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   Monte Frerone , 23/03/2023
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  Rif. Bazena  (1800 m)
Quota attacco  2400 m
Quota arrivo  2550 m
Dislivello della via  150 m
Difficoltà  PD- ( pendenza 45° / I in roccia )
Esposizione in salita Sud-Ovest
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  picca e ramponi
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Anche in piano stamattina (15/3/2023) spira il vento gelido tipico della montagna e le Alpi così vicine e così lontane chiudono a Nord il mio orizzonte visivo: nitide,dettagliate più del solito. Il pensiero corre al sogno e incredibilmente mi prospetta una tentazione mentre accompagno Viola al bus: ma sono mesi che dobbiamo andare a recuperare a Brescia una Tc di Giona! Perché non approfittarne in uno di questi due giorni a casa per andare a recuperarla e poi fare un salto su qualche monte bresciano. Cerco su google qualche obiettivo, leggo della Val Vesta e poi mi viene in mente la Zona Frerone,Blumone. Parlando con dani mi dice che domani nn si può e che oggi si potrebbe dopo esser andati a recuperare Linda a Codogno, ma che devo essere indietro per le 19. Il dado è tratto (poco tempo ma abbastanza per l’evasione) e inizio a preparare lo zaino mentre Greg si sveglia. Quasi tutto pronto parto x a/r da Linda e tra una dimenticanza e l’altra per la fretta e furia, poco prima delle 10 riesco a partire per Brescia con fermate fotografiche a bordo strada per le eccezionali viste sull’Adamello oltre il profilo a pinna di pescecane del Bronzone. Più tardi ripartito da Brescia in direzione del Passo di Crocedomini saranno i bei proflili del Badile Camuno e dopo del Pizzo Camino e della Presolana (che inizialmente da questo versante non riconosco) a fermare l’auto per le foto. Finalmente dopo Breno la strada comincia a salire vs il Passo di Crocedomini e dopo salita e tornanti blocco l’auto nell’ampio parcheggio del Rif. Besana(q.1800) luogo di partenza della mia salita vs il Frerone. Non ho carte e non conosco la zona per cui mi dirigo durante le operazioni di vestizione verso un’auto sopraggiunta e al signore che vuol far due passi chiedo sulla direzione da prendere( nell’innevato pendio che mi sta di fronte) e sulla punta da raggiungere che sbuca appena dietro i colli che gli stanno davanti. Il vento soffia e rende incredibilmente blu il cielo. Termino in un vento gelido che mi costringe a salire in auto le operazioni di vestizione e alle 13.30 lascio l’asfalto del park per incamminarmi nella neve vecchia ma ancor bianca. Poi trovo il largo sentiero che a tornanti sale, ancora a tratti scoperto e che passa da una bella vasca fontana ghiacciata che volge a sud. Passo il bivio per il bivacco del pastore Rasmulì e poi fantastici mazzi di erica che punteggiano con il loro inconfondibile rosso le erbe gialle avvizzite dall’inverno che le ha appena scoperte, attirano la mia gioia. Che sensazione fantastica immergersi nella natura che pulsa di bellezza. Poco dopo entro definitivamente nella neve dura e gelata che sostiene quasi del tutto il mio peso e punto un bianco colletto rovesciato oltre al quale appare la conca della malga Valfredda(q.2100, h 14)e soprattutto alle sue spalle appaiono i bei profili del Frerone e del Cadino, che inizialmente confondo essendo massiccio ed elegantemente roccioso per il Blumone. Pochi passi dopo sono su una bianca spiaggia senza direzione da seguire e la logica mi spinge vs sinistra essendo di là la mia montagna mentre la relazione dice di andare a destra. Assecondo lo scritto e prendo a salire deciso verso un passo di cui scoprirò poi il nome. Fotografo un incredibile e piccolo larice cresciuto solitario nel bianco abbraccio e che bagnato d’oro inonda di riflessi il blu scuro verso dove s’alza. Che foto da concorso! Più salgo e più mi allontano dalla meta e mi vengono forti dubbi sulla scelta compiuta: massì dai son qua per allenarmi mi dico mentre sbuffo nella neve comunque quasi sempre portante. Mezz’ora dopo lo strappo termina sulla spianata ai 2250 mt circa del Passo delle Capre con uno scivolo nevoso che sale verso il Cadino e una costa nevosa che lascia invece intuire la presenza del sentiero citato e che scorre sotto il fianco ovest del Cadino. Mi immergo nella traversata cercando di seguire la depressione che indica l’altezza del percorso da seguire o guardando avanti dove dei tratti appaiono più evidenti. Traverso nella neve alta sprofondando ogni tanto e altre volte invece preoccupato per la neve dura che mi mette a rischio di scivolare giù vs il fondovalle a conca non comunque distantissimo. Per non correr rischi estraggo le lame a piccozzino dai miei grivel e proseguo nel mio traverso continuo in leggera ascesa. Certo devo fare un giro incredibile e ripenso alla convenienza di questo giro dell’oca. Lontano sul fianco roccioso del Frerone si vede netta la cicatrice bianca del sentiero che ne taglia in leggera ascesa tutto il fianco. Io continuo imperterrito a traversare scomodamente perché in molti tratti la pendenza è notevole. Scatto un immagine delle chiare rocce della cresta del Cadino incrostate di neve e ghiaccio che mi sovrastano e sovrastate a loro volta da un cielo scuro come quelli dell’himalaya..e mi sembra di essere sotto la Sud dell’Annapurna. Continue rientranze allungano