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   Agner da nord(Valon del e Scandole) a sud, 16/07/2006
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Veneto
Partenza  valle di san Lucano (700m)
Quota attacco  1500 m
Quota arrivo  2850 m
Dislivello  1300 m
Difficoltà  PD+ / III ( III obbl. )
Esposizione  Nord
Rifugio di appoggio  biv. Biasin
Attrezzatura consigliata  corda di sicurezza
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Nell’estate 2004, non ricordo perché o con che meta, arrivo al termine della Valle delle Valli,la ribattezzata anche da Ivo Ferrari Yosemite italiana, alias, la Valle di San Lucano. Una piccola striscia d’asfalto ne deturpa leggermente la bellezza seguendone il fondo e correndo parallela all’indomito Tegnas alter ego del Merced americano. Da una parte il profilo infinito dell spigolo nord dell’agner ferisce il cielo e dall’altra le bastionate poderose e massicce delle Pale di San Lucano sfilano sfidandosi in bellezza. Forse per esplorare la zona o per infilarmi nello spazio evidente fra la Torre Armena e i Lastei d’Agner, raggiungo Col di Prà e alle 7.30 parto e dopo mezz’ora nel bosco, salgo fino a dover attraversare il nevaio del Van del Piz (canalone a dx dell’Agner). Oltrepassatolo con fatica per via della neve molto dura, si seguono le tracce sulla sponda opposta e guadagnato livello ci si riporta a dx, dove si rinviene la targa dell’ex percorso alpinistico Giorgio Costa che andrebbe a risalire l’alto Vallon delle Scandole. Si seguono i bolli e le tracce di questo sentiero (non è sempre facile seguirli) per prati ripidi e roccette, con passi anche di II° grado in ambiente umido e viscido. Si entra poi a sx in un canale con una finestra naturale visibile in alto, che raggiungo alle 9. Si risale tutto il canale, magari stando sui verdi a dx, e raggiungendo infine la Forc.del Col Negro. ora si prosegue vs dx per raggiungere il violento e profondo solco del Vallon delle Scandole, in ambiente magnifico e severo. C’è un nevaio enorme(nonostante la stagione avanzata) che si alza per svariati metri a ricoprire il fondo del vallone e rendendo impossibile senza piccae ramponi il suo superamento e che di fatto rende impossibile il suo superamento. Per oltre un’ora provo a cercare se ci sia qualche passaggio ma il ghiaccio o pareti levigate rendono vana la speranza di passare che esiste probabilmente sul fondo intasato da metri e metri di neve pressata e gelata. Alle 11 mi arrendo e scendo ripromettendomi di tornare il prima possibile perché questo è uno dei posti più incredibili che abbia mai visto: ritorno alla forcella e anziché ridiscendere subito, traverso il primo nevaio incontrato e risalgo vs il Biv. Cozzolino altro straordinario avamposto di queste lande severe imponenti e verticali. Mi soffermo un’oretta in questo luogo di leggenda dove è passata la storia dell’alpinismo e dei suoi maggiori interpreti( Messner e Bee solo per far due nomi…) e che è relegato al silenzio più assoluto sempre all’ombra fredda e tenebrosa ma con vista sole che scalda sempre lo zoccolo e le pareti delle dirimpettaie Pale di San Lucano e lo Spiz di Lagunaz. Poi mangiato qualcosa e assorbiti i superpoteri del luogo che mi trasformeranno in un forte alpinista, scendo a salti, riguadagnando l’auto a Col di Prà.
