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Cima di Grem, da Oneta, 02/03/2014 | Tweet |
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Onicer | Pierpaolo
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Gita | Cima di Grem, da Oneta |
Regione | Lombardia |
Partenza | Oneta loc. Plazza (BG) (923 m) |
Quota arrivo | 2049 m |
Dislivello | 1126 m |
Difficoltà | MS+ |
Esposizione in salita | Sud |
Esposizione in discesa | Sud |
Itinerari collegati | Cima di Grem (2049m), da Oneta |
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Neve prevalente | Trasformata |
Altra neve | Marcia |
Rischio valanghe | 3 - Marcato |
Condizioni | Accettabili |
Valutazione itinerario | Buono |
Commento | Dopo averlo calcato solamente con le pedule, oggi affrontiamo il Grem alla prima assoluta con gli sci. Per via di impegni mattutini ci presentiamo in quel di Oneta a un orario abbastanza indecente: troppo tardi? Ma si, tanto è un itinerario sicuro. Troveremo neve smollata? Ma si, tanto è un itinerario sicuro. Convinti di ciò, ci avviamo fin da subito con gli sci in spalla per una via direttissima che risale un erto prato e poi un melmoso sentiero, imbrattando all’inverosimile gli scarponi di fango. Dopo gli zoccoli di neve, è arrivato anche il momento degli zoccoli di fango. Bramiamo perciò ardentemente il sopraggiungere della neve non solo per calzare finalmente gli sci, ma anche per levarci di dosso l’ingombrante e indesiderato fardello marrone. Commutato il nostro assetto in uno più consono alla causa scialpinistica, affrontiamo la salita che nella sua affaticante pendenza non molla quasi mai. Prima baita, seconda baita, terza e ultima baita… Sorpresa! Non gradita, si intende. Ma si sale su per la pala?? A memoria, così come in base alle relazioni lette, avevo dato per assodato il fatto che la linea di salita seguisse la cresta ben visibile dalla baita verso sinistra. Ma quella cresta, in effetti, è spezzata nella sua parte alta da un’interruzione rocciosa. Per quello, ci diciamo, nessuno sale da lì. La cosa è inequivocabile: la pala è tormentata da tracce di discesa e salita, la cresta è assolutamente vergine. Non c’è dubbio su quale sia la scelta obbligata da tenere per andare su. Ma è la presenza di una grossa valanga non recentissima, posta appena a destra della via di salita, a destarci preoccupazione. Nel frattempo cala la nebbia nascondendo proprio la parte alta di tutto quanto il pendio, facciamo perciò una certa fatica a capire se quella slavina si sia staccata perché in cima ci sia un cambio di pendenza più marcato rispetto a dove invece si dovrebbe salire. Attendiamo una schiarita, ci avviciniamo con una certa titubanza fino a trovare le conferme che cercavamo. Siamo comunque intimoriti e avanziamo a una certa distanza gli uni dagli altri, per ridurre al minimo gli eventuali rischi. Il più in questo senso sembra fatto, ma nel proseguire rimaniamo doppiamente perplessi nell’arrivare al cospetto di una seconda pala che si collega all’anticima, ancora più inclinata della prima e con annessa valanga di fondo più recente posta stavolta a pochissimi metri della traccia di passaggio. Per qualche strano meccanismo che è scattato nelle nostre menti, indotto probabilmente dalla moltitudine di commenti letti che hanno sempre parlato dell’assenza di pericoli di questo itinerario, non ci fermiamo e proseguiamo l’ascesa. Ma bisogna ammettere che un po’ di paura l’abbiamo. E non potrebbe essere altrimenti, quando ti trovi a passare su pendio decisamente inclinato su cui soprattutto la neve è fratturata trasversalmente in più punti, di fianco a grossi blocchi di una slavina già scesa. Non è più questione di pareri soggettivi, in questo caso è la natura a parlare, a dirci che la situazione è al limite di una sicurezza che, considerate tutte le condizioni insite e al contorno, non c’è. E in quelle condizioni al contorno c’è il fatto che sia troppo tardi, a questo punto ce ne rammarichiamo. Ma ormai siamo qui, pedalare e via. Sormontato il pendio non ci rimane che percorrere la cresta per raggiungere la cima. Peccato solamente che non si veda praticamente nulla, immersi in una nebbia molto fitta che ci nega il panorama che da quassù sappiamo essere notevole. Toccata la croce di vetta facciamo subito dietrofront ma con cautela, senza togliere infatti inizialmente le pelli dagli sci per via dell’assenza completa di visibilità che rende arduo l’orientamento. Tornati alla pala alta, avvolta ora anch’essa nella nebbia, per capire dove andare ci viene in aiuto non solo il GPS, ma anche paradossalmente la neve rossa e impregnata di sabbia che è affiorata in seguito ai molteplici passaggi di chi ci ha preceduto. Basta seguire il rossore e non sbagliamo. Giunti dove ci sentiamo più al sicuro iniziamo a sciare nel vero senso della parola, su neve sempre più pesante man mano che si scende ma tutto sommato apprezzabile. A quest’ora e a queste quote non possiamo avere pretese, va bene così! Togliamo gli sci dove li avevamo messi, completando a piedi l’ultimo tratto utile a imbrattare nuovamente gli scarponi di fango, cosa che non ci nega però la contentezza di essere riusciti a portare a termine positivamente l’escursione, pur riflettendo su quanto questo inverno di abbondanti nevicate possa riservare insidie anche su percorsi che non dovrebbero essere a rischio.
Foto 1: la valanga di fondo scesa sulla pala sotto l'anticima, appena a destra della via di salita che presenta delle fratture trasversali al pendio nella neve Foto 2: quasi in cresta, avvolti nella nebbia Foto 3: in vetta, sempre nel nebbione |
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