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   Alta via Monti del Sole e Bus del Diaol, 01/06/2021
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Veneto
Partenza  Le Rosse Alte (500m)
Quota attacco  2000 m
Quota arrivo  2150 m
Dislivello  150 m
Difficoltà  D / IV+ ( IV+ obbl. )
Esposizione  Sud-Ovest
Rifugio di appoggio  grotta presso forcella Caza granda
Attrezzatura consigliata  2 corde 30 mt, acqua , materiale da bivacco, friend, dadi cordini e martello, qualche chiodo
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Mediocri
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Ci sono montagne che ti si attaccano al cuore come i passeri al loro nido. Le sogni di giorno e dormono i tuoi sonni. A novembre sembra tutto pronto ma il lockdown mi impone la rinuncia non per una questione di ideali, ma per non esser di cattivo esempio. Ci diamo appuntamento con la libertà e quando a maggio ho una settimana di ferie, cominciamo a prepararci per la triplice avventura che partoriamo dopo un incontro sulla complicata morfologia dei Monti del Sole. Avvicinamento per l’Alta Via dei Monti del Sole, notte in grotta e poi scalata del Bus del Diaol e traversamento tramite Viaz dell’incredibile parete nordovest dove c’è l’enorme caverna che da il nome alla montagna. Una montagna bella come poche e alquanto nascosta ed isolata. Frenetiche consultazioni meteo e impegni da schivare c’inducono alla partenza mercoledì mattina 19 maggio 2021. Alle 6 sono al Roccolo, dimora dell’eremita Zeno e partiamo alla volta delle Dolomiti Bellunesi, carichi di cibo più che di attrezzatura, viste le previsioni di due notti in grotta senza possibilità di rifornimenti di acqua e cibo. Partiamo verso le Dolomiti e usciti a Dueville dall’A4 prima di arrivare a Belluno entriamo nella valle del Mis e saliamo fino alle poche case di Rosse Alte (q.500) porta d’ingresso da sud nel misterioso regno dei Monti del Sole. Buttiamo per strada come abbiamo visto fare a Yosemite tutto il nostro materiale e il cibo e cerchiamo di ragionare su cosa portare. Gli zaini sono ben presto stipati, con quello di Zeno che fa la parte del leone e alle 10.30 lasciamo la civiltà. Saliamo pesanti e vivo con timore la salita alla fontana dove ci riforniremo di acqua (almeno 2 litri a testa). La cima dello Sperone aguzza ci sovrasta e incontriamo climber locali, un rospo prima e una salamandra poi. Fra vallette, saliscendi e passaggi in cengia arriviamo un’ora dopo a Casera Nusieda( q.970, h 11.30) magnifico prato con appagante vista sulla rilassante ValBelluna, dove ci togliamo gli zaini, le zecche che qui spadroneggiano e beviamo beviamo e ci riempiamo d’acqua. A mezzogiorno ripartiamo e noto subito che la traccia, in avvio di stagione, è più evidente delle volte precedenti dell’anno scorso quando ci arrivai d’estate. Saliamo tranquilli per le belle cengie che contornano alte pareti e poi per il ripido e impegnativo boschetto di faggi che ci porta a sbucare nei prati di Forzela de le Canevuze (q.1450,h13) , in vista del mitico Sass de Peralora,dieci minuti e cento metri di dislivello più sopra. Alle spalle ormai a coprire parzialmente la pianura bellunese i timidi profili dei Pizet. Ora saliamo sulla dorsale che ci collega allo spigolo del Zimon de Peralora con la vista che si apre sul mondo dello Schiara e del Viaz e sulla incombebte e verticale parete della Palazza. Proseguiamo in salita fino alle rocce della montagna che poi ci lasciamo a sx per abbassarci di qualche metro nel bosco sul versante orientale e poi con un poco di difficoltà di orientamento iniziare a seguire in piano il sentiero che per cenge e bancate porta sopra la Val de le Coraie. La traccia piega repentina a sx vs l’alto e ci infiliamo nell’umido e attrezzato budello roccioso che con qualche passo vicino al terzo ci porta ad un canalino erboso bello verticale che si può affrontare per muretti brevi e verticali o aggirandoli per mughi a sinistra fino ad arrivare ad una catena che permette di uscire dal canalone. Ancora per ripidi fra erbe e mughi fino a sbucare al Forzelon de le Mughe( q.1830,h 14.45). Tira vento che ci sbatte in faccia nevischio e non contempliamo come meriterebbero la prima grande visione delle magnifiche pareti che ci circondano: rapidi ci buttiamo sul versante ovest scendendo