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GAMBADELEGN
Registrato: 05/02/09 15:09 Messaggi: 156 Residenza: ovunque il mondo non sia piatto
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Inviato: Ven Gen 21, 2011 8:50 pm Oggetto: "IO, ISTRUTTORE" - SECONDA PARTE |
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(un racconto a puntate liberamente non ispirato da Isaac Asimov)
Alla fine poi, ci si deve abituare: cose che capitano, se hai a che fare con gli allievi.
Che siano solo allievi o allievi istruttori: c’è sempre qualche brivido da cogliere!
Solo che dalla parte dell’allievo-solo-allievo, mica c’è la consapevolezza di chi “ti sta portando su”!
C’è la certezza di avere che fare con una specie di Semidio della montagna: uno che per diventare istruttore chissà che esami, corsi, selezioni stile ammissione nel corpo dei marines deve avere fatto!
Altro che Full Metal Jacket! Mesi e mesi di campi estremi in Tibet! Digiuni! Astinenze sessuali (… beh … su queste ultime forse avrebbero ragione …)
Perché l’allievo (… quello non istruttore), concepisce in qualche modo l’istruttore come un accompagnatore: “Che se c’è lui, sto tranquillo che sono in un botte di ferro!”.
Mica lo sa, l’allievo-non-istruttore che fino a ieri o, se va bene, all’altro ieri eri te che adesso lo porti su, l’allievo.
E che tra l’una e l’altra condizione – tra lo status di allievo e quello di istruttore – c’è di mezzo solo una montagna.
Una montagna di errori, di esperienza, di cazzate, di rischi, di “successi”, di voli in falesia, di cadute di faccia nella neve fresca con gli sci ai piedi: tutto fa brodo! E questo brodo si fa con ingredienti caserecci: nostrani, ruspanti.
Esperimenti e un briciolo di conoscenza della ricetta. Ma anche molta, molta improvvisazione.
Mica sa, l’allievo-apprendista (… perché se non istruisce, apprende! …) che tu sei diventato istruttore con il barcaiolo congelato nel cervello, con ancora la paura degli Abalakov e con i cornetti portafortuna, i rosari e l’acqua santa nella tascona dello zaino!
Di segnali, di sintomi da cogliere, per capire cosa ci sta sotto, l’allievo ne avrebbe.
Talvolta, per fortuna raramente, qualche errore didattico … qualche incongruenza tra diversi metodi … e il pasticcio è lì: dietro l’angolo.
Così, l’allievo si chiede perché “L’altra volta quell’altro istruttore mi ha detto che la sicura col secchiello si fa così. Adesso te mi dici che la sicura si fa cosà: chi c’ha ragione?”.
Alla fine, lo condisco via: con l’arte delle dialettica.
Gli spiego che “Forse l’altro istruttore voleva farti vedere un'altra manovra: non la sicurezza al primo di cordata, che si fa come ti sto facendo vedere io: non certo tenendo i rami di corda dentro il secchiello paralleli tra loro! Vedi? Così non frenerebbero a dovere!”.
Lui guarda, capisce: condivide e accetta.
C’è poco da confutare: quello che gli sto mostrando, è giusto. Ineccepibilmente giusto. Univocamente giusto.
Dentro, però, rabbrividisco: a pensare che se questo povero cristo avesse fatto sicura come un altro istruttore gli aveva mostrato prima, la caduta del primo l’avrebbe fermata … forse … ma di certo solo dopo un voletto di qualche metro di troppo!
Cosa fare? Stare zitto, per il quieto vivere o andare dal collega che ha spiegato come fare sicura col secchiello, con un metodo inefficace, per non dire sbagliato (che sarebbe meglio) ?
Andare a perorare la causa della sicurezza: pochi dubbi.
E scatenare mio malgrado una polemicona odiosa, con il collega che si difende: “Ma se sono secoli che sto facendo sicura così!? Mi stai dicendo che non va bene? Guarda che sono istruttore da prima di te: da anni e anni!”.
