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   Pala del Belìa (Moiazza): Via Penasa-Lise, 12/09/2015
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Onicer  Franz   
Regione  Veneto
Partenza  Passo Duran (1605m)
Quota attacco  1800 m
Quota arrivo  2200 m
Dislivello  400 m
Difficoltà  D / IV+ ( IV obbl. )
Esposizione  Sud
Rifugio di appoggio  Rifugio Carestiato
Attrezzatura consigliata  NDA. Martello consigliato per eventualmente ribattere i chiodi (noi l'avevamo, ma non è servito). Soste attrezzate. Friend, nuts e cordini visto che in via ci son pochissimi chiodi, max 1 o 2 a tiro.
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Bella via sul versante sud della Moiazza. Difficoltà basse, roccia ottima ed esposizione favorevole a sud ne fanno una via molto frequentata, anche dai corsi. In realtà più nota ad est che dalle nostre parti, dato che non si trovano molti report in rete. Con Mara in un bel sabato dal sapore autunnale, con temperature inizialmente frizzantine, ma con un’ottima temperatura in via. 4 cordate sulla Sorarù, eravamo in 2 sulla nostra. Qualche sovrapposizione alle soste, ma si arrampicava bene sui tiri, non dandosi fastidio.
Dal Passo Duran si segue il sentiero per il Rifugio Carestiato e poco prima di arrivare a questo, sentierino sulla destra da un tornante della strada, ci si dirige alla evidente Pala del Belìa. Sullo spigolo attacca la via Sorarù. Noi andiamo a sinistra nel canale che forma un evidente diedro. Si intercetta un primo chiodo arrugginito su una placca a destra.
L1 (40m, IV): si sale in diagonale verso destra puntando allo spigolo, incontrando una linea di spit di un’altra via. Sosta su 2 spit prima dello spigolo. Possibile sosta presso un pino verso sullo spigolo, in comune con la Sorarù. È anche possibile tenere la sinistra per un diedro-camino (visto un chiodo rosso) e ricongiungersi più in alto.
L2 (20m, III): si devia a destra per cengia e si rimonta il facile spigolo fino ad una sosta su chiodi e cordone.
L3 (40m, IV): si risale il bel camino appigliato e se ne esce a destra per giungere ad una sosta in una nicchia.
L4 (60m, III): si traversa a sinistra per poi rimontare prima per uno speroncino poi per una cresta tra zolle di erba. Possibile sosta intermedia su mughi.
L5 (50m, IV): bella placchetta liscia iniziale (chiodo), poi camino (possibile scegliere il ramo di sinistra, meno frequentato, qualche blocco instabile, ma che non si tocca).
L6 (50m, IV): seguire il bel camino verticale fino ad un terrazzo con una sosta a sinistra. Si prosegue su una placca liscia e poco appigliata e ci si alza nell’atletico diedro camino (2 ch.) per poi uscirne con spaccata a destra (se si prosegue dritti V).
L7 (30m, III+): dalla sosta si rimonta la verticale placca liscia (delicata) sotto il mugo e si piega a sinistra sotto degli strapiombi fino ad una sosta in una nicchia. La Sorarù si divide da questo tiro e va a destra (V+).
L8 (60m, III): si rimonta il canale-diedro stando al suo interno o sullo sperone alla sua destra su ottima roccia a blocchi, un chiodo all’inizio. Sosta ancora in comune con la Sorarù, che poi prosegue a destra.
L9 (50m, II): si sale a sinistra per paretine e zolle erbose puntando all’evidente diedro. Sosta su mughi.
L10 (40m, IV+): si rimonta il diedro con primo passo liscio (utile chiodo in alto a sinistra) e con progressione divertente in camino con la schiena per 20 metri fino ad una sosta a sinistra. Ora non si continua nel diedro, bensì ci si butta in piena parete a destra, liscia (IV), trovando un cordino marcio nascosto in una fessura, e proseguendo in un diedro poco accennato ed esposto. Sosta su due chiodi presso terrazzino erboso.
L11 (60m, III): appena a destra della sosta si prende un diedro poco accennato, ma ben appigliato che permette di giungere al grande cengione erboso sotto i tetti gialli sommitali. Si prosegue a sinistra assicurandosi anche ad una pianta fino a scavalcare uno spigolo giallo e arrivare alla base di un grande diedro/camino con due rami, il primo che si incontra.
L12 (30m, IV): si segue il ramo di destra con arrampicata divertente, fino a piegare a sinistra e ricongiungersi all’altro ramo. Sosta su clessidra.
Da qui non abbiamo proseguito: il camino sembrava un po’ umido e non se ne capivano le difficoltà (e nemmeno se eravamo sul giusto) che dovrebbero comunque essere sul IV+, per altri 50 m per giungere ai blocchi sommitali.
Proseguendo lungo la cengia alla base del camino, con traversata esposta (attenzione tratti bagnati) si giunge al sentiero della Ferrata Costantini e la si segue in discesa fino a piegare a destra (placche lisce da disarrampicare) sul ghiaione e poi al Rifugio.
Pare che i tiri del camino finale siano percorsi raramente e che in molti invece seguano la cengia a destra per andare a ricongiungersi alla Sorarù e agli ultimi due tiri (IV). Da qui discesa a sinistra ancora sulla Costantini o a destra per cenge e canali.

Foto 1: la via dai pressi del Carestiato.
Foto 2: la placca sotto il mugo di L7 (a sinistra la Penasa, a destra la Sorarù)
Foto 3: il bel diedro e la successiva placca di L10
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