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   la lunga e misteriosa Val Clusa, 12/04/2023
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Onicer  oscarrampica   
Gita  la lunga e misteriosa Val Clusa
Regione  Veneto
Partenza  la Muda  (480 m)
Quota arrivo  2000 m
Dislivello  1800 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  nde
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Mio padre mi assilla da tempo per portarlo a Caprile che deve provare i caloriferi ad olio appena acquistati prima che venga caldo. Riesco a liberare dagli impegni familiari una giornata e mezza dopo l’incontro di Viola allo Spazio neutro ma malessere stanchezza e sonno mi fanno ritardare la partenza dopo un sonnellino ristoratore. Vado a recuperare il genitore e poco prima delle 19 arriviamo al paeselllo dolomitico immerso nella solitudine e nella contemplazione della parete nord del Civetta che chiude la valle verso sud. Ceniamo in pizzeria e dopo aver installato i caloriferi mi butto a letto con l’improbabile intenzione di alzarmi alle 4. Solo alla terza suoneria, alle 6, abbandono il giaciglio in preda al raffreddore e preparato tutto scendo all’auto dove un insolito e piacevole nevischio mi accoglie. Abbandono la deserta piazza nella luce opaca di questo insolitamente invernale 29/3/2023 e scendendo la Statale Agordina parcheggio come da piano l’auto a bordo strada e sentiero in località la Muda. Riprenderò come anni fa la via della Val Clusa che esplorai nei recessi inferiori al tempo della fuga dal covid. Sono le 8 quando contemplando le accese rocce dei Feruch che emergono dietro i verdi prati di Agre tra le Pale del Fonch e il Col Pizon, mi giro per leggere sorridendo gli scoloriti cartelli che indicano Forcella Scalabras e Pongol. Già i nomi sono un programma. Voglio salire in cima al Talvena duemila metri più su e per questo ho con me piccozza e ramponi. Non è la via più comoda ma voglio rivivere il fascino di questa valle misteriosa e percorrerla per intero. La Rochèta osserva e saluta impettita e sull’attenti. Che bello immergersi nel bosco meno dilaniato dell’altra volta (Vaja) e ripercorrere il sentiero che sostenuto da un infinità di muri a secco si alza quasi verticale sopra la statale e i pascoli verdeggianti di Agre. Mezz’ora dopo incrocio la protezione metallica che scende verso la prima presa Enel e ammirando gli orrendi precipizi proseguo cercando di accorgermi della seconda deviazione che l’altra volta faticai a trovare tra gli schianti che avevano coperto e ostruito l’accesso al vago sentierino che porta alla seconda meravigliosa chiusa nella zona chiamata Fontanon. Non vedo nulla e me ne rendo conto solo quando capisco di trovarmi in una zona in cui non ero mai stato e infatti poco dopo vedo la costruzione della seconda captazione lontana e bassa sotto di me nella forra della Val Chiusa. La mattina è livida e tetro il saluto dell’imbiancato Agner che abbracciato ai Lastei e alla Croda Granda proprio non sorride. Intanto alzandomi sono apparsi dietro il Bus del Diaol e le Stornade mentre davanti le forme che riconoscerò poi della Scesora, della Cima delle Rosse e del Zest del Vescovà. Mi sorprende alle 9 il bivio che sale verso F. lla Pongol mentre io proseguo in falsopiano alto sulla Val Clusa per arrivare poco dopo in un tratto attrezzato che tanto ricorda i viaz percorsi da queste parti e che è fatto di cenge esposte, tetti e passaggi su canaloni precipiti. Rubo dalla bibbia dello Schiara i seguenti versi. ” Aiutati da alcune corde fisse si procede e si oltrepassa la dantesca forra della Val del Cristo, insistendo attraverso i pendii erbosi fino a guadagnare il fondo della Val Polidoro. La tetra bellezza di questo luogo respinge ed affascina al tempo stesso, avvolgendoci in un’atmosfera arcana di tempi perduti.” Il sentiero che si stringe resta comunque sempre ben percorribile ma