Difficile replicare dicendogli: “Caro collega istruttore non sezionale né sezionabile e non allievo come me: mi fa piacere constatare un'altra prova del fatto che Dio esiste, se in anni ed anni di attività non ti è mai capitato di testare le conseguenze della tua cappellata!
Purtroppo – e non averne a male – la cappellata resta anche se l’hai perpetrata e reiterata per secoli e millenni: così col secchiello non freni neanche una calata: figurati una caduta!”.
Lui ruggisce. Brontola. Mi irride. Difende le sue teorie.
Io le confuto usando la scienza, la fisica dinamica, l’astronomia ed il buon senso.
Lui le difende con l’autorità, la tradizione (tutta sua personale, per fortuna!) e la mia inesperienza.
Io difendo la logica e la tecnica con fermezza: non ce la faccio proprio a rinunciare ad avere ragione se c’è di mezzo la sicurezza, solo per ragioni di rispetto e di amicizia.
Lui quasi quasi mi manda a cagare.
Alla fine – visto che venire alle mani non sarebbe una soluzione e visto che lui è molto più cattivo di me – vado di là, prendo “Alpinismo su roccia” della collana “Manuali del club alpino italiano”: gli faccio vedere il disegnino. Gli faccio leggere la paginetta.
Gli dimostro nero su bianco quante cazzate sta dicendo.
Lui diffida, comunque. Storce il naso. Conclude, sibillinamente: “Di sicuro ci sono due modi di fare sicura col secchiello. Il mio è quello vecchio: quello che si usava prima del nuovo manuale. Comunque, va beh … faremo come dici te, visto che il manuale nuovo preferisce questo modo qui!”.
E vado a casa, dopo sta schermaglia, che non so se devo essere contento di avere avuto ragione e di avere introdotto la regola giusta, o se invece dovrei essere triste perché ho discusso con un collega, che magari avrei preferito fosse mio amico.
Comunque ci vuole coraggio a mettersi in gioco così: a giocarsi la faccia, quando devi spiegare con sicurezza principi e regole fondamentali.
A giocarsi il culo, quando sei a fare il primo con la Sciura Giovanna che ti fa sicurezza.
E non importa che sia 4° grado: che se la sfiga ti ha messo gli occhi addosso, voli anche lì!
C’è una contraddizione di fondo, con quello in cui credo profondamente: con la convinzione sincera che ad andare ad arrampicare si possa solo con un amico.
Una contraddizione che si accetta, sacrificando il principio in cui credere e sacrificando anche il proprio tempo, per un bene maggiore: per uno scopo superiore.
Per insegnare la sicurezza.
Per “salvare” qualcuno dalle cazzate che ho sperimentato per primo sulla mia pellaccia e che se sono qui a raccontare è solo perché Dio esiste: che mi ha guardato giù e mi ha salvato chissà quante volte, dalla distrazione, dagli imprevisti, dalle pietre volanti non identificate, dalla sfiga, dalla sicura col secchiello fatta male ...
Viene meno la regola aurea “arrampico solo con un amico perché la vita me la gioco solo con un amico accanto, se devo proprio”: viene meno perché c’è lo spirito di sacrificio del volontariato. C’è la passione per la didattica.
E poi, è vero: sono qui in mezzo a tutta questa gente ancora sconosciuta.
Ma che magari, tra qualche tempo saranno invece compagni di arrampicata proprio perché amici!
La cosa bella, è proprio quello che resta del corso: quelli che restano, del corso.
Allievi ed istruttori: magari ancora non “amici”, ma già qualcosa di più che dei semplici vicini di falesia.
Ci vuole fegato a fare l’istruttore!
Pelo sullo stomaco: sullo “stomaco peloso”! E sta uscita di due giorni, si va proprio in Valle.
Che “la Valle”, dalle mie parti, è una sola.
Cioè: di valli ce ne sono tante: milioni di milioni. Miliardi. Bilioni. Biliardi e calcetti.
Ma La Valle, quella che l’arrampicatore orobico/retico è portato a riconoscere come Valle per antonomasia, con la V maiuscola, è la Val di Mello.
