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   Monte Golfen, 09/02/2014
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Onicer  Pierpaolo      
Gita  Monte Golfen
Regione  Trentino Alto Adige
Partenza  Dobbiaco loc. Franadega (BZ)  (1590 m)
Quota arrivo  2483 m
Dislivello  924 m
Difficoltà  MS
Esposizione in salita  Sud-Ovest
Esposizione in discesa  Sud-Ovest
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Farinosa
Altra neve  Farina pesante
Rischio valanghe  2 - Moderato
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Buono
Commento L'ultima volta che abbiamo varcato i confini lombardi per effettuare un'escursione eravamo ancora quasi in maglietta e pantaloncini. Dopo diversi mesi l'occasione di emigrare altrove si ripresenta in concomitanza all'ultima uscita del corso di scialpinismo della Scuola Orobica, di cui diligentemente seguiamo le orme nel vero senso della parola. Il canto del cigno va in scena in quel di Dobbiaco, alla volta di ciò che dovrebbe essere un tranquillo e sicuro Monte Golfen. Lo scenario meteorologico che si presenta al mattino poco prima della partenza è quello prospettato da giorni dalle previsioni, non ci sono perciò sorprese in tal senso: nevica e in modo piuttosto convinto. La strada di collegamento con la località Franadega, nostro punto di partenza, essendo coperta di neve, mette a dura prova tutto quanto il plotone di istruttore e allievi, particolarmente noi che essendo auto muniti di pandina a gas zavorrata da pesanti bombole non siamo propriamente nelle condizioni ideali per affrontare la salita, a tratti ripida, in queste condizioni. Riponiamo tutte le nostre speranze nelle gomme termiche e alla fine, quasi per miracolo pur con qualche inevitabile titubanza, riusciamo ad arrivare anche noi a destinazione. Dopo qualche secondo trascorso a venerare i miei pneumatici ci prepariamo e siamo pronti a iniziare la salita, che per noi è tutta quanta da scoprire. Il percorso nella sua parte iniziale si snoda fra tornanti nel bosco in un’atmosfera incantevole, con la neve fresca che ricama ogni cosa. Continuiamo l’ascesa immersi in spazi via via più aperti, ma il panorama che quassù dovrebbe essere superbo ci è negato dalla condizioni meteo avverse che non accennano a mollare la morsa. Con questa visibilità ridotta e quel poco che di conseguenza ci è concesso vedere, a momenti ho l’impressione di essere alle Torcole di Piazzatorre piuttosto che in Trentino, tali sono le analogie scenografiche. Giunti a un colletto posto poco prima del tratto terminale, un’effimera schiarita rende parzialmente avvistabile la vetta del Golfen. Di strada da fare ancora ne manca e senza sostare un attimo proseguiamo il cammino. Le pendenze a questo punto si fanno più sostenute e, proprio in concomitanza a questa impennata, inizia la mia lotta personale con lo zoccolo che impietosamente si forma e si fa sempre più abbondante sotto le pelli degli sci. Inevitabilmente sono costretto a rallentare il passo e osservo impotente come le persone davanti a me tendano a scappare via, senza la possibilità di riuscire a tenere un ritmo anche solo normale. Sui pendii più inclinati la mia progressione è lentissima, difficoltosa, ma non mi perdo d’animo perché il desiderio di arrivare in vetta è comunque tanto. Nel frattempo il meteo torna nuovamente a peggiorare e lo fa in modo serio, con intense raffiche di vento accompagnate da neve in stile bufera. La visibilità è praticamente nulla e nella solitudine della mia salita arrancante ciò che mi guida è solamente la traccia battuta che si riesce a scorgere fino a non oltre che qualche metro davanti a me. Qualcuno già scende e all’improvviso compare dal nulla, vengo incitato con la rassicurazione che la vetta è ormai prossima, ma sembra non arrivare invece mai. Poi d’incanto, quasi come un miraggio, compaiono croce e un nutrito gruppo di persone intente ai preparativi per la discesa. Metà dell’opera è fatta. Sfiancato dagli zoccoli che ho stramaledetto secondo per secondo e con una certa difficoltà perché ostacolato dalla tormenta, mi metto anche io in assetto da discesa. Pronti, via, non si vede un tubo. Non mi resta che affrontare il primo tratto più esposto e inclinato in modalità spazzaneve e a rilento, con l’impressione di fluttuare nel vuoto, in un ambiente a dir poco surreale. Superatolo senza quasi sapere nemmeno come, perdendo quota la visibilità aumenta gradualmente e la cosa fa, almeno per me, un’enorme differenza. Prendo così confidenza con la materia prima bianca che, essendo farinosa, è in ottime condizioni. La sciata si fa perciò divertente e godibile. Più in basso, tornati nel bosco, nonostante i miei limiti mi sento quasi un free rider. Salto e mi lancio nella neve come mai ho fatto in vita mia e comprendo così il perché gli scialpinisti cerchino tanto ardentemente la farina di qualità, com’è quella odierna. A un certo punto decidiamo di abbandonare la discesa diretta a favore della stradina tra i tornanti e anche qui le condizioni sono favolose, nonostante gli spazi ridotti si scia infatti bene fino al termine. Concludiamo quindi anche oggi un’altra escursione ben riuscita e soddisfacente! Un meritato plauso va alla Scuola Orobica perché, sebbene non direttamente coinvolto nei corsi, ho potuto constatare la loro competenza e passione. Ho apprezzato peraltro molto ogni aiuto e consiglio che mi è stato dato, pur non chiedendo nulla. Bravi tutti quanti!

Foto 1: sbucati dove la vegetazione è meno fitta
Foto 2: snowboarder alpinisti alle prese con la non facile salita
Foto 3: Dobbiaco o Piazzatorre?
Foto di e della vetta: non pervenute per meteo proibitivo :-)
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