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GAMBADELEGN
Registrato: 05/02/09 15:09 Messaggi: 156 Residenza: ovunque il mondo non sia piatto
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Inviato: Sab Mar 28, 2009 8:28 am Oggetto: BLOCCA ! |
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LANCIA TORRE FUNGO
Sono emozionatissimo: la mia prima via di roccia.
Non un tiro di falesia ma una via di più tiri: ovvero, dopo la richiodatura delle grigne, più tiri di falesia uno dietro l’altro: con una sosta appesi alla parete lontani da terra, in una strana, innaturale, intimità con i miei compagni di cordata.
Chissà se qualcuno ci ha mai pensato: ma in sosta, come in poche altre situazioni della vita moderna, gli spazi e le distanze “socialmente accettate” si riducono all’osso.
Si sta come d’autunno, sui castagni i ricci: uno attaccato all’altro (ma per fortuna non si cade!).
Si sta come in India: senza il senso del rispetto delle reciproche esigenze di aria e di distanza.
Si inizia a pensare alla fortuna di essere con compagni eterosessuali come te.
La cosa è un po’ fastidiosa, se non ci hai ancora fatto l’abitudine.
In un metro lineare, tre puzzolenti uomini sudati attaccati agli stessi chiodi con un groviglio di cordini e fettucce che, agli occhi inesperti di un principiante come me, sembrano fragili, inestricabili e complicati oltre ogni ragionevole calcolo.
Sono in sosta: non una “sosta” intesa come pausa tra un tiro e l’altro in falesia.
Sono ufficialmente in sosta: appeso ad una parete in attesa del prossimo momento in cui mi appenderò ad un altro chiodo.
Terrorizzato dalla leggenda che i fix tengano oltre 2000 kg, resto appeso e pendolante nonostante secondo i miei calcoli in tre pesiamo appena 200 kg circa.
Sono un arrampicatore svezzato o così mi sento.
Ma non ho alcuna autonomia: dopo il primo tiro, con i tendini e i muscoli che cantano melodie ecclesiastiche sconosciute in aramaico antico, c’è chi maneggia per me moschettoni e cordini e, magicamente, sono in sicurezza, dove erano settimane che sognavo di essere.
Forse, a rigor di logica, non sono neppure ancora un arrampicatore.
Sono forse più uno zaino con capacità di sgravare parte del proprio peso da chi lo deve recuperare: nulla di più.
Come uno zaino, un saccone da big wall dotato di braccine e gambette, vengo ancorato alle soste: liberato e aiutato a superare le asperità del terreno che in autonomia non so superare.
Ma non pensiamoci: perché non fa onore raccontare la propria esperienza come zavorra.
Pensiamo di essere climber.
A furia di pensarci, lo diventerò: ne sono sicuro.
Ed ora – in piena riflessione esistenziale – il primo riparte, mentre l’altro compagno gli dà corda: ho tutto il tempo per imparare ed assorbire ogni gesto, con già l’intenzione di trasformarlo in un automatismo che potrò e dovrò usare – nelle mie smisurate ambizioni di sognatore – chissà quante migliaia di volte.
Prima di potere raccontare ai miei bisnipoti davanti ad un caminetto, a 97 anni come Cassin, le gesta di un me-stesso-eroico-arrampicatore, sopravvissuto a chissà quali esperienze estreme di coraggio, tenacia e forza.
Non ho ancora incominciato il secondo tiro di corda e sono già proiettato in un futuro remoto in cui i tiri di corda alle mie spalle assommeranno a migliaia di kilometri.
Ed ora il vecchio lupo che conosce questa via come le sue tasche grida “venite pure”.
Tocca a noi “secondi”.
Si riparte: prima io e poi Vittorio che, se ragionasse come me, starebbe un po’ cagandosi addosso, ad avere due metri sopra un potenziale sacco di 65 kg pronto a staccarsi dalla parete ed a finirgli addosso in ogni momento (elasticità della corda considerata).
