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   del Rodes e di altre creste, 11/08/2021
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Onicer  oscarrampica   
Gita  del Rodes e di altre creste
Regione  Lombardia
Partenza  Rif Alpini Piateda  (1500 m)
Quota arrivo  2830 m
Dislivello  2000 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  Donati
Attrezzatura consigliata  nde più eventuale corda per alcuni passaggi esposti..il più difficile tra Rodes e Punte di Giumella
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Trovare Billy libero e desideroso di andar per monti mi fa ritrovare l’antico entusiasmo e allora gli presento il mio progetto in cresta dalla Valtellina fino al Redorta con ritorno ad anello. Partiamo al termine di alcuni suoi impegni legati al camper appena acquistato da Bruzzano nel Milanese dopo le 19 del 15/07/2021 e ci dirigiamo vs la Valtellina con l’obiettivo di arrivare a Piateda al Bar Centro entro le 22 per poter acquistare a 5 euro il pass giornaliero per poter salire fino al Rif. Alpini e risparmiare 600 mt di dislivello. Ce la facciamo e dopo aver mangiato un pessimo e carissimo panino preparatoci chissà come da una panciona cubana, ci avviamo per la stradina agropastorale che violentando il bosco ci porta al bello spiazzo a 1500 mt di quota dove è costruito il rifugio. Troviamo aperto il bel locale invernale e sbaracchiamo il suo Doblò camperizzato per prepararci alla notte. Pioviggina e trasferiamo tutto il materiale nel locale ma….. non rinveniamo la scatola dei miei scarponi!!! Ricostruire perché non ci sono è drammaticamente semplice: avevo accumulato tutto quanto serviva e poi abbiamo spostato in due il mucchio. Dopo aver preso la mia parte gli ho chiesto se aveva preso tutto e lui mi ha risposto sì (pensando però al suo di materiale…) e così io non son andato a ricontrollare. E la scatola degli scarponi è rimasta là. Mi prende la depressione, vorrei piangere..guardo le scarpe che indosso ( scarpe sandalo quechua superleggere e traforate) e mi prende l’amarezza. Andiamo a dormire senza un progetto per l’indomani confidando in impossibili consigli dalla notte. Troppo lontano tornare,troppo lontano un negozio per aspettare l’apertura e acquistare una calzatura decente. Il sonno e la comodità dei materassini vincono la rabbia e la luce del nuovo giorno ci restituiscono un poco di otimismo. Decido di provarci con le quechua e di vedere fin dove riusciamo ad arrivare…certo son così molli che il piede andrà da tutte le parti e mi verranno vesciche da record. Evvabbè…guariranno. Alleggeriamo gli zaini da corde imbraghi,piccozze e di tutta la ferraglia da arrampicata e usciamo ad esplorare il territorio. Sono le 6 e l’alba colora d’arancione le nevi del Re Disgrazia e dei Corni Bruciati che sembrano braci accese. Il tratturo che dobbiamo seguire s’alza vs il bosco partendo a fianco di una bella fontana dove ci riforniamo di acqua fresca. Onde di luce fasciano il bosco d’abeti rendendolo incandescente nell’azzurro del mattino: sembra che un pennello li abbia indorati. Venti minuti dopo posiamo i piedi su una passerella di legno lunghissima e umidissima che mette già a repentaglio il mio equilibrio e testa la poca tenuta delle mie ridicole calzature. Evitando pozzanghere e acquitrini la passerella fra un buco e un cedimento strutturale, ci deposita nella bella piana dell’Alpe Armisola dove manze brune brucano l’erba carica di rugiada del mattino: dev’esser bello come per noi bere una birra fresca al termine della gita. Bella vista sulle pareti del Roseg ed entriamo nella valle percorrendola fino alla Baita Piateda di Sotto che raggiungiamo mezz’ora dopo e dove dobbiamo decidere cosa fare perché no esiste un sentiero che conduca al Dosso Billi che abbiamo deciso essere il primo rilievo degno di nota da cui iniziare la meravigliosa cavalcata in cresta che ci porterà nel cuore dei giganti delle Orobie. Cominciamo a girare e zigzagare un po’ a vuoto fra gli arbusti di bassa vegetazione cercando la via più logica di salita e anche la direzione migliore verso cui tendere. Alla fine traversiamo a lungo e scomodamente verso dx e poi decidiamo di risalire un canalone erboso che sembra abbordabile e che ci porta a emergere in cresta dalle