Se proprio proprio si deve stare larghi, aggiungiamoci anche la Val Masino: ma giusto per contiguità territoriale.
Questo principio assoluto ed incontestabile è noto, dalle mie parti, anche ai bambini ed agli anziani.
Qui nel comasco, tra le prima parole che pronunciano i poppanti insieme a “mamma”, “papà” “bua” e “pappa”, ci sono “Scoglio delle Metamorfosi”, “Precipizio degli Asteroidi” e “Placche dell’Alchechengi”.
Per questo, organizzare un’uscita del corso CAI in Val di Mello, mette d’accordo tutti.
Gli istruttori, che gongolano e gli allievi che si esaltano, ad essere qui, dopo solo tre settimane di corso, nel Tempio lombardo dell’arrampicata su granito.
Non voglio neanche immaginare lo sguardo dell’allievo col quale avevo arrampicato in Grigna: che già lì mostrava evidenti segni di esaltazione psicotica.
Chissà oggi, qui: prima di salire una via in Valle! Probabilmente sarà in preda ad un delirio di onnipotenza.
Quindi, una due giorni che si preannuncia gustosa.
Non fosse per il meteo che dà con attendibilità praticamente certa … pioggia nella notte tra sabato e domenica.
Ma oggi è sabato: a domenica, ci pensiamo domenica. E oggi, sabato, è nuvolo ma stabile.
Quindi, dove andiamo questo primo giorno della due giorni di arrampicata su granito?
Vero che siamo nel sancta sanctorum dell’arrampicata su granito, ma farsi venire la fantasia di andare a fare un V° tutto da proteggere con un allievo non è cosa.
Almeno non lo è per me: che ai friend ci tengo come agli amici in carne e ossa o quasi: e che vederli lì, maltrattati dall’allievo incapace di estrarli o capacissimo di farli precipitare, mi viene male.
I miei friend! I miei amici: mica quelli della scuola, che non esistono!
Mi butterò su qualcosa di tranquillo e sicuro.
Una “gita fuori porta”, con i suoi bei spit e la sua bella placca spalmabile che ci si diverte un casino a vedere il socio alle prime armi, qui: sul pianeta “arrampicata senza mani”.
Due cordate e via: su una linea col suo bel grado sostenuto, ma senza problemi logistici e senza paranoie di sicurezza e protezione.
Che poi, è la sera la vera ragione per essere qui oggi: la vera impresa da tentare.
Stasera si mangia al ristorante tipico locale!
Si mangia come orsi prima del letargo: con la stessa consapevolezza, che il cibo va accumulato! Che bisogna fare grasso!
Pizzoccheri e brasato, probabilmente: o robe del genere. Il solito piatto leggero dell’alpinista.
La cena, infatti, è in linea con le aspettative.
Maestri nell’organizzare cose come questa, esattamente come nel prenotare rifugi di montagna e coordinare ottocentocinquanta macchine per un’uscita del corso, gli istruttori più anziani e scafati hanno prenotato là, dove osano solo mangiatori professionisti e addii al celibato di boscaioli locali.
Una cenetta tipica, che rispetta rigorosamente gli standard dietetici dell’atleta attento alle performances.
Antipasti misti che valgono da soli 3500 kcal a porzione.
Due primi, due secondi.
Ovviamente si fa il bis di tutto, quindi: due secondi primi e due secondi secondi, finiti in due minuti primi e dieci secondi.
Vino, acqua, caffè. Ammazzacaffè. Digestivo. Sgroppino. Amaro. Grappino. Limoncello. Anche un Moncherì, che mancava il dolcetto con dentro l’alcool: il colpo di grazia.
Ripieni come il polpettone della nonna, ingolfati di cibo che anche l’ossigeno fatica ad entrare quando cerchiamo di respirare, siamo uno spettacolo miserevole. Piegati sulle sedie con il bottone dei Montura slacciati, come fossimo in trasferta ad Alberobello, per il matrimonio del cugino pugliese con settecentodieci inviati.
Ho visto gente, all’October Fest, meno conciata.
