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   traversta torri vajolet, 23/10/2018
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Trentino Alto Adige
Partenza  rif. gardeccia (2000m)
Quota attacco  2600 m
Quota arrivo  2800 m
Dislivello  200 m
Difficoltà  D- / IV+ ( IV obbl. )
Esposizione  Sud
Rifugio di appoggio  re umberto
Attrezzatura consigliata  nda
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Con Nadir riusciamo finalmente a programmare un giro in Dolomiti e ci troviamo concordi nell’iniziare da un classico ma finora inesplorato (per entrambi) angolo: il Gart. Anche se a dire il vero io c’ero già stato da piccolo ma non certo per arrampicare. Il nostro obiettivo sono le torri del Vajolet: sogniamo di compierne la traversata ma il programma lo definiremo al momento. Per una volta tanto sono io a doverlo convincere ad una scelta plaisir: infatti il compagno si arrende al mio programma e cioè dormire a casa dei miei a Caprile e salire l’indomani tranquillamente in navetta fino al Rif. Gardeccia. Dormiamo quindi belli comodi in letti silenziosi e gratis preferendoli all’addiaccio sotto le pareti o al Rif Re Alberto. Ci alziamo alle 6 dell’11 settembre 2018, con calma, transitiamo per il Passo fedaia mentre marmolada e poi Gran Vernel si tingon le punte dei capelli di rosa e scendiamo in Val di Fassa a San Nicolò con grandiosa mattutina vista sul Sassolungo che mi evoca fantastici e vicini ricordi di un mese orsono. Siamo puntuali in Val di Fassa per prendere la prima navetta delle 8, noi in ombra mentre già brillano di sole i dirupi del Larsech che salgono con le loro forme slanciate vs il cielo. Sale rapida la stradina per una decina di km e ci lascia alle 8.30 al Rif. Gardeccia (q.1950) nella meravigliosa conca racchiusa fra le pareti di Mugoni, Coronelle, Creste di Davoi, Catinaccio, Torri settentrionali del Vajolet, Catinaccio d’Antermoia e a chiudere il cerchio, i dirupi del Larsech col Gran Cront che sembrano cascarti in testa. Le Torri del Vajolet ammiccano già in fondo, luccicanti dietro i prati di questa vallata paradisiaca e cominciamo a camminare nel comodo sentiero che piano si alza vs il Rifugio Preuss (q.2250,h9). Ora siamo proprio sotto la massiccia Torre Emma e si vede la valle che a sx dovremo salire controllata come da una sentinella dall’esile profilo della T. Winkler che copre le sorelle, più timide e nascoste dietro di lei. Bastano pochi passi, si disegna un arco di cielo blu ribaltato e disegnato tra le due torri sopracitate e arriviamo alla selva di cartelli che c’invitano ad abbandonare la Val Vajolet, lasciando sulla dx la prosecuzione per il Catinaccio e svoltando svelti a sx dove le pendenze aumentano ed entriamo nel regno di roccia di Tita Piaz. Su di noi incombono a dx la torre Emma e a sx le Torri settentrionali. Salendo si delinea in quella rocciosa corsa vs il cielo la torre Winkler e poi piano piano come la pagina di un libro che si apre si dispiegano le tre torri riempiendo di magia i nostri sguardi ammaliati. Arriviamo così poco prima delle 10 di un mattino blu che più blu non si può al Rif. Re Umberto a quota 2600: c’è poca gente e non si vedon in giro zaini con corde e caschi. Dietro il grazioso rifugetto, la sagoma da istrice della Croda di Re Laurino..a partire dai nome, questo è un luogo fatato dove tutto sa di leggenda. Le tre sorelle ci osservano imperscrutabili, cenni di accoglienza solo dalla piccola a confronto Torre Piaz che sembra la figlia di una delle tre. Facciamo 2 parole col simpatico rifugista , andiamo in bagno a riempire le borracce dal rigagnolo d’acqua non potabile che esce dal rubinetto e poi paghiamo la cortesia acquistandone altra. In cambio ci dà delle indicazioni sulla possibilità di risalire la Torre Stabeler una volta giunti al masso incastrato aggirandola sul versante nord e alle 10 passate da poco c’incamminiamo sulla via dei sogni con l’idea di salire lo Spigolo Delago. Ora le torri da questa nuova prospettiva assumono le sembianze più slanciate con cui siamo abituati a vederle ritratte. Da sotto, la Torre Piaz assume ben presto le sembianze di una quarta sorella ma poi salendo brilla di luce propria e si staglia alle nostre spalle come un fulmine lanciato vs il cielo e meritandosi