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   Pizzo Scalino, 06/04/2014
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Onicer  Pierpaolo      
Gita  Pizzo Scalino
Regione  Lombardia
Partenza  Strada per Campo Moro (SO)  (1950 m)
Quota arrivo  3323 m
Dislivello  1350 m
Difficoltà  BSA
Esposizione in salita  Nord-Ovest
Esposizione in discesa  Nord-Ovest
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Trasformata
Altra neve  Farinosa
Rischio valanghe  2 - Moderato
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Trasferta valtellinese in quel della Val Malenco oggi, alla volta di una meta a lungo pensata, sognata, che per noi suona come un itinerario a cinque stelle: il Pizzo Scalino. Dopo averne tanto parlato, il momento propizio è giunto. Non possiamo perciò che essere carichi di aspettative, quelle aspettative che a loro volta ci caricano nel corpo e nella mente. Arrivati a Campo Moro, si pone il problema del parcheggio. Sembra infatti esserci il pubblico delle grandi occasioni, ma in fondo un po' ce lo aspettavamo. Del resto un percorso "così", in una giornata "così", non può che sedurre tanti scialpinisti ed escursionisti. Risolto il problema del posteggio e armati di tutto punto ci avviamo sci ai piedi fin dall'inizio, accompagnati da carovane di persone con lo stesso nostro scopo. In realtà questo affollamento sotto sotto oggi non ci dispiace, perché quando sai di alzare l'asticella delle difficoltà vedere che non sei solo ti porta ad avere meno timori nell'esplorazione dell'ignoto. Superati gli iniziali tornanti, ci immergiamo rapidamente negli spazi ben più aperti dell'Alpe di Campagneda. Questione di pochi altri metri e il Pizzo Scalino fa già meravigliosa mostra di sé, con la sua imponente e aguzza piramide. Sembra lì a un passo da noi, ma per farlo nostro è necessaria una laboriosa opera di circumnavigazione, passando per la porta sul retro. Prima tappa di questo accerchiamento, il Cornetto: un ripido e a quest'ora ancora ombroso pendio già brulicante di molti scialpinisti che da lontano paiono formichine, a cui in breve tempo ci aggiungiamo anche noi. Svolta numero uno, svolta numero due, svolta numero n tendente all'infinito. Con ripetuti zig zag guadagniamo quota, pur con qualche personale difficoltà nelle operazioni di cambio direzione, dettata dall'inesperienza. Ma se serve, metto la freccia, accosto, e lascio passare. Passa il tempo e la mente corre veloce al ghiacciaio, bramiamo di essere già li, di proseguire linearmente. La conclusione dell'erto pendio sa già di una mezza vittoria. Il sole e gli scenari sempre più grandiosi ci danno nuova linfa per aggredire affamati la seconda tappa del percorso, anch'essa non priva però di altri tratti ripidi che, complice anche la quota sempre più elevata, ci spaccano letteralmente il fiato. Avanziamo a passo piuttosto lento, ma è un problema comune visto che anche gli altri salgono alla medesima andatura. Insomma, non saremo dei maratoneti ma non è che d'improvviso ci siamo trasformati in tartarughe, abbiamo le nostre valide attenuanti eh eh! La cresta si avvicina, lentamente ma si avvicina. Per andare a prenderla c'è da sormontare un ultimo e inclinato strappo che ci fa vedere i sorci verdi, per via anche del caldo notevole acuito dalla totale mancanza di vento. Ancora uno sforzo e ci siamo anche noi. A questo punto è necessario un cambio tattico per portare a casa il risultato: vanno in panchina gli sci ed entrano in gioco ramponi e piccozza per la terza tappa. Forza, all’attacco! Superato un traverso ci si parano davanti ostiche e verticali roccette intrise di acqua per via della neve in fusione, anch’essa perciò in condizioni tutt’altro che ottimali. Triboliamo più del previsto per scardinare questo muro difensivo, aiutandoci con le mani, con la picca, con l’unico bastoncino rimasto superstite. Ma nemmeno questo riesce a fermarci, non resta che vincere l’ultimo breve pendio e… Goal, la vetta è nostra! Ci fermiamo ad ammirare estasiati il mega panorama che si può apprezzare a 360 gradi, reso ancora più estasiante dal sapore della conquista e dalla fatica per arrivare fin quassù. Vorremmo rimanere a lungo in cima ma c’è da scendere, con altrettanta cautela perché la neve, che è in formato granita, non dà una totale confidenza. Tornati al deposito sci e con la meta ormai in saccoccia, ci rimettiamo nell’assetto iniziale per affrontare la discesa. La neve nella parte iniziale è decisamente migliore di quella trovata in cresta, quasi farinosa. Io comunque me ne vado giù con il mio passo tranquillo da novello perché non mi va di rischiare nulla, particolarmente sul ripido pendio sotto il Cornetto che fortunatamente, rispetto alla mattina, non è più in condizioni gelate grazie all’effetto del sole. Perdendo quota la neve diventa chiaramente sempre più pesante ma comunque sciabilissima, anche nella parte più bassa dell’itinerario, grazie al fatto di essere pistata dai molteplici passaggi. Chiudiamo così una escursione scialpinistica che ha rispettato appieno le premesse iniziali, regalandoci una remunerativa salita sotto tutti gli aspetti e una buona discesa!

Foto 1: sotto la cresta... Quanta gente! E che cornici!
Foto 2: sul bellissimo tratto terminale, quasi in vetta
Foto 3: cima raggiunta!
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