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   Pale del Fop, 28/08/2013
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Onicer  oscarrampica   
Gita  Pale del Fop
Regione  Veneto
Partenza  malga Ciapela  (1550 m)
Quota arrivo  2550 m
Dislivello  1000 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  malga ombretta
Attrezzatura consigliata  nde...attenzione alle ripide pale erbose senza traccia
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Discrete
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Un ponte feriale del lavoro mi permette con raccomandazione di Daniela di fare qualche giorno a Caprile con Robi Ilenia ed Elisa, nostri figli accolti. Mentre Ile ed eli se ne stanno tranquille in casa o in giro per i giardini del paesello io e Robi ci dedichiamo all’esplorazione, in particolare della zona del Monte Fop, montagna selvaggia e dimenticata perché forse troppo vicina alla Marmolada che ne offusca la presenza. Dalla Malga Ombretta, luogo di passaggio verso il rifugio Falier, si apre la Val Ombretta delimitata da un lato dalla gigantesca parete sud della Marmolada e dal lato opposto da una lunga cresta che culmina con il Monte Fop. La mattina del 27/08 (dopo che siamo arrivati la sera prima) il tempo è incerto ma decidiamo comunque di andare a dare un’occhiata. In un ‘oretta saliamo a malga Ombretta giusto per vedere che le nubi coprono tutte le montagne che dovremmo vedere e sono sbuffanti e sfilacciate anche sulla nostra montagna, impigliandosi sulla sua cresta. Non sono riuscito a trovare la deviazione che cercavo che avrebbe dovuto evitare di salire fino alla Malga e per sicurezza esploro il pezzo di bosco che precede l’inizio dei grandi prati. Ma non trovando niente e quindi dopo un’occhiata alla Malga scendiamo con l’intenzione di cercare meglio e infatti ad un certo punto, poco prima di arrivare alla Malga, trovo un poco coperto dai mughi il famoso masso con infissi due inconfondibili ferri ricurvi che segnalano l’inizio della stradina militare abbandonata e in disuso che segnano l’inizio del nostro percorso. Una serie di fascine coprono addirittura quello che sarebbe l’inizio del sentiero e dopo aver scoperto che prosegue nel bosco e visto il tempo sempre più umido, decidiamo di riprovarci domani e scendiamo a casa dalle ragazze. Il giorno dopo, partiamo con intenzioni bellicose e ancora al buio risaliamo da Caprile fino a malga Ciapela(m.1500) e lasciato lo Scudo oltre il campeggio (una stradina asfaltata porta più in alto, fino a un cartello di divieto) iniziamo alle 5.30 a percorrere il facile sentiero 610 seguendo le indicazioni per il Rif. Falier. Malga dorme sotto di noi e solo le luci dei camping segnalano presenze di vita. Il profilo nero del Piz Guda si staglia sul cielo scuro. Prendiamo una scorciatoia ripida ma non difficile indicata da un cartello e quando la scorciatoia attraversa il sentiero principale (cartello “Scorciatoia Malga Ciapela”) la assecondiamo salendo a sinistra per una trentina di metri, fino ad arrivare al grande blocco roccioso con i ferri infissi, individuato ieri. Svoltiamo a sinistra nel bosco per traccia non segnalata che a prima vista non pare porti da nessuna parte. Ci troviamo in realtà su una vecchia strada militare sorretta da muretti a secco, di recente disboscata dai mughi ma in parte ancora invasa dall’erba alta. Diciamo che è più diffile trovarne la partenza che seguirla poi, anche perché alzandosi la sua visibilità migliora. La seguiamo fino al suo termine evitando in questo modo la scomoda e più impegnativa risalita del primo salto roccioso ricoperto di vegetazione che si oppone a chi parte direttamente da Malga Ombretta. La mulattiera e i muretti a secco terminano ai piedi di un ripido e stretto pendio erboso(h 6.30) che va risalito direttamente senza alcuna traccia in direzione di una prima macchia di mughi, oltre la quale per prati via via più ripidi ci si alza sotto un breve salto roccioso superabile a sinistra per un canale di roccette friabili miste a terriccio (sconsigliato) oppure a destra letteralmente arrampicando sui mughi (scomodo ma più sicuro). Inizia a piovere