in direzione dei basamenti rocciosi del Fornel che contorneremo lasciandoli alla nostra dx. Ma uno sguardo alle Pale che lontane emergono dalle nubi basta a far volare la nostra fantasia verso il seducente profilo missilistico del Sass Maor o le belle cime Canali e di Ball. Più vicini a dx il Pizzocco e l’Agnelesse vestito a bianco dalle recenti nevicate. Ampi nevai sotto la parete nord del Zimon. Pochi passi sono sufficienti a far emergere dietro il profilo erboso del Col dei Sech la cuspide della nostra montagna che cominciamo a fotografare e zoomare: quant’è bella anche da questo lato che pure non è il migliore. Oltre il primo giro di mughi ci attende la prima sorpresa(e non sarà l’ultima) di un ampio nevaio da traversare: le pendenze in traverso sono attorno ai 40/50° e senza ramponi e picche viaggiamo attenti e timorosi. La neve relativamente molle si fa prendere a calci ma il sottofondo più duro ci mette tensione. Intanto è apparso il Mont Alt e noi continuiamo tra terre e nevi il nostro attraversamento. Per altri traversi nevosi(scivolare significherebbe non fermarsi più) arriviamo sotto lo spigolo del Mont Alt,alto e calcareo sopra di noi, disegnato nell’azzurro luccicante del cielo e sostenuto dal violetto tappeto di bellissime distese di erica. Poi continuando verso nord risaliamo verso la forcella del Col dei Sech(q.1800m,h 16.15) dove facciamo merenda prima di discendere l’infido canale sassoso ora completamente nevoso. Mi sento stanco di testa dopo tanto procedere su queste nevi insidiose, e sono contento che sia Zeno in genere a battere traccia.Scendiamo faccia a monte percuotendo violentemente la neve con gli scarponi e assicurandoci con le mani nella neve, io coi bastoncini e Zeno con un più funzionale bastone a mò di picca. Arriviamo così a dover girare a dx verso il delicato traversino sdrucciolevole. Attraverso cauto tenendo delicatamente il cordino metallico che so non dover caricare ma ad un certo punto lo sento così leggero che guardando avanti mi rendo conto essere tranciato. avverto Zeno e la prima tentazione è terminare di traversare ma poi l’allarme di Zeno mi fa preoccupare e proponendo lui di assicurarci, ritorno cautamente sui miei passi e tiriamo fuori la corda. Sosta su mughi e prima lui e dopo io arriviamo dall’altra parte. Ormai l’immensa parete gialla della Croda Bianca o Cima delle Coraie ci si para davanti seducente e invitandoci a raggiungerla. Zeno è attirato da una semiparete gialla e bucherellata dove sogna di aprire una via. Altri infidi traversi nevosi e alle 18 siamo sotto il paretone con il naso all’insù e finalmente all’asciutto per un buon tratto. Ci illuminiamo d’immenso,minuscoli nella grandiosità della parete che ci sovrasta e pare volerci inghiottire. Per facili bancate raggiungiamo lo spigoletto che divide la parete gialla da quella grigia e con semplici passi su buona roccia di secondo grado lo raggiungiamo godendoci l’assurda posizione in mezzo alle due immense pareti di questa incredibile montagna. Si vede la nostra forcella d’arrivo ma come temevo anche i nuovi nevai da traversare per raggiungerla anche se sembrano un poco meno inclinati. ormai siamo nel regno del Re che domina con la sua spavalda presenza, circondato dai Feruch,dai lontani Tamer, dalla Zima del Camin. Zeno si emoziona vedendo spuntare il possente obelisco imbiancato dell’Agner. Sono le 18.30 e cominciamo i primi delicati passi su roccette friabili per guadagnare il nevaio da traversare. Convinco Zeno, memore dell’errore della volta precedente a perder quota verso mezzo nevaio ed iniziamo la risalita fra mughi e neve nel mentre che la luna spunta oltre la cresta del Mont Alt. Raggiungiamo fra i tagli nei mughi verso Forzela de la Caza Granda (m.1850, h19.10). lo sguardo torna a posarsi sullo Schiara in procinto di colorarsi di sera. Scolliniamo nuovamente ad est e in pochi passi ancora nevosi( almeno avremo riserva idrica) raggiungiamo il Grotta Hotel e tolti gli zaini cominciamo l’operazione Fuego. Zeno tira fuori la sua preparazione e dedizione scout e comincia ad occuparsi del recupero di mughi secchi, cui mi dedico anch’io. Un’ opera di pulizia della costa dai residui secchi che sono comunque inumiditi dalle piogge dei giorni precedenti. Pochi attimi dopo Zeno comincia il laborioso processo di