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   Translagorai, 29/07/2021
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Onicer  oscarrampica   
Gita  Translagorai
Regione  Trentino Alto Adige
Partenza  Tassainairi  (1500 m)
Quota arrivo  2600 m
Dislivello  4000 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  vari
Attrezzatura consigliata  tenda e da escursionismo prevedere 4/5 giorni per la traversata completa
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento L’improvvisa chiamata di un’amica mi catapulta nella dimensione delle ferie. Anno strano post pandemico in cui la forzata interruzione dell’attività alpinistica ha provocato un raffreddamento delle mie relazioni montane e conseguente calo dell’entusiasmo pianificatore. Molti amici si sono un poco ritirati dalla scena, altri li ho un poco persi di vista e sento che manca un poco della complicità che rendeva favoloso sognare e progettare avventure fra i monti. Anche i lavori in soffitta hanno anestetizzato i miei pensieri d’alta quota. Mi dice (l’amica) che il figlio le ha chiesto come regalo di fine anno scolastico di poter fare un’ escursione sui monti con me e mio figlio Giona suo amico e coetaneo (ragazzi del 2005). Oltre alla condivisione della bellezza della proposta mi balena immediatamente in mente di aver messo via info sulla translagorai e che potrebbe essere una proposta interessante da proporre. Detto fatto il progetto diventa concreto e inizio a raccogliere informazioni e passiamo alla fase progettuale trattandosi di una traversata, che decidiamo di fare con la tenda, lunga circa 80 km e con un dislivello di circa 6000 mt. Sarebbero 4/5 tappe. Quando ci avviciniamo al periodo di fine giugno scelto per la partenza, un problema di tipo psicologico, dell’amico di Giona, sembra far saltare tutto ma un colloquio insieme dissipa le ansie e le nubi nere e stipulato con lui il motto VCV (vada come vada) decidiamo insieme per il progetto globale senza accorciamenti per la felicità mia, sua e della mamma che resta incredula di fonte al coraggio tornato a manifestarsi nel figlio. Bello. Si parte con data di partenza fissata alle 18 dopo un appuntamento del ragazzo e ritorno entro domenica per la somministrazione del vaccino. Ci stiamo un poco stretti ma decidiamo di provarci, fedeli al VCV. Faremo 4 tappe di 20 km l’una e da 1500 m di dislivello/die. Magari ce la facciamo. Alla sera del 22/0672021 partiamo dalla Piana Padana e per guadagnare tempo andiamo a dormire in una casetta in Val Vanoi. Con poco meno di due ore d’auto e alzandoci alle 4 del mattino, alle 7 del mattino, siamo pronti a lasciare il park del campo di calcio di Palù del Fersina( q. 1500) e seguendo il sentiero sul greto del torrente omonimo, cominciare la nostra avventura puntando alla prima tappa del Lago di Erdemolo. Abbiamo cercato di ridurre al minimo i pesi e ci dividiamo la tenda a 2/3 posti che sarà la nostra casa. Io mi tengo lo zaino più pesante ma partiamo allegri e fiduciosi. Raggiunto il Maso Lenzi entriamo nei prati e per un magnifico bosco di larici verdeggianti, cominciamo a salire decisamente nei prati dorati di sole verso l’azzurro del cielo. Alle 8.15 raggiungiamo i 2000 mt del lago dove facciamo sosta per riempire le borracce d’acqua e goderci la bellezza del luogo. Mezz’oretta più tardi riprendiamo a salire con belle viste sul lago e pestiamo la prima neve per raggiungere il Passo del Lago( q,2215,h9.15) da dove vediamo le cime del Flavort e del Gronlait che avremmo scavalcato se fossimo partiti dalla partenza classica della Panarotta. Cominciamo ad ammirare il classico paesaggio dei Lagorai fatto di valli verdi e monti che s’inseguono a perdita d’occhio con il filo d’Arianna dei sentieri che li percorrono. Chiazze di neve qua e là rendono meno arido il paesaggio. Zoomo anche sul grande triangolo della Cima d’Asta che sorveglierà spesso dall’alto il nostrio incedere. Su e giù per creste e tocchiamo Forcella Cavè( q. 2185,h 10), ci avviciniamo alle cime Sette Selle e