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   Monte Celo, 07/01/2025
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Onicer  oscarrampica   
Gita  Monte Celo
Regione  Veneto
Partenza  la valle  (900 m)
Quota arrivo  2083 m
Dislivello  1200 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  baita Folaga
Attrezzatura consigliata  nde
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento La giornata di ieri sul Talvena mi ha risistemato l’umore e oggi voglio salire l’ultima cima fra le principali del gruppo e cioè il Monte Celo. Non punto la sveglia dato che ieri son tornato tardi e dopo un buon sonno ristoratore senza fretta mi preparo per scendere verso vallada Agordina da dove parte il sentiero di salita per la mia montagna. Oltre Agordo prendo la strada per il Passo Duràn. Arrivato a La Valle, svolto a destra aggirando la chiesa e proseguendo verso le case di Conaggia e la Val de le Pontesìe. Su sterrato, dopo aver chiesto info ad un ragazzo semplice e che tartaglia (che invidio per il lavoro che fa di tagliare i pini a pezzi con l’odore di legna che si spande ovunque…) fiancheggiando il campo di calcio, si entra tra gli alberi paralleli al Torrente Bordina, fino ad uno spiazzo dove bisogna lasciare l’auto (m 900 circa). Alle 11 del 20/11/2024 lascio l’auto e dopo aver ammirato la bellezza struggente del gruppo dell’Agner spolverato di neve come un pandoro, comincioa salire lungo la ripida strada asfaltata che si dirige verso Malga Foca. Alla mia sx i larici iniziano a brillare al sole ancora ammantati dalle nebbie mattutine e il gioco di colori è commovente. Alle mie spalle nel cielo azzurro ma con le coperte di nubi ancora tirate sui piedi, svettano l’Agner, le Pale di San Lucano e la Triade del Framont. Più a destra oltre il bosco di larici variopinto, sbucano i Tamer,le Forzelète e il Moschesin in un tripudio di luci e colori. Annoia un poco questa strada asfaltata, che supera a quota 1200 un altarino con la Madonnina dei Sciar. Più su a quota circa 1400, mollo l’asfalto per prendere a destra una brutta pista da camion ( prima era probabilmente il sentiero..) per i disboschi che stando ai cartelli sarebbe addirittura interdetta al passaggio. “Bah..io volevo solo andare in montagna” ..m’ immagino a dare spiegazioni a chi potrebbe fermarmi. Arrivo così ad un brutto spiazzo allargato ad uso delle manovre dei camion e poco dopo alla finalmente un poco più selvatica F.lla Folega, spazzata da un vento forte e freddo (q. 1550, h 12.15). Che bello il panorama verso valle che ripercorre tutte insieme le cime viste salendo e soprattutto la valletta amena che si apre sotto la forcella che ospita la graziosa Baita Folega. Un posto veramente incantevole che invita più alla sosta che al proseguio. Mi stupisce vedere attorno alla baita dei cumuli simili a tomve con croci e detti che indicano Baro di questo e di quell’altro…ma saranno ricostruzioni o vere tombe, mi chiedo. Entro al riparo dal vento e consumo un fugace pranzo. Poi guadagno l’imminente F.lla Pongol col suo palo e tantissimi detti, distante pochi minuti e dove arrivai anche l’anno scorso dopo aver disceso le creste del Vallaraz. Come allora mi dirigo in discesa verso la Val Clusa ma pochi minuti dopo svolto a destra nel bosco seguendo l’indicazione Celo. Sono le 12.45 e m’inoltro fra le foglie del bosco di faggi e alzandomi, iniziano le vedute sui monti sopra l’orrido della Val Clusa... Vallaraz, Zest, Schiara, fino alle Pale Alte e Bassa. Un quarto d’ora dopo esco dal bosco ed entro in una rada mugaia lievemente innevata con la vista che si apre su belle rocce chiare e sbiancate dalla nevicata notturna e che confondo con la sommità della montagna. Mi sposto verso destra passando sotto e attorno a belli e chiari pinnacoli rocciosi che sembrano piantati lì per decoro. Una zona veramente suggestiva. Non salgo ma continuo a traversare verso destra superando una bella cengetta rocciosa che permette di guadagnare una successiva zona di mughi. Poi mi trovo ad affrontare affrontare due ripidi erbosi: facile il primo e abbastanza abbastanza innevato il secondo da farmi pensare preoccupato della successiva discesa. Raggiungo un bel poggio che potrebbe essere quello finale e che invece mi regala una stupefacente visione del sottostante canale della Val Cordevole che sinuoso si fa strada fra le verdi muraglie delle Dolomiti Bellunesi dominate come sentinelle a sx dalla Spirlonga e a dx dalla Rochèta. Sotto di me il Col Pizzon che sempre ricorderò per