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   Bietschhorn: sperone E ---> cresta N, 27/08/2016
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Onicer  Franz   
Regione  Svizzera
Partenza  Choruderri (Ausserberg - Visp)  (1200 m)
Quota attacco  3300 m
Quota arrivo  3934 m
Dislivello della via  650 m
Difficoltà  D- ( pendenza 60° / IV+ in roccia )
Esposizione in salita Est
Rifugio di appoggio  Baltschiederklause
Attrezzatura consigliata  NDA, corda da 60m da usare mezzata (in realtà ne basterebbe una da 30 sia per le doppie che per la salita). Serie di friend e cordini.
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Discrete
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Superba montagna da tempo osservata e sognata guardandola transitando dal Sempione. Con Mara in un weekend meteorologicamente perfetto, salendo per l’estetico e appagante sperone Est. Roccia ottima nella parte centrale. Un po’ meno all’inizio e verso la fine, ma si cammina. Discesa per la cresta N buona per la lunga parte rocciosa (agevole e stabile), pessima per quella nevosa (neve marcia poggiante su ghiaccio nero) e per la parte basale (fango e ghiaccio pieno di detrito). Ghiacciaio in ottime condizioni. Accoglienza superba alla Baltschiederklause.

Giunti ad Ausserberg, la macchinetta per il transito/parcheggio alla strada per Choruderri ci mangia 10 Fr dandoci un pass solo giornaliero, ma un simpatico paesano giunto spontaneamente “in soccorso” va direttamente in municipio a procurarci il pass completo e il rimborso. Cominciamo bene. Avremo solo conferme circa la cordialità dei locals…alla faccia che son sFizzeri! Giunti al parcheggio decidiamo di percorrere il tunnel di 1,6 al ritorno e all’andata il sentiero esterno che segue delle bellissime cenge a picco sulla valle seguendo un canale di irrigazione e con qualche tratto attrezzato con cordoni. Giunti nei pressi delle baite di Senntum l’atmosfera è proprio bucolica e pranziamo piacevolmente. Fa solo tanto caldo. Proseguiamo lungamente nella valle prima di prendere quota più decisamente. Si continua a salire e girare versanti, ma i cartelli indicatori danno la capanna sempre lontana. E soprattutto non la si vede fino alla fine, quando in leggera discesa si entra nella conca sotto il ghiacciaio. Da qui appare anche la meta dell’indomani. Dopo qualcosa come 17 km e 1500 m di dislivello giungiamo alla capanna, dove Jolanda ci accoglie con un bicchiere di thè!!! E’ già ora di cena (discreta). Pare che in alcuni weekend particolari (indicati sul sito) venga pure offerto un aperitivo prima della cena e in altri addirittura praticato uno sconto sulla mezza pensione! La gentilissima rifugista (parla tedesco e francese e poco italiano, ma ci prova) dopo cena si siede ai tavoli per concordare l’ora della colazione e chiedere i propri piani. Robe d’altri tempi… La nostra colazione è la prima e quindi “non servita”, ma Jolanda ci lascia sul tavolo una lavagnetta con decorazioni con gessetti colorati e scritto “Una buona bella giornata” (in italiano!): ma dove siamo??? Siamo in 15! Diciamo, sarà perché è venerdì, ma il giorno dopo saranno 20 gli ospiti. Che siano tutti al Torino, alla Gnifetti, o al Gouter ad affollare le normali dei 4000? Ah, sì, la “pecca” di questo posto è che quel bestione là è alto “solo” 3934 metri!!!
Sfogliando il libro del rifugio costatiamo che siamo i primi e unici ospiti italiani del 2016 e anche nel 2015 si era fermata una sola cordata! Chissà perché viene così boicottato? Forse perché la scala del Torino è più corta??? Mentre pensiamo questo siamo sulla terrazza a gustarci il tramonto e arriva uno stambecco a leccare del sale lasciato da Jolanda (le pensa proprio tutte per allietare gli ospiti!!!) e a farsi fotografare.

Al ghiacciaio si arriva con un traverso esposto (qualche catena), ma ben segnalato con segni catarifrangenti. Fare solo attenzione all’ultimo tratto dove i segni lasciano posto ad ometti un po’ radi. Il ghiacciaio è inizialmente piuttosto crepacciato, ma essendo secco si passa agevolmente. Traversando diagonalmente verso lo sperone invece comincia la neve e qualche bel bucone coperto a campana va superato con attenzione. L’ultimo pendio arriva a 50/60 gradi, ma con ottima neve. Noi abbiamo due picche, perché consigliato per la discesa dalla rifugista, e procediamo bene. Giungiamo sulla spalla a ca 3300 metri (evidente dal rifugio perché è l’unica parte di cresta piatta) giusti giusti che sta schiarendo. Due cordate ci sorpassano in volata. Non ci peniamo. Proseguiamo al nostro ritmo, proteggendo dove riteniamo opportuno. I primi 150 metri sono di II grado e andiamo slegati. Ci sono tracce di sentiero e si sale bene, ma la roccia non è delle migliori, quindi si possono cercare saltini, diedri e placchette (II) con roccia più solida stando un po’ a destra e un po’ a sinistra. Quando arriva il sole sulla cresta (è esposta a Est pieno) ci leghiamo e la salita cambia registro: la roccia diventa ottima, compatta e a blocchi massicci. Si superano creste a cavalcioni, placche, crestine affilate. Saranno 400 metri di III-IV con un tiro di IV+ (non sostenuto) e son presenti in totale 2 spit, 3 chiodi e 1 fittone di legno. Si protegge egregiamente con friends di tutte le misure e cordini. Noi abbiamo proseguito sempre con corda da 30 (una 60 mezzata) facendo giusto un paio di tiri. L’ultima sezione è un lungo spigolotto con pendenza regolare, molto esposto, con roccia ottimale. Alla fine di questo un centinaio di metri sono su roccia più delicata e terreno un po’ sporco, ma anche qui ci si può cercare la propria strada su placche più lisce e pulite, ma comunque facili (II-III). Conviene poi appena si può spostarsi a sinistra e riprendere i torrioni dello spigolo che offrono una arrampicata più lenta, ma più sicura per altri 150 metri. Chi ha scritto che qui si muove tutto…deve venire in Orobie ;-) . Siamo in vetta nei tempi letti sulla guida (la rifugista aveva sottostimato un po’…anche semplicemente l’avvicinamento: 1h30!!!), la giornata è spaziale ma sappiamo che non possiamo rilassarci.