Sassorotto e 20 minuti dopo ci leviamo gli zaini a Forcella delle Conelle(q.2190). Ormai abbiamo accumulato quasi mille metri di dislivello e gli zaini sono diventati pesantissimi,un piacere sedersi o levarseli di dosso. I ragazzi sono stanchi ma li rincuoro ricordandogli che ormai avremo solo saliscendi e che il massimo del dislivello l’abbiamo ormai alle spalle. Saliamo in un ‘altra mezz’oretta alla F. lla di Sassorotto(q. 2250) e per grandi pietraie di porfido prima e poi per un grande e morbido nevaio, iniziamo la discesa verso il Rifugio Sette Selle( q.1980, h11.30). Facciamo pausa e pranzo complice anche la grande fontana dove io mi faccio praticamente il bagno e il pediluvio. Alle 12.15 ripartiamo in salita verso il Passo dei Garofani (q.2160) che raggiungiamo 20 minuti dopo. Gio si piega sulla schiena, ormai la fatica si fa sentire. Si apre un nuovo panorama verso la Cima di Conca e il Monte Palù che dovremo circumnavigare dopo esser scesi al Passo Palù (q.2070,h 12.45 dove notiamo un nuovo bivacco probabilmente da poco costruito. Risaliamo e poi scendiamo al Passo Cragnon di Sopra (q.2120,h 13.30). Tornano i sorrisi perché abbiamo guadagnato tempo su una fantomatica tabella di marcia che ho trovato sul Web. Prendiamo un sentiero in piano che passando sopra la Malga Cragnon e la bellissima conca prativa, ci permette di fare meno dislivello(ormai la parola d’ordine è risparmiare energie…) per puntare poi alla breve risalita vs il Passo Cadin dove ci abbandoniamo sulle erbe per un altro meritato riposino( q.2100,h14.30). Passo Manghen h 2.20 è il prox obiettivo passando poco prima da un bivacco dove valuteremo le nostre condizioni e il meteo. Ripartiamo mantenendoci in quota fra boschi,rocce e valli giungendo dopo una svolta in vista del Bivacco Mangheneto che molto bello ci accoglie frale sue braccia di legno(q.2080, h17). Ci fermiamo una mezz’oretta e visto che il tempo sembra tenere decidiamo di ripartire e rispettare il programma originario che prevedeva di provare ad arrivare al lago delle Buse. Il passo Manghen sembrava vicino, in realtà dobbiamo risalire faticosamente diverse gobbe del bosco e le imprecazioni di Fil si sprecano. Giona non ha più energie per lamentarsi e quando sbuchiamo in cima al bosco sopra l’asfalto nuvole minacciose danzano sopra di noi e ci benedicono di pioggia. Corriamo al rifugio Manghen e ci ripariamo all’ingresso dai goccioloni che comunque ben presto finiscono. Aspettiamo quasi un ‘oretta e poi visto che il tempo sembra schiarirsi decidiamo di percorrere il sentiero che parte dal rifugio e in mezz’ora ci porterà al lago. Passiamo sotto un magnifico larice reso ligneo dal fulmine e denominato l’Eterno e poco dopo riprende a piovere improvvisamente. Il cielo si è richiuso e quando arriviamo nella radura che ospita il lago ormai soffia un vento di bufera e piove fortissimo. Nel tempo di togliere gli zaini e provare a montare la tenda scoppia l’inferno e tuoni e fulmini c’investono. Sotto una pioggia terribile riusciamo a montare la tenda. Io mi ci butto subito dentro per tenerla ferma mentre i ragazzi lottano all’esterno per non far volare via il telo di protezione e poco dopo siamo tutti e tre gocciolanti e spaventati a cercare di isolarci sedendoci sui materassini in un frastuono assordante e pauroso. Lampi e tuoni ci tormentano per un quarto d’ora e poi una strana luce c’incuriosisce. Giona dice che è il sole oppure una luce divina. Aspetto un poco e poi mi azzardo a guardare fuori: ad ovest è schiarito e la luce del sole ci raggiunge rendendo irreale l’ambiente fra nuvole nere e luce che rimbalza ovunque. Usciamo ci dividiamo i compiti fra cucinare, recuperare acqua al lago e stendere tenda e vestiti ad asciugare. Tuttosommato possiamo benedire questo ultimo sole di giornata che ci permette di rimettere più tardi in piedi la tenda quasi asciutta come i nostri abiti. Ceniamo felici e bagnati e per concedere una notte tranquilla ai ragazzi io dormo fuori sotto le stelle che mi terranno compagnia per