in questo tratto altamente spettacolare. Penso a Simone e a quanto gli piacerebbe questo posto..quando torno gli scriverò. Nevischia e la parete del Vallaraz mi spinge a virare verso destra passando da un bellissimo crocefisso con dedica a chi la montagna s’è portato via. Scendo con brivido per guardare da dove probabilmente è precipitato lo sventurato. Il fiume romba tanto tanto più in basso. Poi più tardi vedo il rio poco sotto di me e lo guado nei pressi della Prima casera di ValClusa (q.930,h 9.30). Ora un tratto in lieve salita disordinato e dirupato da slavamenti corre sopra il fiume e poco più tardi approdo alla radura che custodisce la Casera de Mez( q.1180, h 10). Ho faticato in questo tratto e penso che le prossime volte dovrò scegliere l’itinerario non andando dove mi porta il cuore…ma le gambe. All’interno della casera sorrido vedendo appesa come una reliqua l’immagine di copertina della Bibbia delo Schiara sopra citata. Ogni tanto belle cascate e polle verdi mi chiamano dal basso e poi arrivo ad una sorta di vallone detritico “ laddove confluisce da est il greto della Val de i Erbandoi”. Passo accanto lasciandola alla mia sinistra la bella cascata e ammirato dalla vista della rocciosa e piramidale Cima del Fieno, passo sotto la bellissima prua rocciosa della Pala Bella. Salutano alte a destra anche Cima della Giazza e dei barancion e poi approdo alla spianata dove un cartello su un palo indica( ma non c’è!), la Casera Terza ( q. 1460, h 10.45). Decido per fermarmi a mangiar qualcosa visto che poi scorre acqua limpida di cui farò provvista e di cui bevo avidamente dalla borraccetta appena trovata e che si è ormai svuotata del ghiaccio che la ostruiva. La pausa in questa oasi serena e illuminata con la chiusa della Val Clusa che chiude la vista (esce solo la punta del Moschesin…) mi fa commettere l’errore di proseguire per l’unico sentiero evidente che guada il rio e prende a salire verso sx. Non ho cartina perché nei convulsi preparativi pensavo di prenderla da Caprile e la relazione non la trovo (rimasta in auto!) e quindi non mi rendo subito conto che qui dovrei abbandonare il sentiero per cercare (ma non si vede) la traccia che sale verso il Van de i Erbandoi. Riparto un quarto d’ora dopo convinto di fare un giro alto sopra il vallone ma poi capisco che probabilmente salirò verso F.lla Scalabras. Però guardando indietro capisco che anche tornare sarebbe inutile perché il vallone da risalire è a nord e ricoperto di neve e oltre tutto in alto ce n'è ancora parecchia, per cui ammirato dal panorama che è diventato eccezionale, decido di proseguire. Davanti a me la piramide di pietra del Monte Fieno si innesta nelle retrostanti Cime del Barancion e a sinistra, grandi nevi rendono bianche le placche dello Zest di Vescovà, della cima Giazza e infine del Talvena in un incredibile scenario di quinte rocciose che si sovrappongono verso il cielo. Ogni tanto osservo con rimpianto la linea che avrei dovuto seguire ma più salgo e più son certo che non sarei arrivato da nessuna parte con queste condizioni ancora così invernali. Davanti a me invitanti di sole brillano invece le pareti esposte a sud delle Cime di Scalabras e poco dopo una bella immagine di mughi verdi e grandi chiazze di neve bianchissima sullo sfondo azzurro del cielo terso e sul giallo delle erbe. Guardando a valle è veramente imponente l’innevato versante settentrionale del Zest che precipita sulla Val Clusae salendo si aggiungono al già complesso scenario anche lo spuntar dele tre Cime di Zita. Ora viaggio in 10 cm di neve e poco dopo arrivo alla candida F.lla Scalabras (q. 1800, h 12). Da qualche tempo stavo osservando le cime che uscivano dagli abeti e spostandomi sulla cresta ora le riconosco nel Castello e nella cima di Moschesin che somo affiancati a sx da uno stupendo canalone nevoso che taglia in mezzo le pareti dei Tamer Davanti