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   BERNINA - via normale italiana, 20/07/2020
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Onicer  maurizio1972   
Regione  Lombardia
Partenza  diga Campomoro  (1940 m)
Quota attacco  2813 m
Quota arrivo  4049 m
Dislivello della via  1236 m
Difficoltà  PD+ ( pendenza 45° / III in roccia )
Esposizione in salita Sud
Rifugio di appoggio  Carate, Marinelli, Marco e Rosa
Attrezzatura consigliata  Una picca sufficiente, ramponi, una corda da 30mt, qualche cordino e rinvio
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Più vado in montagna e più mi convinco che l’alpinismo non sia sport, ma esperienza di vita. Uno sguardo fuori, su spazi infiniti e uno sguardo interiore, altrettanto spaesante…
Una delle cose più belle è toccare e saggiare la roccia, la neve, il ghiaccio, portare i segni sulle mani… mani sempre più leggere sugli smartphone, ma che non sanno più leggere la materia, che scorrono, ma non afferrano.
Un viaggio che inizia per boschi e laghi e sale oltre il verde verso le pietraie e ancora più in alto… il dramma di non ritrovare più il freddo della quota, se non prima dell’alba sul ghiacciaio…
Difficoltà ne abbiamo trovate, soprattutto dovute alla trasformazione dell’ambiente in quota; ciò costringe a reinventarsi dei percorsi anche lungo le vie classiche, le stesse guide optano per strategie diverse. Condivido le parole di Ale che, fuori dalle difficoltà, dice: “dai, ce la siamo cavata…”. Sì, perché non era scontato e, in un momento in particolare, non lo è stato…
La domenica saliamo da un’affollata diga di Campomoro verso la bocchetta delle forbici a 2636 mt, dove è posto il rifugio Carate e seguendo una marcata traccia proseguiamo verso il rifugio Marinelli-Bombardieri. Solo qualche breve nevaio e laghi, ultime testimonianze delle lacrime finali del ghiacciaio ormai ritiratosi più in alto. Arriviamo quindi a quota 2813mt con scarponi asciutti. La montagna di domenica brulica, ma domani sarà meglio… presi separatamente siamo tre socievoli misantropi e necessitiamo moderata solitudine. La città è un incredibile laboratorio umano, ma non ne posso più di clacson, motori, martelli che rompono per ricostruire case di cui mai siamo soddisfatti, suonerie, frasi e comunicazioni ridondanti, rumori scambiati per comunicazione… il suono che ascoltiamo in città non ha più nulla di umano o naturale. Quanti silenzi si potevano ascoltare solo cent’anni fa e quanto buio per perdersi nel mondo… oggi la luce pervade ogni notte e il rumore rimane un continuo sottofondo. Quando ci svegliamo alle 3 di notte anche il ghiacciaio dorme e quando lo attraversiamo il buio è veramente buio e il silenzio veramente silenzio. In questi momenti si ascolta con tutti e 5 i sensi, accesi e vivi come non mai… il ghiacciaio di Scerscen è muto, non si lamenta come quando è dardeggiato dal sole. Puoi quasi sentire l’odore del ghiaccio, la sua consistenza, suo colore sotto le frontali… le stelle in alto e le ombre delle vette. La notte dormi con i timori e non lasceresti il rifugio per l’incerto, ma quando è buio sul ghiacciaio tutto diventa improvvisamente chiaro e sai perché sei lì. Il timore svanisce e lascia il posto ad una profonda, ma vigile quiete… penso che sia anche quella dei selvatici di cui invidio l’istinto e la rischiosa, ma profonda libertà… Attraversiamo ponti di neve che tra qualche ora cambieranno faccia, rendendo la discesa uno slalom problematico e faticoso. L’alba ancora non è arrivata, ma gli occhi hanno imparato a conoscere l’oscurità… in alto il Marco e Rosa e nascosto il canalone di Cresta Guzza che dovremo imboccare per la salita. Lo percorreremo rimanendo sulla sinistra seguendo una evidente traccia. La neve è buona, ma le bocche dei crepacci sono già visibili sui primi cambi di pendenza. Con qualche slalom troviamo sulla sx l’attacco della ferrata. Un pò rischioso perché bisogna saltare la fessura della terminale di circa 1 metro... non è molto, ma si salta direttamente sulla parete. C'è una corda in loco per aiutarsi. In alternativa si si sposta poco più in alto, aggirando