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   tentativo al Cervino 2003, 10/07/2006
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Valle d'Aosta
Partenza  plain Mason (2560m)
Quota attacco  3400 m
Quota arrivo  3835 m
Dislivello  400 m
Difficoltà  AD / IV ( III obbl. )
Esposizione  Sud-Ovest
Rifugio di appoggio  capanna carrel
Attrezzatura consigliata  nda
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Nella torrida estate del 2003, io e mio fratello ci sentiamo pronti per salire la Montagma delle Montagne, vale a dire il Cervino. Raggiunta la stazione di arrivo dell’impianto di Plan Maison, in funivia da cervinia, partiamo alle 10 del mattino del 26 luglio su sentiero, tra pascoli di alta quota, che supera alcuni dossi ed una zona cosparsa di grossi massi e numerose sorgenti. Il Cervino si erge triangolare e immenso sopra di noi, come un nostrano K2. La passeggiata prosegue in salita in direzione delle morene glaciali del versante sud del Cervino fino a raggiungere un grazioso laghetto di un intenso colore blu a pochi passi dal rifugio ,Duca degli Abruzzi- L’ Oriondè dove arriviamo alle 11. A monte del rifugio si passa a fianco della vecchia teleferica e si prosegue lungo la chiara traccia che dopo essere scesa leggermente di quota affronta ripida il pendio. Il verde dell'erba comincia a farsi più raro mentre il colore dominante diventa quello della pietraia punteggiato di tanto in tanto dal candore dei primi nevai che sono presenti fino ad estate inoltrata. Il sentiero si inerpica tra le rocce addolcendo la pendenza con alcuni tornanti fino a giungere in una mezz'oretta scarsa dal rifugio alla Croce Carrel,in onore della mitica guida valligiana e della sua montagna. Qui termina la segnaletica della sentieristica regionale e fino al Colle del Leone si seguono le frecce rosse e i numerosi ometti che indicano il percorso quando sulla roccia la traccia è poco evidente. Si prosegue per una trentina di minuti fino ad arrivare alla base di un canalino dove per la prima volta si posano le mani sulla roccia. Si superano alcune facili roccette con l’aiuto di uno spezzone di corda lungo pochi metri e poi si prosegue risalendo un pendio di circa 45 gradi su roccia e tracce di sentiero. Non vi sono particolari difficoltà: si passa davanti a due targhe che ricordano alpinisti caduti (1 2) e dopo quella dedicata a Giuliana Stainer si riprende il sentiero e passando alla destra del ghiacciaio si raggiunge quota 3400m dove il sentiero è interrotto per una decina di metri da una fascia di roccia molto coricata. Fino al Colle del Leone l’ascensione diventa pericolosa, sia per il sassi che scarica ogni tanto la parete sovrastante, sia per i numerosi passaggi esposti che non perdonano la minima distrazione, e per l’attraversamento di qualche ripido e gelato canale nevoso. Superata la fascia, si riprende a salire seguendo la traccia e gli ometti fin sotto la Testa del Leone e dopo aver raggiunto la base della parete rocciosa ci si dirige quasi in piano verso il Colle del Leone a 3581m( h13.30). Dal colle parte il tratto più piacevole e sicuro dell’ascensione della cresta sudovest o cresta del Leone. I brevi tratti di roccia sono tutti attrezzati con i canaponi bianchi che rendono l’itinerario sicuro e alla portata degli alpinisti meno preparati tecnicamente. Tutte le placche, molto coricate e fessurate e le paretine elementari sono dotate di punti di sosta e la parte restante dell’ascensione si svolge su sentiero o tracce di sentiero che salgono tra gli sfasciumi. A circa 3750m si incontra il primo canapone che permette di superare un camino di circa 3m di altezza, abbastanza coricato e con buoni appigli sia per le mani che per i piedi. Subito dopo si arriva ai piedi di una paretina alta circa 5m( il famoso passaggio detto della Chemineè, che crollerà esattamente una settimana dopo il nostro passaggio) e leggermente strapiombante nella metà superiore dove si trova il passo chiave dell’ascensione al rifugio: a metà parete si trova un buon ancoraggio c’è un’ottima sosta al suo termine. Superato il leggero strapiombo, con molta fatica in trazione,si è al cospetto della Gran Tour e non resta da superare che una placca molto coricata e facile e un successivo breve tratto di sentiero sul lato nord della cresta per giungere ai piedi della capanna Carrel(h 15). Ricordo la fatica nel salire con i pesanti koflach ai piedi: nel pomeriggio pensai che o smettevo con l’alpinismo o dovevo procurarmi del materiale più serio e meno pericoloso visto che ormai avevo due figli. Nel pomeriggio prendiamo confidenza con il locale, prepariamo i nostri posti letto, e facciamo delle foto tutt’intorno. Una in particolare provando i passaggi della corda della sveglia per prepararci al mattino dopo. Provare ad andare al cesso è un’esperienza sconvolgente con l’aria che risale vs l’alto dal buco di scarico portando con sé un fetore indicibile. A sera dopo una perturbazione pomeridiana, il cielo si riapre e passo del tempo fuori dopo cena a contemplare il mondo sotto di me, attirato soprattutto dalla Cima del Leone, ora insignificante sotto di noi e dalla Dent d’Herens. Poi ci cacciamo in branda, e non riesco ad addormentarmi. Ad un certo punto ho la percezione netta della nausea che non mi abbandonerà più e che mi costringe a vomitare nella notte, ma senza passare.
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