Tedeschi farciti di brat wurst fino alle orecchie, lubrificati con litri di birra e sudati come una pornostar brasiliana, che mantenevano tuttavia un aspetto più dignitoso del nostro: istruttori della scuola CAI, con in teoria un profilo ed un’immagine da salvaguardare.
Non che gli allievi siano da meno.
Certi ventenni con tracce residue di sangue nellalcool che scorre nelle loro vene.
Signori, signore ma anche ragazzine che dopo il terzo bis di brasato reggono meglio di me o del Diretur.
Giovincelle che smorzano a fatica rutti, degni del migliore camionista polacco in sandali e calzini, fuori dalla Trattoria “Da Luiggino”, sul raccordo anulare.
Ma sì! Chi se ne frega! … tanto ormai, sta piovendo.
Piove mica poco, peraltro. Che da sotto il pergolato del ristorante si fatica a vedere la strada di fronte.
Devastiamoci, allora! Affoghiamo nel tiramisù e nella sfoglia-alle-mele-con-crema-chantilly le nostre frustrazioni alpinistiche. Dimostriamo al mondo che riusciremo ancora a fare il V grado con otto chili di più: messi su in una sola sera.
Questi sono i traguardi di una carriera alpinistica: le cose di cui vantarsi. Altro che le pareti nord in invernale!
La Sciura Giovanna, ciuca persa dopo il sesto limoncello, con la testa reclinata di lato e la bollicina che gli esce da una narice stile cartone animato, ogni tanto si risveglia dal russare con cui ci allieta.
Si tira dritta, ride: chiede dove siamo e poi, prima di addormentarsi ancora e di rimettersi a russare, biascica qualcosa in una lingua sconosciuta. Tira una bestemmia forse o forse è una preghiera e si riaddormenta.
Un paio di diciottenni ex boyscout dell’Oratorio San Giovanni Bosco di Chissadove, traviati dalla compagnia, in preda anche loro ai fumi dell’alcool, tengono la fronte appoggiata al tavolo.
Vorrebbero forse alzarsi a vomitare ma hanno una dignità da difendere, con le due ragazze sedute di fronte che li guardano incuriosite.
Incuriosite: mica affascinate. Curiose come davanti alla gabbia dei pangolini giganti allo zoo.
Anche loro, le signorine tutta casa, chiesa e falesia, ridono un po’ per lo scempio che hanno davanti e un po’ così, senza senso: solo per il Rosso Inferno della Valtellina che gli gira dentro nelle vene. Rosse come dei pomodori. Occhi sbarrati con le palpebre calate a metà, come la saracinesca di un negozio in sciopero.
Il ristoratore si rende conto della situazione, con il suo occhio esperto.
Dirama ai camerieri l’ordine generale di emergenza n° 3, codice rosso: “Ritirare tutto quanto di commestibile sia rimasto in sala”, che altrimenti gli svuotiamo il locale e deve chiudere una settimana per approvvigionamenti.
Senza più nulla da mangiare, come un’orda di Lanzichenecchi post digiuno quaresimale, ci avventiamo su quello che resta sulla tavola.
C’è chi si beve l’olio e l’aceto balsamico come fossero digestivi.
Chi rosicchia gli stuzzicadenti come fosse un castoro. Provvidamente, intervengono i camerieri anche su queste cose dimenticate sul tavolo: e ingaggiano con alcuni avventori dei duelli all’arma bianca.
Camerieri con in mano un forchettone per servire il brasato, tirano di scherma con commensali armati di forchetta e coltello.
Lotte accanitissime.
Alcuni guardano con intensità il cibo per i pesci appoggiato lì, sull’acquario del salone: magari non è poi male come sembra!
Altri fanno la scarpetta nel piatto dei vicini e aspirano le briciole dalla tovaglia, che sembrano il bidone aspiratutto della Polti.
Altri ancora sono riusciti a nascondere un tozzo di pane prima della ritirata: lo mangiano pucciandolo nel limoncello o nel Braulio o nel caffè o in tutti e tre in ordine sparso, ed anche nell’aceto balsamico.