il buco e tramite una cengia sulla parete si ritorna in basso dove attacca la ferrata (in condizioni pessime di manutenzione). Bisogna ingegnarsi un pò... In discesa vivamente consigliata una doppia sulla destra della scalette terminali della ferrata, che ti consegna direttamente sul ghiacciaio senza tribolazioni! Salendo optiamo per la prosecuzione nel canale che però è al limite della percorribilità… il canale ha qualche grosso crepaccio che costringerebbe a traversare tutto a dx: abbiamo una picca sola e non ci convince, per cui decidiamo di attaccare la parete rocciosa per intercettare in alto la ferrata. Una variante che si traduce in una scelta avventurosa e tosta. Sale da primo Claudio che poi ci fa sicura… non saprei dire il grado, ma penso che sia stato il punto chiave della giornata. Abbiamo perso un po' di tempo in questa operazione e preso l’unico “freddo” della giornata. Dalla ferrata saliamo decisi e quando, quasi al suo termine, incontriamo una bella spianata di verglass, senza esitazioni ci ributtiamo sul canale. La parte finale è perfetta e ci consegna alla forcola di Cresta Guzza sul pianoro dove sulla sinistra si trova il Marco e Rosa. Usciamo al sole e l’emozione del panorama sulle altre cime del massiccio è incredibile… Proseguiamo con maggiore affanno sulla spalla che precede la cresta a cui sia accede tramite un canalino in cui inizia ad affiorare un po' di ghiaccio. Finalmente in cresta e dopo un breve tratto aereo di misto, arriviamo al punto di III° in cui facciamo una lunga sosta in attesa della discesa di cordate partite dalla Marco e Rosa e già di ritorno. La salita la facciamo spediti e in conserva protetta. La salita non sarebbe difficile, ma ormai la cresta è una via di roccia e la mancanza di neve alza le difficoltà. Si sale sulla cima italiana (Perrucchetti) e non si compie il traverso sottostante. Quindi si segue tutto il filo di cresta, solo parzialmente nevosa e aerea nel primo tratto. Infine la vetta 4049mt… 6 h dalla Marinelli in vetta, per il ritardo nel valutare dove attaccare la ferrata e per attendere la discesa di cordate. Emozioni contenute dalla fatica, ma ben presenti in ognuno… felicitazioni e foto, tutto attorno è più basso, nuvole e montagne… In discesa con molta attenzione ce la caviamo con una sola doppia ripercorrendo passo dopo passo tutto il tragitto fino alla ferrata che decidiamo di percorrere fino alla fine, viste le condizioni del manto nevoso ormai frollato… tra l’altro la parete opposta alla ferrata scarica decisamente. Nel punto finale, mentre decidiamo se fare la doppia o fare il salto notiamo una coppia in salita che tenta ripetutamente ed in vari modi l’attacco. Per non intralciare e non mettere pressioni, aspettiamo… e aspettiamo… Poi partiamo, prima Claudio che assicurato, scende fino al salto e riesce agevolmente, io lo seguo maldestramente, maledicendo la ferrata ad ogni passo. Il salto è effettivamente la cosa più facile in discesa… Ale scende in doppia direttamente sul ghiacciaio, verificato il fatto che non abbia buchi il punto di atterraggio… Con attenzione scendiamo alla base su poco invitanti ponti di neve, fino a giungere sulla parte pianeggiante dello Scerscen Superiore. In discesa rimaniamo sella parte sx e non in centro, dove non vi sono crepi… tutto sommato non molti, anche se da valutare con maggiore attenzione. Arrivati al passo Marinelli finalmente siamo fuori dalle difficoltà e si stemperano le tensioni… ma la discesa verso Campomoro è ancora lunga e il sole implacabile…
Facendo una valutazione complessiva, a causa dei cambiamenti delle condizioni montane di roccia e ghiaccio, tra qualche anno la salita dalla normale italiana diventerà sempre meno praticabile (basti pensare alla ferrata a cui vengono aggiunti nuovi pezzi traballanti, poiché il ghiacciaio si abbassa sempre di più), nonostante le difficoltà tecniche contenute.
Foto 1 - In vetta
Foto 2 - Tratto innevato di cresta tra la cima svizzera e quella italiana
Foto 3 - La ferrata ed sottostante ghiacciaio di Scerscen Superiore


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