prima lentamente e poi a dirotto e allora corriamo giù per prati e andiamo a nasconderci nella malga ma visto l’ambiente stretto e in cui stanno cuocendo il latte per far formaggio, andiamo a cercar rifugio nella stalla che tanto le mucche sono al pascolo. Aspettiamo che spiova e bagnati e intirizziti mettiamo dei soprabiti pieni di merda che troviamo lì appesi. Il malgaro ci vede ma non ci invita al caldo del fuoco e battendo i denti aspettiamo. Due ore e mezza dopo dopo smette di piovere e pare che il cielo s’apra: il freddo e l’umido ci spingomo all’azione e rompiamo gli indugi. Passiamo accanto al malgaro ( il figlio del mitico Berto, da cui salivo per prender puina e butiro per conto della Zia Rosa, e che tanto gli somiglia e che qualche anno indietro fotografai amabile con mio figlio Armin) che ci riempie di insulti e si fa minaccioso perché siamo entrati in casa sua a toccar la roba..non è il caso di discutere e salutandolo e scusandoci ci allontaniamo mentre lo sentiamo arringare ancora contro i forestieri che pensano di fare come fossero a casa loro. Tranquillizzo Robi (12 anni) spiegandogli la fatica del mestiere e la rabbia che spesso loro hanno contro i turisti poco educati e ci muoviamo nell’erba bagnata verso il salto roccioso che non avevamo ancora superato. Con un poco d’attenzione per il terreno fradicio, passiamo oltre (h 10) e intanto ammiriamo la giornata aprirsi con umo splendido panorama sulla conca di Malga Ciapela sbuffante di luce e nubi che risalgono verso l’alto attirate dal cielo che promette di farsi azzurro. Sembra che le montagne respirino vapore e la neve è caduta sulle creste e fino al Passo d’Ombretta colorando in modo punk le rocce. Usciti finalmente (è il caso di dirlo) dalla vegetazione, appare in modo evidente lo sviluppo logico del percorso: alcuni passaggi di roccia e erba misti ci possono mettere in difficoltà con terreno umido, altrimenti la progressione è abbastanza agevole (a parte la forte pendenza). Il tempo intanto è decisamente migliorato e quando arriviamo sotto le rocce terminali tutto brilla di luce : erbe colorate mandano riflussi lucenti, le rocce brillano e il cielo azzurro copre tutto. E guardando giù, una marea di verde si espande ovunuqe…così lontano il mondo ora dal grigiore bagnato del mattino. Alla nostra sinistra Sasso Bianco e Monte Pezza si sono liberati dalle nubi che invece giocano ancora coi giganti dietro: Pelmo Civetta e Antelao. Rggiunta velocemente la cresta erbosa e rocciosa ci conduce facilmente in cima su spiazzo erboso, clamorosamente panoramico (q.2550,h 11.15). Da quassù messere si domina la valle (ombretta in questo caso) che verdeggiante serpeggia fra i poderosi contrafforti della mega parete sud della Marmolada che da qui ti guarda proprio direttamente negli occhi regalando sogni proibiti. Poi va a sbattere contro i ghiaioni che salgono a passo Ombretta spruzzati di neve. A sinistra invece l’occhio cade sul Valon del fop, un grandioso catino ghiaioso che si fa sempre più verticale fino ad arrivare alle rocce che si arrampicano in cielo fino al dente della Cima del Fop. Robi si staglia in cima davanti al Sasso Vernale che si congiunge per cresta alla Cima d’Ombretta Orientale ed essendo poi lui stanco, gli dico di aspettarmi un attimo mentre salgo sulla seconda pala. Non riesco a distinguer fra esse quale si possa fregiare del titolo di cima principale e fotografo Robi diventato un puntino rosso accovacciato sul primo mammellone erboso. Il resto del panorama è nascosto dai vapori nuvolosi che coprono tutte le restanti cime dolomitiche vs Pelmo e Civetta. Ci fermiamo una mezz’oretta e poi iniziamo la discesa che sui ripidi prati erbosi ci richiede un poco di attenzione per via delle erbe bagnate. Troviamo una grossa stele sul sentiero nel bosco su cui scriviamo Pale del Fop ad identificare una traccia presto probabilmente destinata alla scomparsa. Alle 14.30 siamo nuovamente a Malga, soddisfatti per la nostra avventura nel Wild a due passi dalla Marmolada. Foto1 Cima e Valon del Fop Foto2 doppia cima delle Pale Foto3 Robi e la stele
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