Però, se Vitto sta facendo questi ragionamenti, dissimula bene l’apprensione: sembra invece tranquillo e per nulla preoccupato di avere me dinnanzi. Sembra perfino un po’ annoiato dalla gita: la stessa gita che è per me già una racconto epico da srotolare a parenti amici e conoscenti la sera stessa.
Sono così eccitato che le forze non mi mancano affatto: affronto senza esitazione difficoltà che eccedono i miei limiti precedentemente testati e mi sento perfino pronto ad andare da primo di cordata.
Sì: primo-di-cordata.
Un vero arrampicatore.
Ma un conto è sentirsi.
Altro conto e provarci.
Quando anche solo compio il tentativo di immedesimarmi in colui che avanza lungo la parete su cui sto arrampicando senza quella cara, amorevole, rassicurante corda dinnanzi, giuro: mi gira la testa. Mi viene spontaneo ed automatico serrare le mani sugli appigli e spalmare il bacino alla parete come se fossi una pianta rampicante.
No, no: primo, ancora no. Devio prima perfezionare la tecnica dello zaino auto-progredente. Devo diventare prima uno zaino a peso zero.
Obiettivo ambiziosissimo.
Altro tiro.
Altro ancora.
Ancora un altro.
Ma quanti tiri è questa via? Sono già sceso e ne stiamo facendo un’altra?
Sono ipnotizzato: quasi in trance. Dove sono e chi sono?
Io faccio.
Quello che mi dicono: faccio.
Rifletterò domani. Magari già stasera.
E dalla cima, oltre al panorama, la sensazione meno piacevole: le vertigini!
Ma com’è possibile?!
Un alpinista con le vertigini?
Non esiste! Non può essere. Vergogna!
Eppure è così.
Eppure sono qui: in cima a non so più neppure quale delle tre guglie che oggi ci sarebbero in programma, attaccato ad un sasso piuttosto instabile come una cozza sarebbe attaccata allo scoglio: con la tenacia data dall’istinto di sopravvivenza.
Sono qui congelato come uno stoccafisso che ride: un pesce lesso che mostra i denti in una paresi flaccida coi sudori freddi perlati sulla fronte ai compagni di cordata che si complimentano per l’impresa (forse non hanno mai avuto uno zaino tanto efficace: sono un mito!).
Un ostrica semovente che sorride per nascondere la tensione di non avere più nessuna corda davanti: dannazione perché non hanno messo una bella pensilina in inox tubolare del 30 con corrimano fino alla calata?
I compagni sorridono e non so più neppure se è perché si legge sul mio pallore cadaverico il terrore o se sono felici delle mie prestazioni: adesso come adesso, propenderei per la prima ipotesi.
E che calata, mi aspetta!
Orco giuda!
Io lì, col culo di fuori mica mi ci butto!
A penzolare come una salame di 65 kg appeso ad un chiodo (e chi se ne frega se mi confermano giurando e spergiurando che sono due, i chiodi!).
Non mi venite a dire che le prove tecniche dimostrano la catena di sicurezza a cui mi affido potrebbe tenere un’elefantessa gravida che si agita per le doglie.
Non esiste: non ci sono leggi della fisica, test scientifici, prove tecniche che possano convincere la mia paura della propria insensatezza.
Ha ragione lei: e basta.
È lei che comanda.
Anche adesso che mi tengono le corde, da basso: calandomi con la velocità e la cautela con cui calerebbero la Venere di Milo dalle finestre del Louvre per un restauro, arrivo a terra e il sorriso si fa vero.
Sono contento davvero e non solo paralizzato.
Dopo tre rosari snocciolati nella durata di una calata di 25 metri (nuovo record mondiale di orazioni nella specialità “velocità outdoor”) sono a terra: e non più incollato alla verticale.
Non posso fare come Wojtyla appena sceso da un aeroplano in terra straniera, ma la terra – solida, larga, accogliente (più o meno) – la bacerei, anche con la lingua, adesso.
E non siamo che all’inizio!
Non so più se per fortuna o per condanna.
Non c’è il modo di prendere una pausa? Un caffè: anzi un thé caldo da thermos! Giuro: è luglio, ma ce l’ho davvero il thé bollente!