accensione che dopo l’entusiasmo iniziale fatica a rimanere acceso. Il maestro conclude che il mugo brucia poco soprattutto se umido. comunque soffiando a più riprese come un mantice crepitio e fumo a volontà diventano compagni del nostro silenzioso approccio al miraggio della cena a base di tortellini che il mio compagno memore della disavventura in Valgrande quando li rovesciò nel dirupo, vuole qui riproporre. mi occupo del recupero neve da far fondere. Ottenuta dopo lunghe fatiche una brace sufficiente e predisposte pietre atte all’appoggio del pentolino, la nostra fame è tale che mangeremmo qualunque cosa. Quando l’acqua bolle, è festa che esplode quando i prmi tortellini con bresaolain ammollo cominciamo a scaldare i nostri corpi dai piedi maceri. Sono già calate le tenebre e mangiare attorno al fuoco ora libero di fiammeggiare è veramente bello. Nel frattempo avevamo con dei teli trovati nella scatola di plastica della grotta costruito una sorta di tenda per ripararci dallo stillicidio. Sono circa le 22 quando ci rintaniamo nella grotta interna (zona letto), ci infiliamo nei sacchi leggeri sotto una coperta a testa presente nel magic box. Il fumo ha invaso il nostro riparo e unito alla polvere delle coperte crea un mix aggressivo: continuiamo a tossire e a ridere finchè Zeno si offre per andare a spegnere il fuoco. Non lo sento rientrare ma ormai sto lottando con le palpebre( il mattino dopo mi racconta che aveva buttato un tizzone fra i mughi e aveva paura d’incendiare la montagna perché questo non si spegneva…) e la notte tutto sommato passa fra poco freddo e qualche riassestamento sul fondo sconnesso e dalla mia parte inclinato. Il mio materassino ad aria risulterà ottimo ed efficace. Ci rialziamo inondati di sole e anche ben riposati e l’unica nota stonata è quella di dover rinfilare le calze bagnate e gelate. La notte la temperatura dovrebbe essere stata attorno allo zero, ma nel nostro antro stavamo bene. Nessuna intenzione di riaccendere il fuoco, colazione frugale e abbandonata l’ipotesi per il troppo innevamento di raggiungere Forcella dei Pom per fare il Viaz del Bus, ci prepariamo per la scalata della via Schuster portando con noi solo il materiale da arrampicata e lasciando tutto il resto in grotta. poco prima delle 8 ci fotografiamo in partenza. Dopo un avvio fra mughi alla prima svolta siamo già immersi nel solito costone inclinato ed innevato con la neve leggermente rigelata che ci costringe a scalciare per avere nei solchi ottenuti un minimo di sicurezza. Un ripido tratto a fianco dei mughi mette subito a dura prova le mie mani che seppur gelate devono scavare nella neve alla ricerca di un poco di equilibrio: ne esco provato e Zeno riprende il comando sul lungo traverso nevoso che ci porterà nel canalone da cui saliremo all’attacco. Risaliamo ancora su neve finchè roccette con passi di I° grado ci permettono di accedere alla traccia che nelle ghiaie sale verso lo spigolo sudoccidentale. Solito attimo di disorientamento per trovare l’inizio della via, che diventa quasi smarrimento quando affacciandoci oltre lo spigolo respiriamo il vuoto che abbiamo davanto rotto più in basso dalle creste delle Covolere e dalla non identificabile con certezza Forzela dei Arner, ma soprattutto dalla vertiginosa cengia che corre alla nostra quota lungo la precipite parete sudovest del Bus. lontani a chiudere l’orizzonte le Pale e il gruppo dell’Agner, con davanti il muro di confine di questi territori misteriosi, vale a dire il massiccio del Piz de Mezzodì. Poi Zeno maestro della geologia che parla alle rocce come San Francesco agli animali, ottiene facilmente da una più attenta osservazione la risposta a dove salga la via identificandone tutti i passaggi. Non resta che prepararci e alle 9 Zeno comincia il primo facile tiro di II° salendo su roccia chiara verso il cielo blu e facendo sosta circa 30 metri dopo nel verde generoso di un cespuglio di mughi. Recuperatomi, si lancia verso il tratto chiave costituito da 15 metri che si alzano verso un diedro valutato IV+, dove Zeno dopo essersi protetto anche ad un chiodo sottostante, comincia a scalare con movimenti che mi sembrano difficili alla ricerca di appoggi sulle pareti laterali che appaiono lisce. Fra me penso che io senza scarpette dovrò invece sfruttare la fessura