La discesa è la parte più impegnativa. Una serie infinita di torri, placche, attraversamenti si sussegue. Ci si muove sempre su roccia solida anche se sembra apparentemente una serie di massi accatastati. Di aiuto sono gli innumerevoli segni dei ramponi che indicano i passi solidi. Effettuiamo due piccole doppie (attrezzate/consigliabili) per scendere dagli unici torrioni più alti e con spit. Giunti alla quota 3706 a sinistra si stacca la cresta ovest che porta alla Bietschhornhutte e pare proprio di roccia marcia (come indicato dalle varie relazioni). Proseguiamo ancora lungamente per blocchi e incontriamo la cresta nevosa (2h dalla cima). Tuttavia di neve ve ne è poca e poggia su ghiaccio. Stiamo a sinistra su una cengia di rocce discendente parallela al filo, ma si rivela scelta pessima per l’instabilità…era anche prevedibile. Calziamo i ramponi, sfoderiamo viti e picche. Discesa delicata e precaria. Ad un certo punto troviamo in cresta una piccozza abbandonata distesa…dove sarà il proprietario (in fondo al pendio 300 metri sotto pure uno zaino…)???

Purtroppo abbiamo scoperto solo in questi giorni che, proprio lì dove abbiamo trovato la picca, era precipitata, la mattina salendo, una coppia di giovani svizzeri coi quali avevamo condiviso la salita al rifugio e la cena allo stesso tavolo ;-( RIP
https://www.policevalais.ch/communiques-pour-les-medias/ausserberg-bietschhorn-deces-de-deux-alpinistes/

Questo ci ha fatto molto riflettere sul tempo "perso" in quel punto per procedere in conserva protetta con viti… Un pensiero a loro. R.I.P.
Rientriamo sul detrito e scendiamo per una cresta di blocchi. L’alternativa è il ghiaccio nero intriso di detrito: brrrrr. Ma i blocchi si muovono e poggiano su placche lisce. Doppia! Ecco che vedo un cordone, ma è su uno spuntone che non ispira fiducia. Ne lasciamo uno altrove. Eccone un altro ora. Mentre sto scendendo Mara mi urla di fermarmi!!! Si muove tutto il blocco. Risalgo. Riattrezziamo un’altra doppia, ma che scago. Ora crestina affilata di neve marcia. Segue una serie di balze sentierate e instabili (all’ometto sulla crestina intermedia svoltare a sinistra!), ma si scende bene (rigorosamente senza corda) e siamo alla fine della roccia. Doppia attrezzata che ci deposita proprio su un crepaccio tra ghiaccio nero misto fango e detriti. Brrrrrr, che brutto posto, ma siam quasi fuori. Il ghiacciaio è ora ben innevato e in breve siamo fuori e alla capanna. È troppo tardi però per scendere le 4h che ci separano dall’auto e fare il viaggio altrettanto lungo. Decidiamo di prendercela comoda e dormire qui. Jolanda ci accoglie con una bella birra che poi ci offrirà per essere arrivati sani e salvi. Le gentilezze “si sprecano” in questa valle! ;-) L’indomani assaporiamo la discesa col finale del tunnel (frontale obbligatoria) e col lungo viaggio siamo a casa.

Che dire? Un altro sogno inseguito e coronato. Una super montagna estetica quanto la via di salita. Una accoglienza superlativa. Un posto snobbato da molti. Insomma, una gita indimenticabile con la mia socia migliore!

Condizioni solo "discrete" per la discesa (comunque fattibile in sicurezza con molta attenzione). La salita e la parte rocciosa sono eccellenti ovviamente.

Foto 1:
L’estetico sperone Est innondato dal primo sole. Quanto era emozionante quando eravamo lì…
Dal ghiacciaio si vede il giro completo di salita e discesa.

Foto 2:
Il bello sperone quando ci leghiamo e arriva il sole: è lungo!
Una delle torri che non si evitano, ma si scalano.

Foto 3:
Il tratto chiave (2spit e 1 chiodo) e il bellissimo spigolone centrale.
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