avermi mostrato faccia a faccia i Monti del Sole che ora da dietro troneggiano con la fantastica pinna del Bus del Diaol. Ora sempre a destra e poco distante, si vede la cupola mugosa della vera cima verso cui mi dirigo fino a scoprire che devo superare un breve forcellino che ancora mi divide dal punto più alto dove è eretta una bella e graziosa croce in ferro battuto( Monte Celo o Zelo, q.ta 2083, h 14). La vista spazia infinita oltre il sottostante grande vuoto della Val Cordevole e corre in girotondo verso destra dalla piana Bellunese ai Monti del Sole, sass de Mura, Agner e Pale di San Martino e di san Lucano e poi la Marmolada,Civetta,Pelmo, Tamer, Moschesin, Prampèr per tornare alle cime viste ieri di Zita e Talvena e concludere il cerchio con Schiara Burel e Coro. Fantastica e istruttiva la vista sull’inizio e la fine dei monti che fan da corolla, inizio e fine del Viaz dei Camorz e dei Camorzieri di cui si vedono perfino le Cime dei Sabioi e quelle dei Pinei. Un velo di neve fresca imbianca la piccola piazzola di cima e con la mente vado a tanti anni fa quando ad Agosto del 2007 trovai una situazione analoga sul Pizzo Coca. Jari era nato da pochi giorni e io salivo per stemperare la tensione di mesi difficili e anche ringraziare per quel parto così problematico ma poi andato a buon fine. Scrissi Forza Jari. Questa volta la neve che fotografo riporta la scritta Dani ti amo. Zoom sul Crep Nudo che spunta oltre lo Schiara, selfie, foto di tutti i massicci citati e poi provo a dirigermi verso il Col de Val che spunta dopo una breve discesa ancora a destra. Ma il versante è ombroso ripido poco segnato e temo di far tardi anche oggi. Così non sapendo che insistendo alla massima depressione fra le due montagne si sarebbe aperta la Val Cavalera percorribile in discesa e che mi avrebbe quindi permesso un giro ad anello( non indicato sulle carte), decido di tornare indietro. Ripercorro più facilmente del previsto il tratto ripido e nevoso che mi preoccupava e alle 15.30 con la valletta non più intrisa di sole ma già avvolta nell’ombra sono di nuovo alla bella Baita Folega e subito dopo all’omonima Forcella. Scendendo baciati dal sole e con le loro rocce verticali che bucano il cielo azzurro scuro, fotografo a ripetizione la bellezza possente e geometrica delle due piramidi dei Tamer Davanti e Grande. Con soddisfazione vedo che il vento ha abbattuto la recinzione che impediva l’accesso alla strada camionabile per salire verso la montagna, prego e ringrazio alla Madonnina dei Sciar e nel tripudio serale dei larici che si accendono alle luci del sole che cala inizio a fotografare con la bellezza e la commozione negli occhi. da ultimo attira la mia attenzione un piccolo villaggio di casette costruite su un grande prato verde circondato dai larici: che incanto, che bellezza, che poesia e sogno di abitare un giorno in un posto del genere. Pace. Un’ultima foto alla punta dell’Agner ormai nel pallido abito da sera e alle 16.45 appare lo spiazzo dove c’è parcheggiata la Multipla ad attendermi. Ritrovo e mi fermo a salutare il ragazzo trovato alla mattina e che ancora è intento a segar tronchi e mi viene in mente di chiedergli di Stefano con cui avevo arrampicato tanti anni fa e che dovrebbe stare da queste parti. Non mi ricordo il cognome che poi ritrovo sul cellulare e lui mi dice che sta in quella casa, che è sicuramente in casa e di passare pure a salutarlo. Il campanello non c’è e allora apro il cancelletto e passando davanti alla finestra vedo un anziano seduto col cane che abbaia all’impazzata. Suono ma nessuno viene ad aprirmi. Ripasso davanti alla finestra e saluto l’uomo che contraccambia. A sera chiamo Stefano anche per spiegargli l’intrusione da suo padre ma mi spiega che quello è un suo omonimo e che lui sta un poco più distante. Passiamo comunque un bel momento a ripercorrere la grande avventura vissuta insieme sul Campanile di Val Montanaia l’inverno del 2007. Prima di tornare al buio ho ancora il tempo di scattare immagini fantastiche del Moschesin e della Moiazza prima dorata e poi arancione, servita in salsa di larici. Stessa cosa per la parete sud della Marmolada le cui canne d’organo s’intingono nell’arancione riflesso del sole che muore. L’ultima foto è per un riflesso di sole morente sulla cresta dei Feruch. Come non amare questo paradiso che ci è offerto? Grazie vita.
Foto1 l’amena baita Folega Foto2 raggio di sole in val Cordevole Foto3 croce di cima Celo
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