tutta la notte insieme ad un poco di freddo vista l’umidità del terreno e i vestiti ancora un poco bagnati. Ma la luce del sole scalda presto il nostro angolo di paradiso e gli occhi si aprono volentieri alla nuova contemplazione. Muoversi fuori dal sacco alla ricerca di movimento e calore è decisamente piacevole e inizio con brio la nuova giornata. Traffico e sistemo un poco il materiale appeso e steso un poco ovunque e poi chiamo i ragazzi che ronfano nella tenda anche se sono da poco passate le 6. Prepariamo la colazione, smontiamo la tenda, la mettiamo ad asciugare e rifacciamo gli zaini cullati al sole che ci scalda in un ambiente magnifico. Il sentiero ci passa accanto e alle 8.15 siamo pronti a ripartire…quasi in forma. Ci alziamo sopra il lago e la sua bella conca avviandoci verso le cime Todesca e della Ziolera anche se la neve ci confonde nel seguire la traccia e finiamo per salire a caso un ripido pendio che ci riporta in cresta sul sentiero giusto ma poi siamo costretti ad aggirare un’insidiosa lingua nevosa con delicato passaggino finale roccioso. Ora ci siamo lasciati alle spalle l’imponente e appuntita cima Ziolera e traversiamo su e giù fino ai 2250 mt. della F.lla Ziolera( h 9.30). Poi ancora traversiamo per creste e ad un cdrto punto la vista si apre verso nuove valli e le Cime Stellune e delle Buse. Uno scatto con i ragazzi piegati sulle spalle dal peso degli zaini fotografa la nostra situazione poco dopo la partenza ma si va avanti e una discesa ci conduce alla depressione della Forcella del Becco sotto l’imponente ed appuntita Pala omonima( q.2250, h10). Ora la aggireremo verso sinistra aprendoci su nuovi orizzonti e sconfinati pianori. Arriviamo al Pian delle Fave 15 minuti dopo, ogni cartello è buono per fermarsi in pausa. Gio appare veramente provato e con Filippo ci dividiamo parte del suo carico per alleggerirgli lo zaino. Un nuovo strappo ci porta a salire a F.lla Montalon verdeggiante nel contrasto con l’azzurro del cielo. Filippo davanti io in mezzo a rincuorare Giona che sembra sul punto di cedere. Arriviamo in forcella( m.2130) alle 11. Ripartiamo poco dopo tra erbe e pietre la nostra circumnavigazione fino ad approdare alle Laste del Montalon che a noi appaiono come grandi nevai che c’introducono al passaggio sotto la cima delle Stellune e sopra l’omonimo lago che occhieggia blu più in basso. Traversiamo a lungo la conca riempita di neve tagliando in quota con un ampio giro a semicerchio e poi continuando la nostra navigazione verso destra approdiamo alla Forcella di Valsorda( m. 2250, h 12,30). Ripartiamo di rabbia e seguendo il passo svelto di un vecchio dagli enormi polpacci definiti che colpisce l’immaginazione dei ragazzi, tra pietre e pietroni, guadagniamo in una ventina di minuti la successiva F.lla di Moena( m.2300). Tira molto vento e decidiamo di proseguire sul sentiero “per esperti” in direzione di F.lla Lagorai per trovare un riparo e fare pausa pranzo. Ci sediamo fra neve e grande pietre e mangiamo craker e noccioline e cioccolati vari. Poi subito dopo il nostro procedere è bloccato da un canalone nevoso apparentemente troppo ripido e duro per essere percorso senza rischi eccessivi. Provo a traversarlo senza successo e allora lo risalgo fino alle rocce che poi sono un poco più abbordabili fino a ricondurre al sentiero che esce dalla neve dall’altra parte. Dico ai ragazzi se se la sentono di ripercorrere le mie tracce ma li vedo poco convinti e allora consultando la carta, escogitiamo un giro alternativo per raggiungere il laghetti del Lagorai da sotto anziché scendervi dalla forcella dove saremmo dovuti arrivare. L’invitante bella e verdeggiante Val Moena si apre e s’allunga sotto di noi e resistendo alla tentazione di scendervi direttamente per pietre, torniamo alla f. lla di Val Moena e per sentiero scendiamo con belle viste sul Lago delle Stellune, su enormi massi di porfido che ribattezziamo i dadi dei giganti, e prima di arrivare ai prati anche per un lungo nevaio sul quale scivoliamo