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   Monte Bianco , Via normale italiana, 08/08/2023
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Onicer  Begno   
Regione  Valle d'Aosta
Partenza  Val Veny (Courmayeur)   (1500 m)
Quota attacco  3071 m
Quota arrivo  4810 m
Dislivello della via  3300 m
Difficoltà  PD+ ( pendenza 45° / I in roccia )
Esposizione in salita Varia
Rifugio di appoggio  Locale invernale Gonella, capanna Vallot
Attrezzatura consigliata  Nda alta quota. Corda minimo da 30 metri
Itinerari collegati  Monte Bianco (4810m), Via normale per il rif. Gonella
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Salita e discesa dalla via normale italiana del Monte Bianco, con Gabriele.
Il 29 luglio, ultimo giorno di apertura del Gonella, vengo informato dal rifugista che le condizioni del ghiacciaio del Dôme sono più che buone e tutti i ponti di neve ancora stabili, ma che chiuderanno causa maltempo della settimana successiva. Così teniamo costantemente monitorato il meteo e fortunatamente dal 5 di agosto si presenta una finestra meteo di quattro giorni perfetta, con tempo sereno, zero termico a 3200 metri e vento a 5km/h.
Lunedi 7 agosto parcheggiamo in val Veny, ci dirigiamo verso il rifugio Combal ed essendo già quasi mezzogiorno ci fermiamo per due panini al volo. Successivamente imbocchiamo il sentiero che costeggia sulla cresta sinistra il vecchio ghiacciaio del Miage, alla fine di questa, una discesa un po’ improvvisata ci deposita nell’infinita morena detritica, caratterizzata da continue brevi salite e discese. Da qui il rifugio Gonella è già ben visibile. Percorrendola il più possibile al centro e cercando di evitare grossi massi instabili, veniamo accompagnati tutto il tempo da un senso di solitudine e silenzio. Arrivati alla fine di quel che rimane del ghiacciaio, ci spostiamo completamente a sinistra per evitare di finire nel labirinto dei numerosi crepacci presenti. Successivamente traversiamo a destra per imboccare il sentiero su roccia che porta al rifugio. Dopo una mezzoretta scendiamo sul breve tratto di nevaio che ci permette di raggiungere l’attacco della via ferrata, l’ultimo sforzo prima del Gonella. Via selvaggia e poco mantenuta, ma assolutamente coerente con il luogo circostante, caratterizzata da canaponi, scalette e tratti di sentiero su detriti. Raggiunto il locale invernale troviamo solo due polacchi che ci chiedono qualche informazione circa l’orario di partenza per l’ascesa. Dopo esserci sistemati accendiamo il fornelletto, cuciniamo un’ottima pasta disidratata, sciogliamo la neve per le nostre borracce e ci corichiamo. La sveglia suona alle 23:30, l’intenzione era quella di partire a mezzanotte, ma la mia lentezza mattutina ci porta a posticipare di una mezzoretta. Imbocchiamo il sentiero in discesa che ci deposita sul ghiacciaio del Dôme e i polacchi ci seguono a ruota, forse pensando che io e Gabriele conosciamo la zona, ma nessuno di noi due è mai stato qua. Ci leghiamo e calziamo i ramponi, Gabriele parte per primo avendo più esperienza di me in ambiente glaciale e affrontiamo la prima parte stando sulla sinistra avendo notato la sera prima che in questo modo riusciremo ad evitare tutti i crepacci presenti senza doverli saltare. A metà circa, un traverso verso destra ci riporta al centro su un lungo ponte di neve e arrivati all’altezza di un grande seracco sopra di noi, ci spostiamo a sinistra per evitarlo, poi nuovamente al centro. Saliamo gli ultimi trenta metri dove il ghiacciaio si impenna a 45 gradi, infine con un traverso di dieci metri a sinistra sbuchiamo sul col des Aiguilles Grises, dove ha inizio la cresta. I polacchi sono di poco dietro di noi, a farci compagnia con le loro frontali che fanno così tanta luce da sembrare dei faretti da muratore. Sciogliamo i nodi a palla e decidiamo di rimanere legati in conserva, da qui un vento incessante ci accompagnerà