C’è chi dà fondo alle barrette per il giorno seguente, dopo la cena: che tanto domani non serviranno sicuro, visto come piove.
Vista da fuori: magari da un passante che guardi sobrio la scena, questa cena sembra un baccanale affogato nel Braulio.
Che come ogni cena conviviale tra alpinisti o montanari, finisce a letto tutti mezzi vestiti con i capi tecnici del giorno seguente (che sono anche quelli del giorno precedente: con annessi odori celestiali di sudore e taleggio Cademartori).
Sui letti a castello: che il secondo piano è già un free solo degno del migliore Manolo.
Meglio non entrare nelle camere, a vedere come trascorre la notte.
Eppure, in tutto questo degenero dei costumi, in quest’affogare il dispiacere di non potere arrampicare il giorno dopo, sommato ai festeggiamenti per la gioia di avere arrampicato oggi: in questo marasma di allegria e vino, c’è chi non ha perso lucidità.
C’è chi, sornione, ha osservato: in disparte. Presente fino alla fine.
C’è chi si è sollazzato divertendosi a guardare chi si divertiva ubriacandosi: chi il giorno dopo è lucido e sveglio come nulla fosse accaduto.
C’è sempre: in ogni festa un partecipante anomalo: il presente-assente. Il fantasma che si aggira tra i morti viventi.
C’è anche in questa cena: ed è un collega istruttore, il buon Giamma.
E il giorno dopo, questo arzillo e attivo istruttore si sveglia nella mia camerata, puntualissimo: alle sette-e-zero-zero-ora-di-Roma. Fresco come una rosa.
Delicato nelle movenze come un Panzer su una spiaggia della riviera romagnola a luglio: si veste e poi si dedica a tirarci giù tutti dalle brande.
“Dai, che non piove! È bel tempo! Dai che si va! Alloraaaaaaaaaaa!!!!!!!!!?????!!!!!!!!! Giù dal letto!”
Non so i miei compagni di stanza, qui in questo alberghetto: ma io mi sono sì svegliato.
E tuttavia sto ancora sognando: sogno infatti di avere legato con la (sua) corda (nuova da arrampicata) il vecchio Giamma ad una sosta a spit con catena (resistentissima!) ed io, lì vicino: sulla cengia della sosta con un ferro rovente in mano.
Anzi, come nel famoso film: “Con un paio di pinze ed una buona saldatrice”…
Vedo nello sguardo appannato dei miei compagni di stanza appena risvegliati lo stesso pensiero di amicizia.
Uno degli allievi che dormiva in camera con noi ha già in mano un kevlar e sta raggiungendo in silenzio alle spalle il Giamma, ignaro di tutto. Poi il Giamma si volta di scatto ed il povero allievo, per non farsi sgamare, finge di passarsi il filo interdentale con il kevlar 3 mm: un disastro per la sua dentatura.
Se il Giamma si fosse accorto, comunque, da uomo mite quale è notoriamente, avrebbe di certo fatto un disastro peggiore sulla dentatura dell’attentatore: e forse anche sul resto dell’apparato muscolo-scheletrico dal povero giovane allievo.
Non ci resta che desistere: ci svegliamo e vestiamo tutti. Guardiamo fuori, ed in effetti non piove più.
Il che vuol dire, dopo la notte di uragano appena trascorsa, che le uniche zone asciutte della valle sono gli interni delle case.
Le pareti, dove non corrono cascate e nuovi torrenti, sono un tantino umide. Bagnate. Fradice.
Neanche d’inverno, quando su queste pareti si aggrappano Durango, Romilla e la Merdarola, c’è tanta acqua attaccata su questo granito.
Il Sasso di Remenno sembra uno scoglio di mare.
Eppure … eppure, giù in salone, dopo le due ore passate e lavarsi e rivestirsi, a causa dei postumi del Mon Cherì, alla velocità di un branco di bradipi congelati che fanno la gara sui cento metri, non siamo i soli.
Ci sono praticamente tutti! Incredibile!
