di interessante: la nuvoletta.
La nuvoletta bastarda.
Che sorrideva con la faccetta tenera tenera della pecorella smarrita ed innocente. Fischiettando con lo sguardo di chi non c’entra niente.
Bastarda di una nuvoletta: socievolissima!
In 1 ora scarsa ha adunato qui sopra di noi tutte le sue amiche (ecco perché sembrava che avessero spento la luce! … All’inizio, credevo che fosse l’abbagliamento da ghiacciaio che iniziava a dare i primi sintomi seri).

Ora, quella brutta tr*°@a (=leggasi, “trovatella”) s’è federata con l’alleanza svizzera delle nuvole da tempesta e inaugurano il loro rave party proprio qui. Sopra di noi.
Arriva alla velocità di un jet, arriva un nero cupo da fare spavento: o meglio ... un nero che tanto cupo non è, allietato da tutti quei bagliori sfolgoranti bianchi e gialli preceduti dal botto (forse nel rave hanno previsto il momento pirotecnico …!)
L’amico Ste – che già ci attendeva in sosta da qualche minuto – non ci fa neppure notare la cosa: sta già facendo su le corde per la doppia e noi non obiettiamo (anche un timido “Ma magari gira …”, attirerebbe un fulmine molto più pericoloso di quello del temporale: e di sicuro più doloroso!).
Solo adesso mi spiego perché nell’ultimo tiro riuscivo a salire senza usare le mani, da tanto che la mia corda veniva recuperata con veemenza.
Inizia la grande fuga. Ovviamente, con una buona dose della solita fortuna che, dicono, premia gli audaci.
Mi avevano detto fin dalla prima doppia della mia vita di stare attento, perché le corde hanno l’innata tendenza ad incastrarsi.
Anche sulle placche appoggiate del Grimsel, vanno a trovare l’unico arbusto, l’unica fessura 20 metri fuorivia, l’unica micro-escrescenza della parete per il resto più simile ad un lavandino che ad una parete di roccia, per incastrarsi irrimediabilmente. Definitivamente.
Ma che anche recuperando l’asola dimenticata a penzoloni dalla sosta nell’attrezzare la doppia, si potessero incastrare le corde, non me l’aveva ancora detto nessuno.
E così è.
Di norma il nostro mitico Ste non avrebbe mai lasciato neanche un centimetro di corda non perfettamente allineata (e quando dico perfettamente, intendo stile corda nuova confezionata) anche solo per inzainarla alla fine della via.
In questa occasione, però, più preso dalla fretta che dalla cura, ha fatto su le corde alla buona, lasciando un ramo della corda già recuperata, ballare 6 – 7 metri sotto di noi. Ultimo strappo per annodarle e … niente: corda incastrata: socio che si cala a liberarla con spreco di tempo prezioso.
Intanto che aspettiamo, si alza la piacevole brezza che precede il battirone: quel venticello a 70-80 km/h a 8/10 gradi che a me crea una paresi spastica alla faccia e a Vitto un tremore degno di un attacco di malaria.
Poi le doppie. Due doppie (se ricordo bene): tempo impiegato forse 10 minuti (ho ancora oggi il discensore che fuma per l’attrito giù in cantina: lo uso per accendere il camino) e siamo alla base della parete.
Via tutto: nella fretta di togliere imbrago magnesia rinvii cordini corda etc, mi devo anche essere tolto i pantaloni e le mutande.
Rimedio, imbarazzatissimo.