Perché i miei soci sono già all’attacco della nuova via? Come fanno a non sentire la tensione, lo stress e la fatica che mi piegano?
Alla base della nuova guglia … poco convinto, ci arrivo anche io.
La stanchezza mi crolla addosso: non posso più garantire che sarò uno zaino antigravitazionale.
Potrei anzi diventare il grado in più all’esperienza alpinistica dei miei compagni di cordata: la difficoltà – fisica e psicologica – in più da superare, da trascinare lungo la parete.
Non è così: l’orgoglio entra in circolo. Scaccia l’acido lattico dagli avambracci e l’espressione da bigolo dalla mia faccia e ridivento una specie ancora embrionale di arrampicatore.
Faccio le mie vie ed i miei tiri (e non posso giurare di ricordare quanti, in effetti).
Arrivo su; mi cago addosso; mi calo e torno giù.
E poi ricomincio.
E poi, d’improvviso, sono sul sentiero di ritorno alla macchina: è tutto finito.
Giustamente caricato come un somaro peruviano di tutte le corde e le attrezzature.
Un po’ per fare il figo e mascherare la mia stanchezza, un po’ per ringraziare tacitamente i miei compagni di cordata che, oltre ad avermi fatto da giuda a-gratis, continuano a complimentarsi per la mia “prestazione” (magari le donne si complimentassero così: orgoglio e ormoni al top! …): insomma, mi sono spontaneamente sobbarcato il carico di due mezze del 1972, ormai calibro 18 mm l’una e di una doppia serie completa di friend con le mezze misure, nut, cunei di legno, rinvii e chiodi da roccia che basterebbero per attrezzare a pioli il Capitan.
Arranco: orgogliosissimo.
Testa alta come un torero spagnolo.
Petto in fuori: sudori freddi ormai evaporati (ma li ho mai avuti? Nooo, dai! … Era solo un’impressione!).
Già una storia da raccontare: se supererò l’esperienza sherpa, vivo.
Non è proprio come camminare in piano e a quei 30 kg di ferro preferirei sulla schiena un cadavere: giuro. Almeno non avrebbe punte e gobbe a triturarmi la schiena già a pezzi per la fatica.
Le ginocchia cigolano in discesa.
Dicono che per essere bravi arrampicatori si deve avere il mio fisico: asciutto e nervoso, senza muscoli appesi. Non aggiungono, però, che per fare i portatori qualche muscolo potrebbe essere utile.
A metà discesa sono gobbo come Quasimodo ma neanche a morire di stenti cederò un etto della zavorra sulla schiena ai compagni che mi vedono arrancare e mi dicono (santa verità) che non è il caso che mi porti tutto io … loro con gli zaini vuoti.
Alla macchina arrivo prima di tutti: perché in discesa, se non hai più freni, vai veloce.
Arrivo con visioni mistiche in cui il babbo natale della coca-cola mi offre una lattina ghiacciata ed io lo ringrazio anche per avere sempre risposto alle lettere con ossequioso rispetto dei miei desideri.
Arrivo. Scarico la croce di legno. Tolgo la tunica. Per fortuna nessuno mi frusta né mi inchioda a nulla.
Entro nella macchina.
Dormo.
A casa, mi scaricano come i corleonesi scaricavano nei fossi a bordo strada i morti ammazzati.
Una fantastica esperienza: sono davvero contento.
Non vedo già l’ora della prossima via! _________________ "Bello qui! ...peccato per tutte queste montagne che nascondono il panorama!"