Le conclusioni sono due: o il Giamma ha svegliato tutto l’albergo ed è riuscito a non prendere botte da tutti quelli che ci hanno provato, oppure oltre al Giamma in ogni camerata c’è stato qualcuno di sano ed in grado di alzarsi alle setteezerozero, per rompere i co … i timpani agli altri e trascinarli a fare la colazione, con l’aspettativa di un tiro asciutto al Remenno (Sì! … magari un tetto di 9a che ancora non è stato scoperto …).
Non c’è nessuno che abbia un aspetto veramente umano.
Qualcuno ha il pezzo sopra del pigiama e sotto una ciabatta e una Katana: in mezzo, i pantaloni da arrampicata, mentre spalma la marmellata sull’altra Katana e la puccia nel cappuccino: “Minchia se è dura sta brioches!”
Qualcun altro, sta facendo colazione con già su l’imbrago e invece dello zucchero, addolcisce il caffè con la magnesite: “Che non si scioglie bene, sto zucchero a velo”.
Insomma, come dice il proverbio “Alla sera leoni, alla mattina …” a gattoni si scendono le scale, a carponi ci si tira su, sul tavolo: si ordina un Negroni per iniziare bene la giornata.
“Chiodo scaccia chiodo!”.
“Dai ragazzi! – fa il Giamma – Che oggi andiamo in fondo alla valle che c’è una via che asciuga subito: anzi, chi è pronto, con me!”
Qualcuno degli zombi del salone risponde con un grugnito o un mugugno. Quelli più svegli lo mandano a cagare. Quelli veramente svegli, stanno facendo lo zaino e scaldano la macchina per tornare a casa.
Io sono ancora un po’ provato: il Negroni a colazione non funziona. Ma la curiosità di vedere sto miracolo della natura: una via asciutta dentro sta valle che sembra la Tailandia ad agosto, vince ogni resistenza. Ci devo troppo andare!
TO BE CONTINUED _________________ "Bello qui! ...peccato per tutte queste montagne che nascondono il panorama!"
"Arrampicare male sul difficile è facile. E' più difficile arrampicare bene sul facile" |
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leo
Registrato: 25/02/08 21:43 Messaggi: 6823 Residenza: 3gasio
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Inviato: Lun Gen 24, 2011 9:18 pm Oggetto: Re: "IO, ISTRUTTORE" - SECONDA PARTE |
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Sempre un piacere
GAMBADELEGN ha scritto: |
Giovincelle che smorzano a fatica rutti, degni del migliore camionista polacco in sandali e calzini, fuori dalla Trattoria “Da Luiggino”, sul raccordo anulare.
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Questo rende bene l'idea  _________________ “quello che facciamo non viene mai compreso, ma sempre e soltanto apprezzato o disprezzato.” |
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GAMBADELEGN
Registrato: 05/02/09 15:09 Messaggi: 156 Residenza: ovunque il mondo non sia piatto
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Inviato: Mar Gen 25, 2011 6:53 pm Oggetto: |
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Grazie! come ho detto in più occasioni, ha senso continuare a scrivere se chi legge è contento di farlo! _________________ "Bello qui! ...peccato per tutte queste montagne che nascondono il panorama!"
