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   finalmente in cima al Bianco, 05/07/2006
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Valle d'Aosta
Partenza  Nid d'Aigle  (2400 m)
Quota attacco  3800 m
Quota arrivo  4810 m
Dislivello della via  1000 m
Difficoltà  PD ( pendenza 45° )
Esposizione in salita Ovest
Rifugio di appoggio  Dome du Gouter, tete rousse
Attrezzatura consigliata  da ghiacciaio e alta quota
Itinerari collegati  nessuno
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Per la terza volta imbocchiamo la via della Valle d’Aosta per tentare il Bianco e oggi al solito trio si è insolitamente aggiunto Giacomino, e la sfiga che accompagna le sue uscite con me, colpirà inesorabilmente. E’ il luglio del 2002 e una bellissima giornata ci attende, ma quando arriviamo a Courmayeur ci attende la doccia fredda: c’ è tantissimo vento e le funivie non partono. La nostra intenzione era quella di raggiungere il Refuge Des Cosmiques tramite le funivie e tentare l’indomani la Via dei Tre monti per raggiungere la cima del Bianco. Quando la situazione si sblocca, raggiungiamo il Rif. Torino ormai fuori tempo massimo per provare a traversare a piedi la Valleè Blanche e aspettiamo inutilmente che partano le ovovie verso la Francia. Mesti ce ne torniamo, battuti per la terza volta dal bel tempo!
Un mese dopo io e mio fratello ripartiamo agguerriti e decidiamo di puntare sul sicuro: cioè la più semplice via normale francese. Il 17 agosto del 2002 raggiungiamo Chamonix, dopo aver attraversato il traforo del Monte Bianco, e seguiamo le indicazioni per la Valle dell´ Arve, giungendo a Saint Gervais les Bains, dove prendiamo il trenino a cremagliera che in circa un´ora porta al Nid d´ Aigle a 2400 mt di quota. Alle 10 del mattino siamo pronti a partire per la grande sfida.Dalla stazione di arrivo si segue il sentiero verso sinistra che si snoda in un vallone pietroso, e poi in ripida salita si rimonta una costola rocciosa, fino ad arrivare al Refuge de Tete Rousse(3180 mt.) che raggiungiamo a mezzogiorno. Su detriti, ghiaccio vivo e neve, si attraversa verso S (destra) il piccolo ghiacciaio, andando a prendere una traccia tra gli sfasciumi che percorrendo il versante S dell´ Aiguille de Gouter in breve conduce al Gran Couloir, attrezzato con una corda fissa. Lo attraversiamo velocemente vista la sua cattiva fama (frequenti scariche di sassi, casco consigliato vivamente), per poi inerpicarci lungo la grande parete di rocce rotte e talvolta instabili con diversi tratti attrezzati, fino al Refuge de Gouter a quota 3815, dove arriviamo alle 14.30. Passiamo il pomeriggio fuori al sole ad osservare a metà tra il divertito e l’inorridito la fauna umana che abita questo luogo. La quota record europea attira molti che dell’alpinista non hanno proprio nulla, a partire dall’attrezzatura scadente o pericolosa. Dopo un tramonto che più rosso non si può, la cena leggera e alle 2 la sveglia. Alle 2.45 io e mio fratello usciamo nella notte buia e fredda e guardandoci capiamo subito che sarà la volta buona. Come in un sonno senza sogni pestiamo l’ampia pista illuminata dalle nostre frontali che ci porta a scavalcare l´ Aiguille de Gouter (3863), e prosegue con pendenza più decisa verso il Dome de Gouter (4304), e poi abbassandosi leggermente con lungo tratto semi pianeggiante sino a portarsi sotto al Col du Dome (4250), alle h 4. La traccia ora torna a farsi ripida, risalendo al colle da dove, piegando a sinistra, si raggiunge la Capanna Vallot (4362) (h.4.30). Non si parla e si cerca di mantenere un’andatura regolare, senza forzare. Ma capisco che saliamo bene, veloci, l’unica tensione è quella che possa succedere improvvisamente di accusare la quota. Dalla capanna attraversiamo verso destra il plateau, riportandoci sulla cresta principale, che diviene ripida ed affilata. Superiamo la sommità della Grande Bosse (4513), quindi la Petite Bosse (4547), sfiorando poi la cima rocciosa della Tournette (4677). Poi un’alba improvvisa esplode come una bomba e il sole riempie l’orizzonte senza aver ancora la forza di rischiarare tutto. Raggiunto un colletto si affronta l´ ultimo aereo tratto di cresta che si comincia a vedere e muore in un punto del cielo. Mi prende l’emozione, che scarico in un pianto che cerco di nascondere. Ce l’ho fatta, dopo 3 tentativi falliti, questa volta ci siamo e ringrazio per l’opportunità che mi viene concessa. Gli ultimi passi sulla calotta i cui contorni si definiscono sempre meglio sono leggeri e fatati, come volassimo. Poi la montagna senza preavviso finisce ed oltre c’è solo il cielo della notte strappato all’orizzonte da una striscia rosa. Sono le 6.30 del 18 agosto 2002. Non abbiamo tante parole ma i nostri visi che si trasfigurano di gioia illuminati dai raggi radenti del primo sole parlano oltre i nostri silenzi. Ci abbracciamo, battiamo 5, pacche sulle spalle e foto in un silenzio rispettoso del luogo sacro in cui siamo. Fermi sentiamo il freddo intenso bruciare come fuoco sulla pelle scoperta e ci copriamo più che possiamo. Ma è bello. E ce lo godiamo, felici. Scendere, è un poco come dover resistere al dolce canto delle sirene di Ulisse. Si vorrebbe restare per sempre e fare delle tende di biblica memoria. Ma non si può. Non ora. Dopo 15 minuti d’estasi che sembrano durati come un‘ora muoviamo i primi passi in favor di gravità. Ah come si scende bene, leggeri, sospesi, trasognanti. Col sole che par essersi alzato in piedi a ringraziare in nostro onore e ad applaudire il nostro passaggio. Alle 7.30 arriviamo barcollanti alla Vallot e un sonno incoercibile mi cattura. Verrebbe voglia di fermarsi a dormire nella latta di metallo ma una vista delle condizioni all’interno allontana l’ipotesi. Ci fermiamo a rifiatare 15 minuti e riprendiamo a scendere fino al Dome du Gouter(h 8.45). Qui al sole entrambi spossati ed insonnoliti ci ricaviamo un angolino distante dalla pista e ci sediamo al sole del mattino a dormicchiare per quasi 2 ore. Alle 10.30 riprendiamo a scendere e per mezzogiorno siamo al Rifugio e poi alle 14 al Nid d’Aigle, pronti per la lotta contro il sonno del viaggio di ritorno. Domattina ci alzeremo, felici per essere stati sul tetto d’Europa. Grazie fratellino, ce l’abbiamo fatta. Foto 1 l’alba quasi in vetta Foto 2 noi in cima Foto 3 la via



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