centrale andandoci ad incastrare gli scarponi. Zeno insiste nel piantar protezioni ma non riesce a salire. Dopo un poco lo invito alla prudenza, a non rischiare che se qui si fa male tocca chiamare l’elicottero, isolati come siamo dal mondo e lui poco dopo a sorpresa mi dice che seguirà il mio consiglio e si accinge a scendere manovra che diventa un poco complessa perché deve disarrampicare mentre io intanto che lui leva le protezioni lo assicuro su una corda. Giunto infine al chiodo che è traballante e che ripicchia col martello si cala più celermente, raggiungendomi al mugo. Gli chiedo se posso salire a vedere il diedro, ma poi presi dalle manovre e dalla discesa su rami di mugo, rinforzati, ce ne dimentichiamo e ci caliamo riguadagniando il pianeta terra alle 11. E’ una giornata stupenda, possiamo contemplare la triade degradante delle enormi pareti di Croda Bianca, Mont Alt e Zimon di Peralora che sembrano le Tre Cime dei Monti del Sole. Zeno appare un poco deluso dalla sua prestazione alpinistica, ma abbiamo operato in condizioni severe con roccia gelata, umida e a tratti mi dice anche ghiacciata. Oltretutto scopro che non ha friend con sé ma che aveva solo dei dadi e questo rende chiaro il motivo della ritirata, oltre a suo dire l’essere fuori allenamento. Studiamo la linea di discesa per la valle che scende davanti a noi e che più in basso sfocia in Val dei Forti e che ci sembra percorribile ( per Zeno TUUTTE le valli sono percorribili in discesa…). Mentre ci appare da qui improbabile la discesa diretta in Val dei Forti lungo una probabile via di salita che sfocia laterale al nostro sbocco provenienti dall’alta via( da qua sembra impossibile anche il traverso su nevai da noi percorso ieri e che ci appare come un lenzuolo verticale steso sui baratri sottostanti…). Problematico nonché lungo appare anche tornare da dove siamo arrivati e quindi ci ripromettiamo di studiare bene la situazione in grotta dove abbiamo il materiale letterario. Proviamo a vedere di trovare il sentiero per la forcella della Montagna Brusada, ma naufraghiamo in due differenti mari di mughi ed è probabile che la traccia corra più bassa. Allora,ripercorriamo a ritroso il cammino e ancora per neve fortunatamente ora più sfondosa riguadagniamo la grotta. Risistemiamo i teli e le coperte, impacchettiamo tutto il materiale negli zaini e prese in mano le relazioni di sentieri che son descritti ma non possiamo esser certi che esistano, optiamo per risalire in direzione dello spigolo ed eventualmente Zeno proverà a dare un occhio giù dall’altro sbocco della forcella Caza Granda che resta un poco più alto rispetto al traverso nevoso che percorriamo. Lasciamo la grotta alle 13.30 e quando siamo sotto all’altro sbocco della forcella, immersi nella neve neanche Zeno ha voglia di navigare nella neve fresca per guardare dall’altra parte e allora proseguiamo per la via nota. Alle 14 siamo nuovamente sotto lo spigolo d’attacco del Bus, davanti al canalone che scende vs la Val dei Forti. Mi apparto per fare dei grossi bisogni e poi seguo Zeno che si è già lanciato in discesa. Scendiamo a vista perché tracce non ce ne son proprio confidando e sperando di non trovarci la strada sbarrata da qualche salto e intanto io seguo il crinale alla mia dx per cercare di individuare la traccia che dovrebbe portare alla forcella della Montagna Brusada e credo d’intuirla più che vederla. Intanto scendiamo per nevi e bei tappeti d’erica fino a quando uno strapiombo nel vuoto ci sbarra la strada. Zeno comincia a parlar di doppie ma non mi convince e risalendo un poco il greto che stavamo scendendo provo a spostarmi un poco a dx col pendio che diventa più dolce e sembra proprio andare a congiungersi col canalone che risale l’ultimo tratto della Valle dei Forti. Entusiasta di poter evitare una doppia nel vuoto chiamo Zeno e in pochi passi in discesa verso dx arriviamo alla sorgente citata nella relazione di Luca Bridda. Sono felice perché oltre ad aver evitato i pericoli, siamo anche arrivati sull’itinerario percorribile che qua va riconosciuto perché non ci son tracce o segni di conferma. Beviamo avidamente e diamo un occhiata alla parete-canale, macchiata di mughi che ci sta sopra e che conduce a sbucare in cresta poco sopra il tracciato da noi prima percorso, rappresentando l’accesso