Tolgo le scarpette e metto quelle scarpe da ginnastica che avevo tirato fuori alla mattina per andare al Vaccarese e che ora, impregnate dell’acqua dell’avvicinamento, pesano circa 18 kg l’una.
Con i piedi di per sé già congelati dal breve (ma intenso) tempo trascorso al vento ad attendere il disincastro della corda, la sensazione di infilare le due zavorre intrise di granita è come lo slogan di una famosa pubblicità: “Una sensazione di intensa, prorompente vitalità”!
Ho un brivido lungo la schiena che mi risale la spina dorsale fino al cervello, dove si perde in un desolante vuoto di pensieri e di emozioni.
Un’eco soltanto mi rimbomba nella testa: l’unica frase che lo Ste ripete: “Correre! Correre, Correre!”. D’altronde lui, per colpa di un temporale in montagna, ha una storia ben più angosciante da raccontare e, visto che l’esperienza insegna …
Nel frattempo, infatti (dimenticavo) ha iniziato a piovere.
Una “piccola” tempesta di acqua e grandine che mi rimbalza sul caschetto con il ritmo di una hit dei Megadeath dei tempi migliori.
Non si vede più un c*#+o (=leggasi: “ cavolo”) e non ci si sente neppure parlare tra di noi.
Ma se si sentisse quello che diciamo, beh … di certo non potrei riportarlo in questo racconto: me lo impedirebbero il mio squisito senso del classico, l’eleganza innata ed il sublime gusto che contraddistinguono il mio vocabolario.
Lo Ste sembra ipnotizzato dal suo “Correre, correre!”: ormai un mantra dal quale sembra che tutti ricaviamo l’energia per correre effettivamente!
Pertanto, siamo sui blocchi di partenza della Sky-race della Graue Wand (prima ed unica edizione): fradici dentro e fuori come una baldracca ubriaca; caricati alla meglio di zaini fatti in quattro secondi.
Le nostre sagome, illuminate dai lampi, sono contornate da ogni parte da cordini e fettucce; borracce, scarpe; vestiario male inserito, barrette energetiche, macchine fotografiche da centinaia di euro che penzolano sotto l’acqua tanto chi c@#§o (leggasi: “cribbio”) se ne frega, etc.
Inizia a baluginare in me il fausto pensiero che sono dentro il temporale e sono farcito di metallo vario come una zucchina ripiena di mia nonna e che, quindi, sono un fantastico parafulmini piantato dritto dritto, bello bello su una vedretta quasi piatta.
Maledico Zeus che con le saette si puliva i denti ed anche Franklin che tanto si divertiva col parafulmini montato sull’aquilone.
Venisse qui adesso, quello s*@#/o (leggasi: “stolto”) a giocare con la sua bella chiave di ferro!
Qui: dove io, modestamente, mi sto cagando addosso. Saprei in quale serratura infilargli la chiave…!
Nel nome della fratellanza e della solidarietà tipica alpina dei momenti di emergenza e difficoltà, corriamo tutti e tre a debita distanza giusto tenendoci d’occhio e chiamandoci di tanto in tanto.
Io, amorevolmente pensando che, se proprio deve cadere la saetta … sono il più giovane … insomma: un po’ di giustizia divina, no?
Durante la corsa, i miei soci – che tanto arrancavano nella salita – stanno facendo registrare tempi da Kima: fatico a stare loro dietro.
La grandine negli occhi dà lo stesso piacere di una pacca sulla schiena dopo un pisolino di sei ore sulla spiaggia senza crema.
Però, almeno, per dissetarsi basta correre chiamando i soci o cercando di dire qualcos’altro di idiota.
Il panico da fulmine a 10 metri mi colpisce anche se il fulmine ha cura di cadere a 10 metri, appunto: in una sfida con il Carl Lewis dei tempi migliori me la sarei giocata.
Infrango la barriera di 10 secondi sui 100 mt e sto correndo sulla neve con lo zaino da 10 kg e due blocchi di margarina congelata al posto delle scarpe (… trema Carl, che se mi alleno... !)
Stiamo uscendo dal nevaio.
Crepacci: non sembra zona da avercene. Ma anche se ce ne fossero: chi c@*+o (leggasi: “cavolicchio”) se ne frega. Adesso galleggio sulla neve ad una velocità tale che non ce la farei neanche a caderci dentro.
E poi, anche per il salto in lungo, devo dire che i tuoni ed i fulmini sono un ottimo allenamento: trema Carl! Trema!
Usciamo dal ghiacciaio: al nastro di arrivo vince il Vitto, di un lunghezza. Non alza le braccia al cielo, per non farsi folgorare al momento del trionfo.
Con il vento in poppa che ci fa andare il doppio, stiamo trasformando una gita di alpinismo in una gara di corsa: ma i rischi di questa sky race sono molto maggiori di quelli di una via di roccia, ironia della sorte.
Leggo nei pensieri dei miei soci: ho appena acquisito infatti poteri soprannaturali.
Lo Ste pensa alle figlie piccole e sta calcolando a mente il premio della polizza sulla vita per quanto tempo potrà mantenerle, sempre che sia assicurato anche contro il rischio “folgorazione divina su ghiacciaio”.
Il Vitto si chiede perché mi deve sempre dire di sì, quando lo invito ad arrampicare: mannaggia a me e alle mie idee di m*@*/a! (leggasi: “melma”) non potevo restarmene in casa oggi che giocava anche il Milan?
Con i miei nuovi superpoteri (sarà stato il fulmine a 10 mt? …) mentre mi avvicino alla macchina, senza telecomando, la apro da 150 mt di distanza e accendo anche il riscaldamento, già che ci sono.
Butto nel bagagliaio quel che resta dello zaino (una poltiglia indistinta di ex vestiti tecnici, cibo liquefatto, moschettoni radioattivi per l’elettricità atmosferica) e mi chiudo nella vettura: ringraziando le lezioni di scienze sulla Gabbia di Faraday che mi proteggerà dai fulmini, certo ormai e che nulla mai potrà più succedermi: FANC@*%$O(leggasi: “’fancuore”) AI FULMINI!
Dentro ci sono già i miei soci: che come me pesano 20 kg (d’acqua) di più della mattina.
Come nella macchina di una coppietta imboscata in inverno, i vetri sono più che appannati, impanati: non si vede fuori un cavolo (leggasi: “cazzo”).
Ma che gioia anche oggi essere ritornati alla civiltà!
Ma che gioia anche oggi essere andati ad arrampicare!
Non vedo già l’ora della prossima gita!
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"Arrampicare male sul difficile è facile. E' più difficile arrampicare bene sul facile"
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Linda