"Arrampicare male sul difficile è facile. E' più difficile arrampicare bene sul facile" |
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leo
Registrato: 25/02/08 21:43 Messaggi: 6823 Residenza: 3gasio
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Inviato: Sab Mar 28, 2009 1:19 pm Oggetto: |
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Veramente complimenti, per il racconto intendo  _________________ “quello che facciamo non viene mai compreso, ma sempre e soltanto apprezzato o disprezzato.” |
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selvadec
Registrato: 07/07/08 16:30 Messaggi: 1495 Residenza: MAZZANO, Brescia
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Inviato: Sab Mar 28, 2009 5:54 pm Oggetto: |
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leo ha scritto: | Veramente complimenti, per il racconto intendo  |
Già, detronizzate le prose del conte Righetti... _________________ Edoardo F. |
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Kliff 62
Registrato: 26/04/08 18:34 Messaggi: 646 Residenza: Valle Seriana
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Inviato: Dom Mar 29, 2009 10:46 am Oggetto: |
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....Racconto molto coinvolgente....BRAVO ...  _________________ Tante cose buone a TUTTI |
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furbo
Registrato: 17/03/07 19:23 Messaggi: 4145 Residenza: milano
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Inviato: Dom Mar 29, 2009 10:50 am Oggetto: |
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stupendo  _________________ La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile |
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Teo
Registrato: 03/04/08 18:51 Messaggi: 460 Residenza: Scanzorosciate (BG)
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Inviato: Dom Mar 29, 2009 9:31 pm Oggetto: |
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ottimo  _________________ ALLENARSI ....perchè allenarsi non è mai abbastanza!!! |
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Linda
Registrato: 16/01/09 10:20 Messaggi: 297
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Inviato: Lun Mar 30, 2009 8:36 am Oggetto: |
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Grande!!  _________________ Se non puoi essere una via maestra, sii un sentiero.
Se non puoi essere il sole, sii una stella.
Sii sempre il meglio di ciò che sei.
(Martin Luther King) |
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DURACELL
Registrato: 02/03/08 21:48 Messaggi: 434 Residenza: MN
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Inviato: Lun Mar 30, 2009 9:20 am Oggetto: |
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Perfavore...
SCRIVI UN LIBRO!!!!!!
Sarò il tuo primo compratore ed estimatore!!!!!!  |
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iaia
Registrato: 29/09/07 19:05 Messaggi: 1355 Residenza: alpi
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Inviato: Lun Mar 30, 2009 9:37 am Oggetto: |
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quoto, bel racconto, scritto davvero bene!!!  |
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five.eight*
Registrato: 25/03/09 19:35 Messaggi: 165 Residenza: Sweetfield - Milano
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Inviato: Lun Mar 30, 2009 10:56 am Oggetto: |
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complimenti.
in prosa (quasi in versi) le emozioni che son state comuni o molto vicine credo, alla maggior parte dei battesimi in parete.
non si osa immaginare nel tuo prosieguo di avventure aplinistiche cosa partorirai!
continua, la poesia fa bene alla montagna .......e viceversa! _________________ ..."se ho potuto vedere più lontano di altri è perché sono salito sulle spalle dei giganti" |
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nikkor
Registrato: 16/02/07 19:36 Messaggi: 1529 Residenza: nei pressi di Rovato...
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paolo75
Registrato: 08/04/08 19:59 Messaggi: 1834 Residenza: Sesto San Giovanni
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Inviato: Mar Mar 31, 2009 5:39 pm Oggetto: |
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nikkor ha scritto: | Scusa ma per me ta set un po cul.
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Bel racconto, condividi quanto detto da 5.8 (scusa ma non so scrivere in inglese mica tanto bene ) |
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GAMBADELEGN
Registrato: 05/02/09 15:09 Messaggi: 156 Residenza: ovunque il mondo non sia piatto
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Inviato: Mer Apr 01, 2009 9:58 am Oggetto: viva la figa ...e basta! |
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nikkor ha scritto: | Scusa ma per me ta set un po cul.
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viva la figa ...e basta! _________________ "Bello qui! ...peccato per tutte queste montagne che nascondono il panorama!"
"Arrampicare male sul difficile è facile. E' più difficile arrampicare bene sul facile" |
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Luca Bono
Registrato: 12/02/07 21:25 Messaggi: 2043 Residenza: TRENTO-LECCO
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Inviato: Mer Apr 01, 2009 6:50 pm Oggetto: |
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che impeto! _________________ "Andare a fare scialpisnismo allo Stelvio è come andare a puttane"
R.Scotti |
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