"Arrampicare male sul difficile è facile. E' più difficile arrampicare bene sul facile" |
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paolo75
Registrato: 08/04/08 19:59 Messaggi: 1834 Residenza: Sesto San Giovanni
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Inviato: Mar Gen 25, 2011 7:50 pm Oggetto: |
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confermo che ha senso, a volte le risposte arrivano tardi solo perchè bisogna avere buon tempo per leggere
Aspettiamo il resto, come sempre il tempo è speso moooolto bene  |
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leo
Registrato: 25/02/08 21:43 Messaggi: 6823 Residenza: 3gasio
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Inviato: Mar Gen 25, 2011 8:40 pm Oggetto: |
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paolo75 ha scritto: | confermo che ha senso, a volte le risposte arrivano tardi solo perchè bisogna avere buon tempo per leggere
Aspettiamo il resto, come sempre il tempo è speso moooolto bene  |
Confermo il tutto, anche perchè leggerlo a puntate non ha senso  _________________ “quello che facciamo non viene mai compreso, ma sempre e soltanto apprezzato o disprezzato.” |
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Kliff 62
Registrato: 26/04/08 18:34 Messaggi: 646 Residenza: Valle Seriana
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Inviato: Mar Gen 25, 2011 10:35 pm Oggetto: |
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Poiiiiiii...??????  _________________ Tante cose buone a TUTTI |
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Drugo Lebowsky
Registrato: 24/11/07 18:31 Messaggi: 1062
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Inviato: Mer Gen 26, 2011 8:50 am Oggetto: |
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GAMBADELEGN ha scritto: | Grazie! come ho detto in più occasioni, ha senso continuare a scrivere se chi legge è contento di farlo! |
è una delle stronzate più divertenti che abbia letto da un bel po'.
e divertente, ma non solo.
però credo che se uno debba aggiungere un qlcs, sia un conto.
mentre sia inutile che ognuno scriva "mi piace/non mi piace".
sennò si finisce nel consueto bello-bravo-bis post-franzata. |
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GAMBADELEGN
Registrato: 05/02/09 15:09 Messaggi: 156 Residenza: ovunque il mondo non sia piatto
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Inviato: Mer Gen 26, 2011 9:26 am Oggetto: |
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Drugo Lebowsky ha scritto: | GAMBADELEGN ha scritto: | Grazie! come ho detto in più occasioni, ha senso continuare a scrivere se chi legge è contento di farlo! |
è una delle stronzate più divertenti che abbia letto da un bel po'.
e divertente, ma non solo.
però credo che se uno debba aggiungere un qlcs, sia un conto.
mentre sia inutile che ognuno scriva "mi piace/non mi piace".
sennò si finisce nel consueto bello-bravo-bis post-franzata. |
Mi sono spiegato male: mica scrivo per sentirmi dire: "bello bravo bis"!
Intendevo: sono contento che piaccia.
Siccome ho visto che piace e siccome ho visto che i commenti sono positivi, fin dai primi racconti, continuo non a scrivere (lo farei per me solo, comunque!) ma a pubblicare qui e altrove, dove c'è gente che si diverte a leggere. Punto.
Come vedete, non intervengo praticamente mai - dopo avere pubblicato qualche racconto: non gongolo di piacere a sentirmi dire "bravo".
Proprio perchè non intervengo mai, mi pareva "arrogante" stare sempre zitto di fronte a dei complimenti.
Volevo dire solo "grazie!", per una volta.
Prendetela come traduzione alla mia evidentemente infelice espressione di cui sopra.
Sorry! _________________ "Bello qui! ...peccato per tutte queste montagne che nascondono il panorama!"
"Arrampicare male sul difficile è facile. E' più difficile arrampicare bene sul facile" |
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paolo75
Registrato: 08/04/08 19:59 Messaggi: 1834 Residenza: Sesto San Giovanni
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Inviato: Mer Gen 26, 2011 2:45 pm Oggetto: |
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Drugo Lebowsky ha scritto: | GAMBADELEGN ha scritto: | Grazie! come ho detto in più occasioni, ha senso continuare a scrivere se chi legge è contento di farlo! |
è una delle stronzate più divertenti che abbia letto da un bel po'.
e divertente, ma non solo.
però credo che se uno debba aggiungere un qlcs, sia un conto.
mentre sia inutile che ognuno scriva "mi piace/non mi piace".
sennò si finisce nel consueto bello-bravo-bis post-franzata. |
E però se nessuno gli dice che apprezza magari gli viene il sospetto che si mette a scrivere per nessuno e allora non scrive più, quindi io dico Bello bravo bis
E scrivi ancora e soprattutto aspettiamo il resto
Poi in tutta onestà perchè non dire che si apprezza se è vero? visto che probabilmente non ci vuole un minuto a scrivere tutto ciò un po' di apprezzamento non fa mica male  |
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