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MessaggioInviato: Mar Apr 14, 2009 2:48 pm    Oggetto: Rispondi citando

Laughing Bellissimo il tuo racconto!!! Laughing Wink
Un po' meno bello credo sia stato viverlo.... Shocked !!
Ora hai un conto in sospeso.....dovrai tornarci per finirla! Wink ma senza la nuvoletta di Fantozzi!!!! Very Happy

ciao
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Se non puoi essere una via maestra, sii un sentiero.
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Sii sempre il meglio di ciò che sei.

(Martin Luther King)
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fabiomaz



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MessaggioInviato: Mar Apr 14, 2009 4:19 pm    Oggetto: Rispondi citando

Si notano indiscutibili progressi e già la prima era ottima.
Complimenti!

...per il racconto, intendo (cit.).
Laughing
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leo



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MessaggioInviato: Mer Apr 15, 2009 9:08 pm    Oggetto: Rispondi citando

Ma che faccia aveva puffetta???

La prossima volta però, se la macchina è asciugata, vogliamo anche le foto-finish Laughing
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“quello che facciamo non viene mai compreso, ma sempre e soltanto apprezzato o disprezzato.”
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paolo75



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MessaggioInviato: Sab Apr 18, 2009 1:08 pm    Oggetto: Rispondi citando

Quando vedo i tuoi racconti così lunghi mi viene un colpo, ma poi appena ho un po' di calma li leggo e... ne vale proprio la pena, meglio di un report fotografico, decisamente meglio.

Complimenti per come scrivi
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