più diretto per Forcella della Caza Grande. Sembra percorribile anche se non semplicemente, probabilmente con qualche breve passo di arrampicata attorno al II° grado. Poi inizio a scendere per il canalone nel quale scorre il torrentello e superiamo come da relazione alcuni brevi passi un poco difficili, disarrampicando attorno al II°, III° grado e arriviamo così ad uno dei posti mistici di questo luogo, La Posta del Sass(q. 1650 circa, h15.15). Ora comincia un immenso nevaio su pendenze delicate che copre tutta l’alta Valle dei Forti e che cominciamo a percorrere sciando sulla la neve fino in fondo a questo canalone racchiuso fra le pareti della Montagna Brusada da una parte e dell’Alta Via dall’altra(l’immensa parete della Croda Bianca ci sta proprio sopra). Un ambiente veramente severo selvaggio e magnifico. Un quarto d’ora di corse dopo siamo in fondo al vallone dove la neve finisce e un grosso salto roccioso c’invita a deviare vs sx dove identifichiamo un luogo chiamato sulle relazioni Al Boschet. Facciamo pausa e cerchiamo conferma alle nostre intuizioni sugli estratti cartacei della Bibbia dei Monti del Sole. Mezz’oretta dopo ripartiamo e in un sasso sul bosco scorgo il primo sbiadito segnetto rosso ma navighiamo ancora a vista guidati dall’intuito di Zeno fino a ritrovare più sotto il canalone che avevamo abbandonato e arrivando in un luogo suggestivo dove il sentiero lo attraversa (nascosto sotto la neve) e riprende dall’alta parte finalmente visibile,lasciando l’orrido stavolta a sx e percorrendo una cengia con stillicidio e bellissima cascata che oltrepassiamo. Ormai riusciamo quasi a seguire fedelmente la traccia che percorriamo e alle 17 beviamo alle fresche e chiare acque del Rio Covolera( q.1200). Lo traversiamo e per boschetti erbosi in falsopiano (Drio le Coste) continuamo a camminare e scendere fin quando mi arresto improvvisamente accorgendomi di non avere il marsupio. So già che non lo troverò mai più perso chissà in quale recondito angolo di questo monti dimenticati. Per sicurezza controlliamo gli zaini e poi mi arrendo al momentaneo dolore. Poi alzo gli occhi, ammirando i bei profili dei monti del Sole che si stagliano alti ma sempre più lontani, e provo a dimenticare l’amarezza di avere perso il cellulare che mi aveva regalato qualche mese prima Dani. Passiamo sopra ad alcune belle cascate in basso nella Val Pisson( h 18.30) e raggiungiamo infine la mai da me percorsa strada forestale che ci porta infine alla splendida e tanto attesa fontana di Gena Alta( q.800, h 19) dove non facciamo il tanto sognato bagno perché la mia attenzione è subito attirata dall’ auto lì parcheggiata e che sembra in procinto di partire. Potremmo risparmiarci i 40 minuti per scendere a Gena Bassa, sulle rive del Lago del Mis e poi da lì sperare nell’autostop(difficile!) per fare i 15 km che ci separano dalla nostra auto. Torniamo in auto a Caprile e salutato mio padre che va a nanna cuciniamo una pastasciutta prima di addormentarci. L’indomani mattina organizzo per Zeno un tour delle bellezze locali e facciamo scorribanda nei Serrai di Sottoguda(scavalcando le reti di protezioni per i lavori di restauro a colpi di dinamite), poi lo porto a vedere dall’alto la grande diga della Val Cordevole, scoprendo un fantastico pianoro recintato che non avevo fino allora scoperto e che domina i piloni della costruzione proprio dall’altro. Zeno è in un suo paradiso geologico e osserva estasiato le molteplici formazioni rocciose. Poi saliamo ai Sass de Rocia dove troviamo una coppia di giovani climber che conoscono il mitico Francesco de Cassan che conobbi tanti anni prima e che ora mi dicono esser diventato guida alpina e una coppia di cui lei infermiera che ci parlano della pietra verde e di andare assolutamente sulla Croda Granda passando dal bivacco Michelazzi. Mostro loro il passaggio segreto del buco del coniglio e poi dopo esser passati dal Belvedere, da Colle S. Lucia e scesi da Selva, rincasiamo esausti da tutte le cose viste e pieni di emozioni per tutti gli incontri di questi giorni. Cuciniamo il cus cus rinvenuto nello zaino di Zeno, sistemiamo casa e torniamo verso la pianura. Quando torniamo Zeno?
Foto1 la montagna Foto 2 Zeno e il fuoco Foto 3 zeno sale il primo tiro
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