L’occasione capita un giorno del tardo settembre,non ricordo perché fossi a Caprile( forse un ponte di ferie del mio lavoro da infermiere). sono gongolante anche perché è la prima volta che uso in montagna la macchina fotografica digitale,che libera dalla paura di fare scatti inutilizzabili: che gran libertà! Il 27 del mese alle 8 del mattino, lascio l’auto a fianco del torrente Tegnas e attraversatolo seguo il sentiero per il biv. Cozzolino che lascio poi per prendere la traccia dell’ex sentiero alpinistico Giorgio Costa che devia a dx vs la F.lla col del Negro. Arrivo alla targa alle 8.35 e dopo il traverso sul fondo del vallone poco prima delle 10. Ora il nevaio si è molto ridotto e pur costringendomi ad improbabili passaggi tra il ghiaccio e la roccia, riesco comunque dopo un quarto d’ora di evoluzioni,a varcare la soglia e come in una valle incantata si dischiudono alla mia vista i segreti del Vallone. E’ un canyion ,budello che sale come un serpente fra le viscere della montagna chiuso da quinte rocciose che tolgono la prospettiva d’insieme e pareti altissime che sembrano chiuderlo in una morsa. Il cielo è sopra, troppo alto per essere guardato. Muovo ammirato i primi passi sul fondo roccioso come se entrassi in un luogo inviolato: senz’altro è un posto magico e misterioso. Dopo pochi minuti incontro il primo ostacolo rappresentato da due blocchi di pietra enormi che ostruiscono il fondo: salgo lateralmente il primo mentre il secondo va passato(non ricordo dove l’avevo letto) facendo passare lo zaino in una grossa fessura ma troppo piccola per una persona che deve invece passare sulla paretina esterna esposta al vuoto sottostante( passaggio di II°). Recupero lo zaino , vado oltre e alle 10.50 devo scavalcare un altro blocco che apre l’accesso ad un tratto del canyon completamente occupato da un resistente nevaio duro ma fortunatamente non troppo inclinato e quindi facilmente percorribile. Sembra un toboga che si snoda fra le alte pareti e che rende surreale il mio procedere( pare di essere sul set dell’Era Glaciale) su questa striscia che lenta sale.
Ad un certo punto il budello sembra andare a chiudersi contro una parete impervia e allora intuisco che ci si deve alzare anche se a dire il vero non vedo più gli sbiaditi bolli rossi che ogni tanto assecondavano il mio viaggio. Sono sotto una paretina piuttosto liscia che però sopra sembra diventare più abbordabile e tento l’approccio: mi alzo e quando mi sembra di avercela fatta come un gatto sugli specchi scivolo giù raspando sulla liscia parete e, preparandomi al brusco atterraggio, affondo sul morbido ghiaietto sottostante. Non ho intenzione di riprovarci e percorro a ritroso cercando un punto più facile da risalire. Lo trovo, addirittura certificato da un bollo rosso sbiadito posto più in alto e che stà ad indicare l’aereo percorso. Sono passi semplici ed un nuovo entusiasmo mi infonde la carica e la certezza di essere sulla giusta strada. Sono le 11.30 e proseguo alto a dx del canyon, sospeso fra la parete alla mia dx e il fondo pieno di neve del budello. Traverso lungamente su terreno che diventa salendo un poco più facile arrivando poco dopo in una zona in cui la forra si allarga improvvisamente togliendomi dal senso claustrofobico delle ultime ore. Sono le 12.30 e tra me penso che forse è fatta: addirittura i bolli ora sono diventati di un rosso più intenso e quindi meglio visibili. Il cielo diventa più ampio e salgono più leggeri i miei pensieri colorandosi dell’ottimismo della luce. Dopo alcuni passi un enorme fetta di roccia divide due canalini ma diventa ben presto evidente che il mio è quello di sinistra che punta all'evidente forcella del Pizzon, fra Torre Amena e Lastei dell'Agner. Un ultimo timido tentativo di opporsi alla mia salita con un muro di neve, che però supero facilmente, e arrivo alla bocchetta dalla quale posso scorgere in alto la lamiera rosseggiante del bivacco Biasin. Sopra torreggiano le calcaree guglie dell’Agner nel blu cobalto dell’alta quota. Alle 13.30 raggiungo il bivacco e lo sguardo sorvola l’incredibile torre armena che è proprio in fronte e sotto di me. Mi fermo 10 minuti a contemplare il mondo e l’inverosimile vallone risalito che è già sparito dietro le pareti. Poi alzandomi lo spazio si apre sempre più e alle 14.15 quando sono in vetta ai 2843 mt dell’agner, posso vedere tutte le Dolomiti tenersi per mano e fare girotondo intorno a me. Sono veramente felice,mi sembra di volare e continuo a girare lo sguardo di catena in catena: le Pale di San Martino, la Marmolada, Civetta Pelmo e le Moiazze, i monti dell’Agordino e quelli del Sole. Alle 15 sono di ritorno al Biasin e alle 17 al Rif.Scarpa scendendo dalla normale. Poi in mezz’ora giù fino a Frassenè e ritorno in Val di San Lucano in autostop.
Che dire? ... Un viaggio assurdo, in un ambiente aspro e selvaggio, tra gole profonde ed enormi pareti. Chi avrà il raro privilegio di provare questa traversata, potrà godere di un qualcosa difficilmente ripetibile.
Foto1 vs l’ingresso del vallone Foto 2 nevaio nel vallone foto 3 io in cima
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