nostre improbe e verticali fatiche che hanno messo a dura prova le mie scarpettine da passeggio in città. Sono le 8.30 e dal nostro poggio possiamo ammirare tante delle cime che andremo poi a toccare. Abbiamo perso tanto tempo e vediamo la piazza d’erba del Dosso Billi sotto di noi, bella radura libera dagli abeti. In discesa la raggiungiamo, disturbando il primo bagno di sole di una vipera che s’incazza non poco con Billy soffiandogli addosso il suo disappunto. Manco di poco il reportage fotografico, dovendomi accontentare del ciuffo erboso sotto il quale continua a soffiare il suo malcontento. Sono le 9( 3 ore dalla partenza!!) e dobbiamo decidere come impiegare il resto della giornata tenendo conto che è prevista pioggia e forse temporale per il pomeriggio e che siamo riusciti solo a salire questa cimetta che supera di 50 metri i duemila. Percorrere ora le creste fino al Rodes e provare a raggiungere come da programma originario il Bivacco Corti ci sembra rischioso (per i tempi e per il temporale) e improbabile( visto il mio equipaggiamento) e allora decidiamo di raggiungere il Bivacco Donati atraverso la Bocchetta di Santo Stefano e percorrere l’indomani le creste che dal Rodes ci riporteranno dove ci troviamo ora. Tanto per andare oltre , non abbiamo l’attrezzatura. Salutata la viperetta incazzata risaliamo al colletto fra il Dosso Billi e la Punta Campione e ci buttiamo fra i rododendri cercando di percorrere a ritroso la drammatica e accidentata salita. Ancor più scomodamente che in ascesa, divalliamo cercando di ricordarci le serpentine effettuate e molto lentamente e faticosamente riguadagniamo il fondo e il centro della valle dove parte il sentiero questa volta ben evidente vs la B di SS. Siamo nuovamente ridiscesi a circa 1700 mt di quota e faticosamente risaliamo nel bosco fino ad uscirne alle 11.20 al cospetto della bellissima Punta di Santo Stefano che ci indica la strada vs la Bocchetta omonima che dobbiamo raggiungere attraversando un bel vallone erboso che ci condurrà all’agognato valico. Un bel torrente e una bellissima cascata fanno da colonna sonora al nostro guadagnar quota e finalmente a mezzogiorno raggiungiamo la bocchetta(q.2380) con bella vista su tre laghetti sottostanti e la Valtellina. Da qui è veramente bella la Punta omonima che s’alza triangolare e snella vs il cielo. Identificata la Bocchetta di Reguzzo pericolosamente innevata, mi consulto con Billi perché vorrei evitare il sentiero che sparisce nella neve e provare ad addocchiare un itineraro che mi sembra abbordabile e s’alza raggiungendo la cresta dove dovremmo arrivare senza dover attraversare i nevai. Sogno anche, visto che il tempo sta tenendo, di salire la ormai vicina cima, la cui conquista darebbe senso da sola alla nostra giornata passata a girovagare fra le erbe incolte. Salgo deciso il ghiaione,saluto un paio di stambecchi, affronto la prima fascia rocciosa che dal basso sembrava il tratto più complicato e riesco ad accedere ad una cengia erbosa dove trovo dei segni rossi e tracce di sentiero. Entusiasta grido a Billi la scoperta e seguendo i segni percorriamo il fianco della montagna ritornando a sx e arrivando su una bellissima cresta che si slancia senza soluzione di continuità verso la non più lontana cima. La cima principale del Rodes si alza ora imperiosa alla nostra dx, emergendo chiazzata di nevai dai contrafforti che la oscuravano. Per facili salti rocciosi non esposti e con qualche piccolo passo di arrampicata attorno al II° grado, guadagniamo il cielo fino all’erbosa e tonda sommità su cui è stato costruito un bell’ometto. Punta di Santo Stefano ( q.2700, h 13). Esplodo di felicità perché mai avrei pensato di fare questa cima un poco fuori dagli itinerari orobici e soprattutto oggi con queste ridicole scarpette che guardo quasi incredulo perché tutto sommato quassù mi hanno portato. Oltretutto siamo al cospetto del mondo roccioso che avremmo voluto affrontare e che si apre alla nostra ammirazione in tutta la sua grandiosità e selvaggia potenza. Le nuvole coprono le cime ma non la loro maestosità. Mi levo la scarpa in segno di gioia e di ringraziamento per il loro incredibile servizio. Mai avrei pensato di trovarmi qui. Poi il nostro occhio si concentra sull’enorme conca