per tutto il percorso. Superiamo la prima parte di roccia con passaggi di I grado, poi tratti di misto su neve farinosa da tracciare. Poco dopo Gabriele incomincia ad accusare un po’ la fatica, così mi chiede il cambio e prendo il comando più che volentieri. Continuo a tracciare nella neve farinosa fino al Piton des Italiens, siamo già a quota 4002 metri e i polacchi sono parecchi metri indietro e rimango un po’ confuso non riuscendo a capire se siamo noi troppo veloci o loro troppo lenti. Qui inizia un tratto di cresta nevoso molto affilato, tanto che se sposto il frontalino a destra o sinistra, la luce si perde nel vuoto. Da affrontare direttamente sul filo, nulla di complicato, ma meglio non sbagliare. Successivamente la cresta si allarga, saliamo alla destra del Dôme du Gouter per evitare i crepacci presenti al centro e una volta in cima mi giro e non vedo più le luci dei due polacchi, pensando che siano già tornati indietro. Era già da un pezzo che io e Gabriele ci sentivamo come in un avventura solitaria, che si trasforma presto in una passeggiata domenicale ad oriocenter una volta scesi e ricongiunti con la più facile via francese caratterizzata da numerose cordate. Qui il vento si placa, il cielo sereno e l’alba che sta per arrivare ci regalano un’emozionante vista sull’arco alpino. Nemmeno il tempo di raggiungere la Capanna Vallot che improvvisamente il meteo cambia, torna vento forte con aggiunta di nebbia e grandi nuvole, così ci ripariamo momentaneamente nel bivacco. Ci scaldiamo e chiedo a Gabriele, che sta decisamente iniziando ad accusare la fatica per la quota, se se la sente di salire in cima con il maltempo. Dopo la risposta affermativa partiamo, abbiamo ancora 500 metri di dislivello che ci separano dalla cima. Durante la salita superiamo numerose cordate, molte delle quali rinunceranno a causa del vento forte che alza continuamente la neve e ti sballotta a destra e sinistra. La cresta è caratterizzata da continui scollinamenti su false cime e Gabriele non ne può più di pensare che dopo ogni salita, ce ne una successiva ancor più ripida. Nel limite del possibile sulla parte finale cerco di dargli una mano e dopo tanti sforzi eccola, la calotta sommitale. Dietro di me il mio compagno, ricoperto a causa della bufera da un folto strato di barba bianca. Piuttosto che il solito pugno di vetta, l’emozione lascia spazio ad un grande abbraccio. Abbiamo ancora 3300m di dislivello in discesa che ci separano dalla macchina ma l’unica cosa da fare è raggiungere la capanna Vallot per cercare nuovamente riparo. Pochi metri prima del bivacco incrociamo i due soci polacchi, che in realtà hanno continuato lentamente l’ascesa e anche se in estremo ritardo, decidono comunque di provare il tentativo di vetta. Una volta al riparo, vedo che il telefono ha campo, così esco per chiamare mia moglie e farmi dare info aggiornate sul meteo. Mi riferisce che anche lei da casa aveva notato il cambiamento di tempo, ma che già nell’ora successiva sarebbe tornato sereno e il vento si sarebbe abbassato. Inutile dire che ci eravamo illusi per nulla, perché fino al nostro rientro al ghiacciaio saremo accompagnati nuovamente da continue raffiche di vento e immersi in un completo whiteout, tanto che una volta raggiunta la cima del Dôme de Gouter, piuttosto che stare a sinistra erroneamente imbocchiamo la discesa dalla via normale francese, perdendo mezz’ora per risalire e tornare sui nostri passi. L’unico lato positivo è che non essendoci stato sole, le condizioni di rientro sia sulla cresta sottile che sul ghiacciaio sono rimaste quasi invariate. Raggiunto il rifugio ci riposiamo mezz’ora e percorremmo a ritroso tutto il sentiero di avvicinamento.
Foto 1-Enorme crepaccio sul ghiacciaio del Dôme
Foto 2-Ghiacciaio del Dôme visto dal rifugio Gonella
Foto 3-Morena del ghiacciaio del Miage
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