velocemente. Alle 14.30 apriamo la porta della stamberga chiamata Baito delle Stellune(m.1930) dove troviamo riparo dalla calura e dalla stanchezza. Io attraverso il primo momento di crisi della traversata e mi sento con la testa gonfia come avessi salito un 4000 e mi preoccupo un poco. Dopo un poco decido di uscire e mi isolo per un bisogno che risolleva completamente le mie sorti. Propongo allora ai ragazzi di ripartire per affrontare la micidiale salita a F.lla del Valon che ci porterà nella Valle dei Laghetti. Restiamo 1 ora e un quarto e poi riprendiamo la severa salita sotto un sole che picchia guardando dall’altra parte della valle il Cimon Busa della Neve col canalone che ci ha respinto. Gli ultimi metri sono veramente duri e ripidi, un vero e proprio strappo ma esattamente 1 ora dopo siamo al valico( m. 2275). I ragazzi si abbandonano sul verde esausti ma con bella vista sul lontano Lago dei Lagorai. Noi prendiamo la destra e scendendo ancora per nevai, raggiungiamo una località detta Vallon( m. 2100,h 17) dove un cartello ci avvisa che manca solo mezz’oretta ai laghetti. Ci riprende l’entusiasmo e prendiamo a salire per la valletta che sembra custodire i laghetti a giudicare dalla forma d’invaso e dall’acqua che vi scende ma il sentiero si perde e nasconde nelle acque, finchè urlo a Giona,rimasto più in basso di provare a vedere più a sinistra e difatti poco dopo ci avverte di aver trovato un altro cartello e il sentiero. Alle 17.45 dopo vari belli spiazzi incontrati salendo approdiamo sulle rive di un fiume così bello da sembrar d’essere in Canada. Acque scintillanti, pietre, e ciuffi d’erba verde e secca che formano il greto di questa valletta. Altri devono aver apprezzato il luogo tanto che troviamo tre lati di un muretto costruito attorno an bel praticello e che decidiamo subito all’unanimità che diventerà il posto dove erigeremo la tenda. Siamo veramente felici. Luogo idilliaco e tappa terminata in buon orario. I ragazzi si dedicano subito a montare la tenda e poi mentre si riposano un poco io salgo a vedere dove stanno i laghetti ma senza arrivarci. Mi gusto comunque un fantastico bagno di sole arancione che riappare oltre le creste e inonda tutte le rocce di caldissima e dorata luce. Ceniamo con le solite buste scaldate al fornellino e poi organizzo un falò dando fuoco ad una pianta caduta trascinata sul fiume. Le luci si spengono e mentre i ragazzi si ritirano io resto ad osservare il fuoco allargarsi e poi spegnersi. In silenzio raggiungo nel sonno i miei piccoli compagni. Dormiamo come sassi e alle 7 suono la sveglia. Colazione a base di thè e biscotti, poco zucchero e poi siamo pronti al terzo giorno di marcia. Alle 8 le procedure di impacchettamento degli zaini sono concluse e nel clima rigido e ombroso della nostra valletta, siamo pronti a ripartire. Alle 8.20 il sole supera la barriera di porfido e ci raggiunge con le sue calde carezze. !0 minuti dopo raggiungiamo la conca semigelata che ospita i Laghetti dei Lagorai, in parziale disgelo. Le pareti circostanti chiazzate di bianco si riflettono nelle blu acque regalandoci visioni indimenticabili e foto bellissime. Ora bisogna puntare alla F.lla e decidiamo per quella di sinistra che raggiungiamo faticosamente per neve piuttosto duretta e per scoprire che invece era la depressione a destra quella dove dovevamo approdare. Traversiamo sempre con attenzione fra rocce e neve e caliamo a F.lla Lagorai(m. 2370, h9). Pausa. Stupenda vista sull’innevata Cima d’Asta e consultazione della carta per capire dove procede il sentiero che si perde fra le pietre e sotto la neve. Inizia ora un traverso accidentato per pietre e nevi senza più trovare tracce del sentiero e senza molte evidenze per poterlo intuire. Sopra di noi una bastionata rocciosa che va superata ma non s’intuisce dove. Giriamo a vuoto ormai da un ‘ora e mezza fino a quando dico ai ragazzi di sedersi ad aspettare e dopo aver usato la carta per stabilire la nostra posizione rispetto ai monti di fronte,mollato il pesante compagno