e Grande. Proseguo lungo la cresta fino al suo culmine mugoso abbandonando la traccia segnata da un umano che prende a scendere vs Casera Moschesin. Nel sole raggiungo il culmine (Cime di Scalabras q.1865, h 12.20 dove mi siedo a contemplare il vasto panorama sull’intricato e meraviglioso gruppo del Talvena ancora avvolto dal sudario invernale e poi le rocce assolate dei Moschesin, Tamer e Forzelete e spostandosi verso sinistra e sud, le Moiazze, i Framont, le Pale di San Lucano, il gruppo dell’Agner, il vicino Celo e le creste di Vallaraz che coprono un poco i Monti del Sole. Dal mio nido d’aquila solatio mi mangio una barretta e intanto seguo con lo sguardo la cresta nevosa che dovrei seguire sperando di non perder la traccia mentre la percorrerò. Faccio un tour fotografico e prendo a scendere di nuovo fino alla forcella innevata ( h 13). Ora il cartello per la cresta indica verso la neve immacolata e quindi dovrò stare attento a seguire con i sensi il sentiero e il suo scriversi sotto la neve. Cerco di stare in cresta, poi è evidente che il sentiero scorre più basso ma probabilmente scendo troppo e infine grazie all’app Garmin riesco a capire dove sono rispetto allatraccia e con una faticosa risalita nel bosco su neve a tratti sfondosa, la recupero e la seguo fino a risalire in cresta sull’erba ormai liberata dalla neve e con vista sul dominante e più pulito versante ovest del Zest. Da qui emerge il Burel, Pinei, Sabioi e oltre il Coro la Pala Alta dove inizia il re dei Viaz. Ora una bella traccia di cresta mi conduce sui vertiginosi precipizi gialli delle Pale del Fien che hanno visto tanti contadino precipitare giù in Val clusa. Ora la visuale sui monti del Sole è libera ed incredibilmente istruttiva. Tra erba e neve surfo la cresta arricchita da paline che parlano dei lavori d’alpeggio su queste erbe e raggiungo il piccolo ometto di Cima Vallaraz (q.1885, h 14). Ora la visuale spazia fino allo Schiara alla Gusela e al Nason e oltre le Cime di Pramper e Pramperet , appaiono gli amati Spiz de Mezzodì. Proseguo e poca cresta oltre il bel tratto in cengia attrezzato che apre la vista sul sentiero giù a valle oltre la F.lla Pongol che è il prossimo obiettivo. Tra trincee di guerra e pale boscose, raggiungo l’ampio e insolito vallo (q.1550, h 15) e mi concedo un’altra piccola pausa al sole. Appena riparto incontro la deviazione per il Celo manon ho forze e soprattutto tempo per tentarne la salita e proseguo la mia discesa sul sentiero che diventa traccia spesso infestata da arbusti che crescendo secondo me a breve se lo mangeranno tutto come del resto quasi tutto l’itinerario odierno, destinato a trasformarsi in un viaz molto suggestivo. Oltre il Coro e la forcella con la Spirlonga, che bei ricordi mi ricorda la visione di Pala Alta, Cima Est e Pala Bassa in fila schierate per salutarmi con affetto. Ora sono sotto l’immane e precipite parete del Vallaraz e ancora penso ai voli assurdi di quella povera gente costretta dai tempi a far fieno su quei dirupi spaventosi. La punta del Zest sopra le sue rocce rossastre e la Cima delle Rosse, domina il territorio e intanto scendo scendo scendo fissando la mia attenzione sul torrione fessurato della Scesora che mi diverto a fotografare continuamente sognando un giorno di salirci. Traverso ponti caduti, valloni dirupati cenge e pale boscose fino ad incrociare nuovamente il bivio del mattino vs F.lla Scalabras (h 16.20). Poi è un nuovo ammirare la zona misteriosa delle chiuse Enel e approdare sopra i prati verdi di Agre innaffiati della calda luce arancione dell’ora tarda e che mi proiettano in un ambiente da sogno, pronto a tornare nella civiltà carico di energie primordiali e di tanta bellezza accumulata. Felice approdo all’auto a la Muda alle 17. Foto1 Gruppo del Talvena Foto2 da Cima Vallaraz Foto 3 la Scesora

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