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   Point de la Pierre, 01/02/2015
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Onicer  Pierpaolo      
Gita  Point de la Pierre
Regione  Valle d'Aosta
Partenza  Pila (AO)  (1860 m)
Quota arrivo  2653 m
Dislivello  830 m
Difficoltà  MS
Esposizione in salita  Nord-Ovest
Esposizione in discesa  Nord-Ovest
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Farinosa
Altra neve  Farina pesante
Rischio valanghe  3 - Marcato
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Buono
Commento Nuovamente in Valle d'Aosta, nuovamente sugli sci, nuovamente a Pila. Del resto, la zona ci ha dato finora soddisfazioni in senso scialpinistico: è a pochi passi da Aosta e la sua esposizione a nord garantisce un ottimale mantenimento della neve in questo periodo. Perché non tornarci ancora perciò? Stavolta ce ne stiamo a destra, puntando la Point de la Pierre, su un percorso che evita completamente le piste. L'inizio è semi pianeggiante, attraverso un bel bosco incantevole e innevato. Se ne esce temporaneamente nei pressi della seggiovia Grimondet, per poi proseguire ancora una volta in falsopiano per un breve tratto. Le pendenze a questo punto aumentano per raggiungere le baite Chaz Liautaysaz. Finora la salita è stata comoda e agevole su traccia ben battuta da ciaspolatori, ma da qui in avanti, un po' a sorpresa, notiamo che tale traccia prende un'altra direzione e non la nostra. Il percorso dovrà dunque svolgersi su neve intonsa, tutta da tracciare. Rallentando per ovvi motivi proseguiamo, ma ci si para davanti un'incognita: la via di salita prevista dalle relazioni dovrebbe passare attraverso una rampa piuttosto ripida, al cospetto degli scoscesi e carichi di neve pendii della Point de la Pierre. La cosa ci rende piuttosto dubbiosi, cosicché decidiamo per una deviazione attraverso il bosco, allo scopo di accedere alla cresta finale in un punto meno ripido e pericoloso. Con la consueta fatica dettata dal muoverci in accumuli di neve importanti avanziamo, ma con il passare del tempo cresce gradualmente in noi un certo scoramento, perché l'accesso alla cresta sembra molto più lontano di quanto potesse sembrare. C'è solo bosco, bosco e ancora bosco. A tratti letteralmente annaspiamo nella spessa coltre bianca e questo ci fa apparire le rimanenti distanze come incolmabili, al punto quasi di indurci a gettare la spugna. Ma non ci diamo per vinti e continuiamo nell'arduo incedere, quantomeno per vedere che sembianze ha la zona dove la vegetazione termina. Sappiamo infatti che là dovrebbe esserci l'incrocio con la traccia proveniente dalla frazione di Ozein. Si ma, dove diamine è? È questo che più volte ci domandiamo. Poi, finalmente, ecco apparire la fine del tunnel. E quella comoda, comodissima, traccia battuta. Per risparmiarci quei quattrocento metri in più di dislivello rispetto al percorso proveniente da Ozein, abbiamo fatto una fatica tripla. Compreso con rassegnazione l'errore, è tempo di sterzare a sinistra e di puntare la già visibile cima. Il bosco ora è già un ricordo, la vista qui si perde in spazi molto più aperti e punta soprattutto allo scenografico Grand Nomenon, una sorta di Cervino in miniatura. Nel frattempo, man mano che si sale è il vento a farla da padrone. Il sole non manca, ma le raffiche ci fanno rabbrividire. Nonostante le pendenze a tratti sostenute, la progressione si fa più regolare e così arriviamo in vetta, abbastanza sorpresi di avercela fatta, visto che le cose non si stavano mettendo per il meglio. Tramutato il nostro assetto nel più breve tempo possibile per evitare di congelare, scendiamo attraverso i grandi pendii di questa montagna su neve di buona qualità, dubbiosi però sul da farsi. Di tornare nel bosco non se ne parla neanche, visto che probabilmente ci toccherebbe anche ripellare. Sfioriamo perciò l'idea di scendere a Ozein, come tutti gli altri, ma è l’idea di dovere fare l’autostop e di prendere la cabinovia diretta a Pila a frenarci. Troppo complessa la cosa. L’unica soluzione ci pare perciò essere quella di tentare la discesa da quel tratto ripido scartato in salita. Ci avviciniamo dunque alla cresta e iniziamo a scendere dal versante opposto, quello affacciato a Pila, con circospezione. La neve qui cambia consistenza ed evidenti sono gli effetti del vento che l’hanno resa più crostosa. Il primo pezzo sembra privo di rischi, ma è solo un’illusione: ben presto ci affacciamo al cospetto dei temuti pendii, carichi decisamente di neve. Cerchiamo allora di svignarcela, stando quanto più possibile lontani da essi, in prossimità del bosco. Le pendenze sono sostenute, ma la discesa non è difficoltosa perché nel frattempo la neve è tornata ad essere farinosa. Siamo ora in un’area fitta di vegetazione e dobbiamo fare letteralmente lo slalom fra alberi e arbusti. Lontani ormai dai pericoli, proseguiamo la discesa che in alcuni punti è “powder style”, in altri è un faticoso annaspare, dove la pendenze diminuiscono. Si alternano così momenti di piacevole sciata in neve farinosa, in altri dove è la stessa a frenarci molto. Nell’ultimo tratto si trasforma poi in una sessione di sci di fondo, complice le pendenze nulle. Terminiamo così l’escursione stravolti e straniti, per una scialpinistica che ci ha sorpreso sia positivamente che negativamente. Troppa complessità incontrata, troppi rischi presi, troppo bella la neve e la parte alta dell’itinerario. Da pensarci e da riflettere…

Foto 1: nei pressi della cresta finale
Foto 2: sferzati dal vento
Foto 3: in vetta
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