rocciosa dove è allocato il Rif. Donati e sulla più dolce cresta che divalla vs la Bocchetta di Reguzzo da dove dovremo transitare per arrivarci. Scendiamo per erbe creste e rocce fino a trovarci sopra il valico custodito e protetto da enormi placche rocciose che sostengono la cresta che sale vs il Rodes. Superato il primo tratto ripido siamo nel catino che contiene il bivacco che presto raggiungiamo per le 14. Siamo bagnati, infreddoliti e la vista del locale invernale di legno accogliente e con una bella stufa pronta per essere accesa, ci rincuora. Fatte delle foto e appurato che non abbiamo l’accendino( il mio s’è perso con il marsupio nei Monti del Sole), ci mettiamo alla ricerca di qualcosa per accendere il fuoco ma disperati dobbiamo desistere nonostante rovistiamo ovunque nel locale dei materiali. Il nervoso cresce con lo scendere delle speranze finchè Billi tenta la manovra della disperazione coinvolgendomi nella costruzione di un arcolaio per provar a far fiamma con i legnetti. Ci proviamo per un’oretta di risate prima di desistere e cercare di resistere al freddo umido che ci attanaglia fra qualche goccia di pioggia e l’altra. Non riusciamo neppure ad asciugare calze e scarpe tanto che ci costruiamo improbabili calzature utilizzando stracci e sacchetti di plastica. Anticipiamo l’ora di cena e poi ci infiliamo io sulla branda e cecco sotto col sacco. Ma arrivano poi due strani tedeschi di cui uno decide di occupare il pavimento a fianco di billi e l’altro il locale legnaia. Comunque la stanchezza prende il sopravvento e dormiamo bene fino alla luce del mattino. Rapida colazione nel fresco,contemplando il sole che sorge e alle 6 muoviamo già i primi passi illuminati dal sole,che si è alzato alle nostre spalle, in direzione del lago che costeggiamo e poi su per la pietraia che s’alza a raggiungere il Passo Biorco (q.2620,h 6.45). E’ questa la vera frontiera dove inizierebbe la vera cavalcata verso il cuore nascosto dei giganti orobici ma con le mie scarpette da passeggio non possiamo certo prendere la sx e così divalliamo dall’altra parte (molto ripida e attrezzata all’inizio con catebne) alla ricerca del punto migliore per traversare in direzione dei pendii del Rodes. Guardo con curiosità le verticali e compatte rocce della prima cima del Biorco e mi sembra abbastanza improbabile una loro risalita, come anche il loro aggiramento, perlomeno su questo versante che è abbastanza precipite. Scendiamo prati semiverticali ammirando ad un certo punto la cresta che avremmo voluto integralmente percorrere e che partendo dal Biorco passa per le Punte Gemelle, il Pizzo degli Uomini, lo Scotes e poi le Cime di Caronno, quella del Lupo e il Porola, per poi riprendere con il gran finale dello Scais e del Redorta. Così allineati sembrano un battaglione di soldati pronti alla battaglia. Non sarà per oggi, il nostro battaglione, mesto si ritira volgendo le spalle. Poi quando il terreno si appoggia un poco di più iniziamo la risalita verso il Rodes con il panorama vs i giganti che si amplia e costringendomi data la fantastica prospettiva a continue ed istruttive foto. Poi con Billi notiamo un enorme frana che solca interamente la Vedretta di Scais sotto la sua parete nord, e via altre foto, chiedendoci quanto sarà evidente il disastro in parete anche se sembra a dx rispetto alla linea di discesa normale. E’ impressionante la quantità di roccia caduta che ha pulito completamente con il suo passaggio la neve, lasciando due neri solchi che scendono giù fin dove possiamo vedere. Seguendo linee diverse ci perdiamo nell’interminabile traverso ma poi ritrovatici, finalmente alle 8.30 ci troviamo sotto le rocce sommitali del Rodes. Ottime visuali sulle pareti diafane del Rosa e delle Cime del Vallese fra cui svetta la bianca sagoma del Dom. Decidiamo di traversare ancora vs sx dove stambecchi in cresta segnalano probabilmente il percorso migliore e un quarto d’ora dopo raggiungiamo il filo di cresta che unisce il Rodes alle cime che lo precedono. Molliamo allora lì gli zaini e puntiamo facilmente all’ormai vicina cima. Pizzo Rodes( q.2830, h9), dove giocherellano un folto gruppo di caprette. Un grosso omino si presta alle panoramiche foto di vetta con una spettacolare vista sui colossi orobici