di viaggio, punto deciso e leggero a risalire il vallone pietroso che si alza oltre le nevi e va a finire contro la lunga bastionata rocciosa. Salgo verso il punto che sembra più basso ma anche più verticale e dopo belle foto alla conca dei laghetti rinvengo dei segni sulle pietre: il sentiero correva molto più alto e coperto dalla neve era invisibile. Entusiasta scendo a corse dai ragazzi e ci rimettiamo a salire in verticale. Salgo veloce e alle 10.45 il mio sguardo plana e spazia sull’enorme altipiano innevato oltre Forcella delle Sute(m.2520) raggiunta con un breve tratto atrezzato con scalette metalliche. Poco dopo il coro ammirato e l’”ooohh” di sorpresa dei ragazzi alla vista, rompe il mio silenzio di contemplazione. Si è aperto un nuovo mondo e le Dolomiti lontane si aprono davanti a noi. Oltre le cime lasteolo e Litegosa che rappresentano i nostri prossimi obiettivi, i profili da sx a dx di Latemar,Catinaccio,Sassolungo,Piz Boè e Marmolada…e anche il Sass Maor. Ultime foto ai laghetti bellissimi da quassù, incastonati come zaffiri e circondati dalla pietraia coperta di neve che tanto tempo e fatica ci è costata. Ora procediamo a vista perdendo da subito la speranza di poter seguire i segni nascosti sotto la neve e cerchiamo di seguire i saliscendi della cresta dovev talvolta riappare la traccia che ci conduce fino alle tante grotte di Forcella dei Pieroni( m.2440, h 11.30). Continuiamo a scendere l’innevato versante nord del Cimon de le Sute e poi puntiamo in direzione di Cima Formion, abbassandoci troppo sotto Cima Lasteolo ma è del resto quasi impossibile intuire dove passi il sentiero sotto la neve. Ci rialziamo quindi verso la cresta e godiamo di una stupenda immagine delle Pale di San Martino e ora la direzione sembra più logica verso il grande valico di Cima Litegosa. Continuiamo a traversare tra pietraie e ampi nevai che per fortuna sono poco inclinati e talvolta ritrovando il sentiero in un incedere faticoso. Superiamo l’ennesimo nevaio raggiungendone la crepaccia terminale contro la parete e percorrendone l’incavo con alcuni passaggi suggestivi fra ghiaccio e roccia. Quando ritorniamo sul sentiero il valico sembra ormai a portata di mano ma ad una svolta appare l’ennesima lingua nevosa che scende dall’alto e scende troppo per essere aggirata. Un poco preoccupato l’affronto e gradino l’attraversamento fino ad un masso a tre quarti del percorso. Purtroppo constato che è traballante e avverto i ragazzi. Oltre, negli ultimi metri, la neve è meno dura e dico ai ragazzi di venire con calma e attenzione. Giona attraversa seguito da Fil e mi raggiunge. Quando Fil arriva nei pressi del masso, invece di raddrizza e fa per fare l’ultimo passo per raggiungerlo ma perde l’equilbrio e cade. Mi terrorizzo per le possibili conseguenze della lunghissima scivolata ma per fortuna cdendo afferra il sasso che, caricato dall’alto, non viene trascinato nella caduta ma la blocca. Un attimo dopo bianco in volto osservo Filippo, allegramente raggiungerci. Ancora pochi passi e siamo al valico sotto le ardite placconate della cima Litegosa che simili al Pinnacolo di Maslana sfidano l’azzurro del cielo. Sono le 13.45 ma chiedo ai ragazzi di pazientare perché questa non è Forcella Litegosa e il bivacco-pausa ci aspetta solo dopo la lunga discesa. Dall’altro lato del valico intuisco dove possa trovarsi il bivacco e la probabile forcella che si trova parecchio più in basso. All’orizzonte la Cima Cauriol e dietro ancora parecchio innevata la scura sagoma della Cima Cece, precede stagliata sullo sfondo, la Marmolada. Ma ora dobbiamo puntare alla triangolare cima del Frate che nasconde fra le sue pieghe il nostro riparo. Un ultimo sguardo al bellissimo e vasto altipiano innevato appena traversato e all’ultimo pericoloso traverso e poi ci gettiamo in discesa fino ad arrivare a Forcella Litegosa (m. 2260, h 14.30). risaliamo per 5 minuti fino al bel bivacco costruito nella montagna e ci liberiamo degli zaini per fare il nostro pranzo. Un forte vento e