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   Il Pizzaccio, 07/08/2016
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Onicer  Pierpaolo   
Gita  Il Pizzaccio
Regione  Lombardia
Partenza  Olmo (SO)  (1050 m)
Quota arrivo  2588 m
Dislivello  1550 m
Difficoltà  EE
Rifugio di appoggio  Bivacco Val Capra
Attrezzatura consigliata  Normale da escursionismo + caschetto
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Buono
Commento Percorrendo la strada statale che porta a Chiavenna è quasi impossibile non notarlo, apparendo come una piccola cuspide che svetta in mezzo a monti dalla mole più imponente. Vedendolo più volte, siamo passati dall’iniziale curiosità nel cercare di sapere di quale cima si trattasse all’idea di salirlo. Eccoci qui allora, il giorno del Pizzaccio è arrivato.
Posteggiata l’auto nel piccolo paese di Olmo (raggiunto percorrendo una strada colma di tornanti), ci avviamo salendo sopra l’abitato per poi immergerci in un arioso bosco, camminando per lungo tempo su pendenze modeste in direzione del piccolo e caratteristico borgo di Lendine.
Arrivati nei pressi delle abitazioni in pietra del borgo gli spazi si fanno ben più aperti. Sulla sinistra svetta il Monte Mater, inizialmente confuso con la nostra meta, e a destra il Pizzaccio.
Attraversato un torrente, pieghiamo a destra e su pendenze ben più sostenute guadagniamo decisamente quota, passando vicini al nuovo bivacco Val Capra che decidiamo di non raggiungere, preferendo andare più in alto verso il Passo Lendine.
Una volta giunti al Passo, voltiamo a sinistra e tra rocce e sfasciumi puntiamo l’ormai vicina cima, seguendo i bolli bianco rossi che ci hanno accompagnato fin dalla partenza. Purtroppo, complice l’assenza di segnaletica scritta, saranno proprio tali bolli a farci perdere del tempo, perché poco dopo il Passo Lendine ci condurranno in direzione del Passo della Forcola. Accortici dell’errore, siamo costretti a tornare indietro per riprendere la cresta che scende dalla cima.
Arrivati appena al di sotto di essa, per non sbagliare nuovamente strada facciamo fede alle informazioni reperite sul web che consigliano caldamente di puntare dritto verso la placca finale, piuttosto che farsi invogliare da un apparentemente più comodo intaglio posto in basso verso sinistra. In effetti facciamo bene, perché dopo un primo risalto scorgiamo alle spalle di esso un canaletto che tra erba e sfasciumi ci deposita dinnanzi alla succitata placca.
Le opzioni per raggiungere la vetta a questo punto sono due: andare dritti arrampicandosi sulla placca, oppure deviare a sinistra su una esposta cengia di collegamento alla cresta sud della montagna. Proviamo inizialmente ad attaccare la placca, ma pur essendo breve ci risulta un po’ troppo povera di appigli e appoggi, quantomeno sui primissimi metri. Facciamo così dietro front e andiamo a studiare in modo più approfondito la cengia. Parto io in avanscoperta e, dopo averla percorsa più volte avanti e indietro per capire la reale difficoltà di salita, decido di andare su inizialmente da solo, prendendo una piccola cengia posta appena sopra quella principale a circa metà di questa. Nonostante qualche difficoltà, riesco nell’intento di andare in cima e tornare da questa variante, ma una volta tornato da Susanna, la mia compagna di escursione, decido per sicurezza di percorrere interamente con lei la cengia principale per vedere se in fondo a essa la salita può risultare più agevole, visto che in effetti gli ometti sono presenti non solo sulla breve cengia secondaria da me percorsa, ma anche in fondo a quella principale. In effetti, al termine di questa, un breve canalino permette l’accesso alla altrettanto breve ma esposta cresta, che in pochi passi permette di ricongiungersi al punto della mia prima salita. A questo punto ciò che separa dalla cima è solo qualche metro di facile arrampicata, seguendo successivamente gli ultimi ometti fino alla croce di vetta.
La vista da quassù è grandiosa, ma siamo costretti a fare velocemente retromarcia perché tra errori e titubanza abbiamo perso molto tempo. Con la cautela d’obbligo ripercorriamo integralmente l’ultimo tratto di salita, stando sempre attenti a dove mettere mani e piedi, fin nei pressi del Lago Caprara. Da qui in avanti teniamo la destra e per un canale non difficile da scendere arriviamo direttamente al Bivacco Val Capra.
Dopo una breve visita al Bivacco, notiamo la presenza di un sentiero che scende verso valle proprio appena sotto di esso. In questo modo riusciamo ad evitare di ripercorrere il medesimo sentiero di salita fin quasi a Lendine.
Tornati al Borgo, non ci rimane che il comodo ma lungo sentiero attraverso il bosco per chiudere questa escursione piuttosto impegnativa, ma che ci lascia addosso la soddisfazione di avercela fatta per non avere gettato la spugna di fronte agli ultimi impegnativi metri.

Foto 1: simpatiche pecore sotto il Pizzaccio
Foto 2: Lago Caprara e Pizzaccio
Foto 3: in vetta

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