partendo da sx dove troneggia il Torena e scivolando poi per Diavolo di Malgina Gleno re castello Coca Scotes Scais e Redorta. Ma belle viste anche vs il Rosa il bernina il gruppo dell’Adamello, il Disgrazia la Presolana, il Diavolo di Tenda a completare il tour a 360°. Mi sembra incredibile esser quassù pensando alle scarpe con cui son salito, e la gioia è addirittura maggiore perché pensavo fosse sfumato tutto. ancora doto sulla dorsale che dovevamo percorrere e poi un ultima vs la discesa in cresta che ci attende con tutte le cime in parata. Un quarto d’ora dopo iniziamo a ridiscendere, recuperiamo gli zaini e ci avviamo su terreno ignoto vs la prima delle due Cime di Giumella. Poco dopo aver guardato dall’alto un grande nevaio residuo sciogliersi in un laghetto glaciale dalle acque verdi e blu scuro ci si para davanti una vista spettacolare. Una cresta irta e precipite semierbosa sul versante sx è completamente colonizzata da un branco di stambecchi e da un branco di capre. Dopo l’iniziale meraviglia e stupore mi chiedo dove diavolo dovremo passare noi e poi mi viene di conforto la voce di Billi che da dietro mi dice di traversare a cavalcioni. Provo un più elegante passaggio d’aderenza sulla placca che plana a dx ma non mi fido della suoletta delle mie scarpettine e il vuoto sotto mi spaventa e allora via alla buona..si passa di culo fra una moltitudine( una ventina) di stambecchi che si spostano e ci osservano più incuriositi che spaventati. Poi quando il filo di cresta si allarga un poco e diminuisce l’esposizione è il momento delle caprette a doversi spostare per concederci il diritto di transito. Facciamo belle foto che immortalano il particolare momento e la divertente situazione. E poi via vs quella che sembra una più facile cresta sempre precipite a dx ma sui bei dossi erbosi a sx. ci voltiamo spesso a vedere il bel passaggio in placca dove siam passati e poi ci si profila davanti un bel dente verde superato il quale si presentano le due cime di Giumella.
Billy mi fotografa mentre cambio il mio ridicolo abbigliamento da clochard togliendo dai sandali i pezzi di pantalone staccabili con cui avevo coperto i miei piedi essendo i calzettoni di cotone leggero in filo di scozia fradici e bucati e poi ripartiamo calcando la prima cima(q.2674) alle 10.20 e la seconda un quarto d’ora dopo(q.2585). Intanto continuo a fotografare l’ammaliante mondo di cime che ci lasciamo alle spalle, col sogno di potersi confrontare presto con quelle creste ardite che si allineano da questa stupenda prospettiva. Asx appare il bacino di Scais e a dx la piana di Armisola dove transiteremo quando sarà conclusa la lunghissima cresta che stiamo percorrendo e che si srotola magnifica alle nostre spalle partendo dal Rodes. Ora ci attende un tratto di cresta ghiaioso e di grossi blocchi pietrosi quasi orizzontale che terminato, per erbe, ci porterà sulverde cocuzzolo di Punta della Pessa(q.2470, h 11.30). ora ci attende una discesa su pietraia dove la traccia scompare e quindi seguiamo la direzione imposta dal terreno e dalla cresta che stiamo provando a seguire. Incontriamo un tratto accidentato tra grossi lastroni e dentelli che dobbiamo arrampicchiare. Una crestina un poco accidentata ci accompagna infine sulla Punta Campione(q.2280,h 12.30 ) dove ci facciamo l’ultimo selfie e salutiamo la grande cresta ormai alle spalle, preparandoci all’ultima discesa. Una fascia rocciosa a dx impedisce la via diretta e allora con un ampio semicerchio vs sx superiamo l’ostacolo e ci ritroviamo al colletto dove non resta che penosamente traversare per riportarci al sentiero che scende nuovamente da dove ieri siamo partiti. Nuovamente per ripidi pendii e scomodi traversi cerchiamo la via migliore esplorando il terreno e i ricordi e finalmente dopo aver riguadagnato il sentiero nel fondovalle ed aver ammirato nuovamente la quiete e la bellezza dell’Alpe Armisola, torniamo per le 15 all’Alpini. Grazie Billi…alla prossima per la parte più intrigante e tecnica della cresta. W le scarpe sandalo quechua..che come tutti i prodotti che funzionano…non sono più in produzione…20 euro le avevo pagate!!
Foto 1 cresta dal Rodes foto2 la grande cresta foto3 passaggio delicato
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