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   Un Corno (di Cavento), un Crozzon (di Lares) e un Carè Alto - 2a Parte,, 19/07/2015
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Onicer  Vezz   
Regione  Trentino Alto Adige
Partenza  Diga di Malga Bissina  (1799 m)
Quota attacco  1799 m
Quota arrivo  3463 m
Dislivello della via  2850 m
Difficoltà  PD ( pendenza 45° / II in roccia )
Esposizione in salita Varia
Rifugio di appoggio  Bivacco Laeng al passo di Cavento
Attrezzatura consigliata  Giusto un pizzico di allenamento
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento La scomodità della notte è interrotta dal chiarore dell'alba. Rannicchiati ciascuno nel propria loculo, consumiamo una sbrigativa colazione e raduniamo il materiale, malamente sparso per il bivacco la sera precedente. Ci caliamo sul ghiacciaio, giusto in tempo per gustarci il sorgere del sole. Veniamo immediatamente investiti dai suoi raggi e, insieme a noi, si ravvivano le pendici di Cavento e Carè Alto. Il lago di Lares è uno specchio riflettente e cangiante, le dolomiti di Brenta sagome solamente accennate.
Aggiriamo il corno di Cavento per poi montarne lo sconnesso fianco meridionale. Numerose le testimonianze belliche che trovano perfetta sintesi nella arrugginita croce di vetta con vista sull'Adamello. Il ghiacciaio ai nostri piedi risplende dorato; sinuoso e maculato, appare come un elegante mantello per il monte.
Il Carè Alto ci attende, è solo questione di tempo. Si tratta di avvicinarlo con qualche saliscendi e una più decisa risalita. Legati più per scrupolo che per convinzione, raggiungiamo la sella da cui sferrare l'attacco alla cresta nord occidentale. Mantenendo i ramponi ai piedi, strisciamo come un corpo solo per placche e risalti, avendo cura di proteggere la cordata nei punti più delicati: in questo modo i rischi sono a zero e la progressione sicura. Aggiriamo uno scenografico gendarme, buttando l'occhio sulla sottostante e lontana val di Fumo. Un vecchio muretto ci permette di riguadagnare il filo nevoso della cresta. Un'ultima placca fissurata ci consegna alla vetta. Le nuvole che stazionano sulla montagna non ci permettono di spaziare con lo sguardo, ma tutto quel che c'era da vedere là fuori era già stato visto.
Se in salita abbiamo avuto qualche tentennamento, per la discesa siamo più che veloci: senza quasi accorgerci siamo a scioglierci i muscoli sul ghiacciaio. Ne seguiamo i lineamenti fin quando il bianco lascia spazio al grigio delle rocce.
Cambio di assetto e giù (anzi su) a rintracciare la retta via di rientro. Oltre cinquecento metri di placche inclinate, massi e spaccature nella roccia ci separano dal rifugio Carè Alto. Un moto di sconforto ci coglie nell'individuarlo, più alto di noi, sul crinale in lontananza: lo credevamo più vicino.
La sosta al rifugio non può necessariamente essere riposante, altre cinque ore ci separano dall'auto: non immediata è la risalita al passo delle Vacche, ancor più lunga la discesa su Malga Bissina. Arsi dal sole, stringiamo i denti sugli interminabili saliscendi della val Conca, lo stesso facciamo nel vallone successivo, allietati però dalla magnifica visione della parete sud del Carè Alto. Che montagna! Da qualsiasi parte la si guardi. Sostiamo al passo delle Vacche, ciascuno di fianco al pesante zaino, quasi non proferiamo parola. Come se dalla bocca potessero sfuggire le poche energie residue.
Sono le 18 passate e dobbiamo affrontare ancora più di mille metri di discesa, il prezzo da pagare per aver sognato un itinerario appagante come quello in via di conclusione.

FOTO:
1- Dalla vetta del Corno di Cavento, il Carè Alto in tutto il suo splendore.
2- Scenografico passaggio sulla via normale al Carè Alto.
3- Lungo l'interminabile rientro, in val Dosson, al cospetto della parete sud della montagna.
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