nuvoloni neri annunciano il preannunciato temporale pomeridiano di cui però non trovo più riscontro su 3b meteo. Ricevo la telefonata di Toto sulla chiamata del Crema per jari e dopo un poco d’indecisione dovuta al meteo, alle 16 decidiamo di partire e scendere vs Passo Sadole. Traversiamo nella Busa del Castel e dopo esserne usciti, fotografo Giona piegato sulla schiena e anche dopo appare sfinito. Appare la cima del Cauriol e sempre in discesa, raggiungiamo il passo (m. 2050, h 17.15). I ragazzi mi sembrano stanchissimi ma cerco di motivarli dicendo loro che se facciamo l’ultimo sforzo vs il Bivacco Coldosè dato a 3h e ½, ritorniamo clamorosamente in corsa per completare la Translagorai. Giona non se la sente mentre Filippo vorrebbe provarci. Alla fine lo convinciamo promettendogli di fermarci in tenda prima della forcella qualora non ce la facessimo proprio più. Del resto scendere vs Malga Sadole o il Rif. Cauriol ci dirigerebbe verso il cielo minaccioso e nero che incombe sulla Val di Fiemme. Non facciamo che pochi passi quando Giona si ferma con un epistassi che appare copiosa e che tamponiamo con fazzoletti. E’ il segnale di resa e Giona ha già invertito il senso di marcia. Nel mio animo passo dall’euforia alla delusione…ma non rimaneva altra scelta. In silenzio tutti e tre scendiamo ognuno preda dei propri pensieri fino a quando trovata una macchia di neve faccio fermare Giona per fargli dei tamponi gelati. Riprendiamo poi a scendere per un grande e in falsopiano sentiero costruito a selciato fino a quando imbocchiamo una scorciatoia che scende più rapida per il bosco. Alle 19 siamo ai 1800 mt del Baito del Marino che ci appare troppo spartano come posto tappa e allora riprendiamo a scendere e mezz’ora dopo entriamo nello stupendo prato di Pian delle Maddalene, cento metri di dislivello più in basso. Il cielo è grigio, ma non sembra minaccioso e invece improvvisamente comincia a piovere lentamente e poco dopo violentemente tanto che corriamo sotto un boschetto di abeti a ripararci. Facciamo appena in tempo ad estrarre dal mio zaino il telo copritenda che scoppia il temporale con lampi e tuoni. Prendiamo allora anche i materassini sia per ripararci che per isolarci dal terreno. Il telo della tenda si bagna e comincia a gocciolare un poco ovunque e allora Fil dice che forse è meglio uscire. Aspetto un poco che plachi e sollevo il telo osservando divertito che c’è grandine da tutte le parti e pare abbia nevicato. Ci rintuzziamo nuovamente sotto il telo e aspettiamo che passi la buriana. Poi scendiamo a Malga Sadole dove veniamo accolti come profughi da Silvia che ci permette di usare un riparo in legno per montare la nostra tenda e che poi ci offre uno spuntino oltre al tè che avevamo acquistato. Mentre montiamo la tenda e stendiamo i nostri abiti ad asciugare, il cielo s’imbroncia di nuovo e inizia nuovamente a temporalare e piovere che Dio la manda. Cuciniamo col nostro fornellino e passiamo la notte in tenda sotto il riparo provvidenziale vista la non tenuta del telo impermeabile della tenda. La mattina facciamo colazione coi prodotti caseari e dolci della malga e ringraziando per la cortesia facciamo amicizia con tutto lo staff e il proprietario della Malga. Persone splendide per natura e che poi hanno scelto di fare dell’accoglienza uno stile che scalda il cuore. Poi usciamo al sole e dopo un bella toilette alla fontana, ci mettiamo al sole stesi nei prati fra le mucche a decidere come impegnare il tempo che ci manca fino alle 15 del pomeriggio quando Piero verrà a recuperarci a Ziano di Fiemme per riportarci al pulmino lasciato in Val dei Mocheni. Riniunciamo a salite extra (un cartello-tentazione indica Biv. Coldosè a 3h!) e bighelloniamo tutta la mattina fra prati boschi pisolini e torrenti raccontandoci i giorni trascorsi nella bellezza di una natura incontaminata.
Foto1 sorrisi al Lago Erdemolo Foto2 noi tre al Passo Cadin Foto3 passaggi nella crepaccia prima di Cima Litegosa
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