il percorso che finalmente giunge al termine ad un marcato passo che scopro, quando lo raggiungo salendo di pochi metri dal mio sentiero che scorre più basso, essere quello di ValFredda(q. 2320, h 15). Ora si che la vista si apre sul poderoso Cornone di Blumone (sarà una prossima tappa per qualcuna delle sue vie di arrampicata…) che sovrasta per bellezza e dimensioni (essendo dietra e da qui minuscola) la pur quasi parimenti alta Cima di laione. Do un’occhiata alla cresta che da qui sembra salire erta di rocce direttamente verso la cima e poi ridiscendo al cartello sommerso nella neve che indica di proseguire l’eterno circolo con l’avvertenza “sentiero per esperti”. Passo sotto a delle bellissime rocce chiare di placche assolate che sbattono contro il blu del cielo e poi m’incanto a riguardare verso il perfetto triangolo di blu rovesciato rappresentato dal passo appena lasciato. Passo sotto altre belle e chiare rocce che credo siano quelle che sostengono la cupola di cima e poi finalmente il traverso nevoso inclinato va a finire verso il sentiero- cengia che da tempo vedevo davanti a me. Attraverso un canalone nevoso e fatico a raggiungere la sicurezza delle catene che escono dalla neve dall’altra parte. L’inclinazione sarà sui 50°, fortuna che la neve si lascia segnare dalle punte dei miei scarponi. Riprendo la cengia dall’altra parte che supera delle placche che danno sul vuoto e poi mi trovo ad affrontare un altro canalone più ampio e verticale del precedente e parimenti con le catene da raggiungere dall’altra parte che probabilmente da questa sono completamente sommerse. Taglio in laterale usando le punte dei miei picconcini sui bastoncini e supero anche quest’ostacolo. Recupero il sentiero e mi sposto ancora sempre in diagonale dove finisce su ampi spazi che impongono una sosta, l’osservazione dell’immenso giro quasi ad anello compiuto per arrivare fin qui ed il ragionamento da intraprendere sul dove proseguire la salita. Sono molto stanco perché anche se il dislivello non è stato tantissimo, ho sempre camminato nella neve e in traverso. Di affrontare i pendii nevosi dove probabilmente sale a zigazg il sentiero non ho ne forza ne tempo che devo essere a casa per cena. Guardo verso l’alto e scorgo una costola erbosa sgombra di neve che prosegue poi sopra quasi saldandosi ad un’altra costola rocciosa che pare anch’essa abbastanza libera dalla neve e che arriva quasi in alto evitando i canali nevosi laterali che paiono troppo ripidi per essere affrontati senza ramponi. Sono passate da poco le 15.30, la quota è attorno ai 2400 e in condizioni normali sarebbe un attimo arrivare in cima..comunque decido di provare e riesco a salire di buon ritmo anche perché finalmente cammino sul solido. Abbandono ad un certo punto la costa erbosa che poi sale verso uno scudo nevoso e traversando un canale di neve raggiungo il pendio di detriti che comincio a risalire. All’inizio il terreno è sdrucciolevole ma poi più in alto è gelato finchè mi trovo a salire in condizioni che definirei di misto e che richiedono un poco più di attenzione. Fra l’altro il vento ora soffia forte e fa un freddo incredibile..io m’immagino di essere sulla fascia gialla dell’Everest perché questo è il colore delle rocce sulle quali arrampico. Ho le dita gelate nonostante i guanti( cosa che mi capita raramente)..ma tengo duro perché potrebbe mancare poco. Son passate da poco le 16 quando la roccia finisce e mi trovo davanti una placca nevosa dalla pendenza attorno ai 40° e che potrebbe rappresentare forse l’ultimo ostacolo. Inizio a salire ma la neve è gelata e gli scarponi incidono troppo poco. Provo in tre punti diversi ma il risultato è sempre uguale: troppo pericoloso senza ramponi. Si potrebbe gradinare e allargare gli appoggi ma sono ormai fuori tempo massimo e a malincuore ma certo che fosse l’unica scelta rimasta, inverto la rotta e alle 16.15 inizio a scendere trovando soprattutto nei primi passi qualche difficoltà a causa del ghiaccio presente. Poi più sotto scendo rilassato e in breve (mezz’ora) vado a riguadagnare il sentiero cengia dal cui inizio si gode una fantastica vista sulla lunghissima e pianeggiante cresta del Monte Cadino che si alza sopra il Passo di Valfredda e poi praticamente orizzontale raggiunge dall’altra parte la punta rocciosa della cima. Ripercorro i due canali attrezzati più serenamente perché già tracciati all’andata e alle 17 passo sotto il Passo di Valfredda per ripetere l’infinito traverso che tre quarti d’ora dopo mi roconsegnerà alla Malga di Valfredda. La neve per fortuna tiene abbastanza anche nel ritorno ed è bellissimo leggere nella neve immacolata la scia delle mie orme che ora luccicano di sole morente che s’inchina di fronte a me scendendo ad ovest e dorando il mio percorso. Saluto le montagne e m’abbasso oltre la china nevosa riabbracciando i prati e i larici che risplendono d’arancione nell’ora tarda del meriggio. Alle 18.15 sono al Rifugio accolto da un vento gelido che mi costringe a salire in macchina per cambiarmi. Quando l’accendo il termometro segna – 3°….brrr! Ora comincia la corsa in discesa perché mi rendo conto che non riuscirò ad essere a casa in tempo per l’orario promesso a mia moglie. Grrrr….! Foto1 la cengia del Frerone Foto2 le prime catene Foto3 mie orme controluce
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