ammirazione e fotografie mentre l’esposizione cambia salendo vs l’attacco e le divertenti roccette che lo sostengono. Catinaccio e crode di Re laurino chiudono il catino delle meraviglie su cui è depositato come un uovo nel nido il rifugio. Tra le guglie rocciose ed assolate del Gran Cront, in direzione sud, emerge incredibilmente la pinna di squalo della marmolada con la precipite e verticale parete sud e il morbito dorso innevato rivolto al nord. Che immagine lontana dal sole in cui noi ora siamo immersi. Zoomo sulle torri e verso il secco alveo del laghetto che in teoria avrebbe dovuto rifornire un poco d’acqua al rifugio. Ci avviciniamo alle torri e alle loro rocce basali con la Torre Piaz che si alza accanto a noi in una meravigliosa verticalità che lacera l’azzurro profondo del cielo, ed è soprattutto salendo le prime facili rocce che dà il meglio di se manifestandosi in tutto il suo terribile isolamento: solo aria da tutti i lati, mancanza di spazio..si son sciolti i CCCP..e lei l’ha scelto come paradigma della sua vita. La osserviamo e fotografiamo irretiti dalla sua bellezza e alterità, irraggiungibile come una donna che non ne vuol sapere. Miracolo di equilibrio. Da sfondo la Croda di Re Laurino per non esser da meno ha assunto un’estetica curvatura di cresta che precipita a destra verso nord. Alle 10.30 siamo al luccicante anello di sosta che segna l’inizio della via: sopra si slancia nel cielo lo spigolo. Come un campanile di roccia. 1° tiro: Il primo tiro rimane sul lato destro per placche lavorate, con un passaggio più impegnativo nel superamento di un piccolo strapiombo(IV+ – chiodo) e si sale fino alla sosta su terrazzino sul filo dello spigolo (25 m – 3 chiodi). 2° tiro: il più spettacolare, si sale direttamente il filo in grande esposizione. E’ impressionante questo tiro che fende il vuoto disegnando un confine d’aria fra Veneto e Trentino Alto Adige; e si arrampica realmente con i piedi in due regioni diverse (IV°). Poi a destra più facile (III) fino a un terrazzino dove si segue una fessura giungendo alla cengia dove si sosta (30 m – 3 chiodi). 3° tiro: si sale il diedro a dx del filo dello spigolo (IV – 2 ch.), poi più facile (III) fino alla sosta (25 m – 2 ch.). da questa sosta, mentre nadir s’inerpica vs il cielo, fotografo le lontane e bianche calotte sommitali del Vioz del Cevedale e del Palon de le Mare. 4° tiro: si sale la fessura (IV – friend incastrato), quindi si ci sposta a destra lungo un canale diedro con roccia meno stabile e lo si segue fino alla vetta. (45 m – 1 chiodo). La scalata al di là di qualche singolo passo IV°+ non è mai sostenuta navigando fra il terzo e il quarto. L’esposizione sempre eccezionale resa però meno opprimente dall’abbondanza di prese poche delle quali a dir il vero molto unte. Si sale nel vuoto. Rispetto alla media delle nostre avventure (sempre lunghe ed estenuanti) ci troviamo in cima senza apprensioni, velocemente e col rammarico che sia già finita. Si è veramente in cielo e il video in cui recupero Nadir dalla piazzola di vetta mentre lui cammina sulla cresta, lo testimonia credibilmente. La Stabeler è di fronte a noi, vicina ed irraggiungibile per noi privi di ali. Il vuoto ci circonda. Sono le 13 e dopo esserci goduti ampiamente il panorama, dietro di noi le Torri settentrionali e il catinacio d’Antermoia, ci caliamo nell’aria in direzione del masso incastrato fra la torre Delago e la Stabeler: 30 mt senza toccar roccia! Vedere sotto di me Nadir con i piedi per terra, mi rincuora e mi lancio a mia volta nell’etere. Lì giunti adocchiamo la cengia rocciosa che s’insinua vs l’ombra del lato nord osservando i canalini che salgono vs l’alto e cercando di capire quale sia quello giusto. Continuiamo a traversare superando un marcio umido ed esposto traversino di II° grado e poi risaliamo fino ad una parete solcata da un camino ma che non sembra molto facile. Nadir prova a salire traversando a sx ma mi rilancia bad news e dopo qualche tentativo rinuncia per le evidenti difficoltà non prima di avermi fatto agitare dicendomi di stare all’occhio con la sicura perché tornerà su terreno difficile. Per fortuna ci ricompattiamo e allora Nadir traversa ancora vs sx completando quasi il periplo della torre fino ad imbattersi probabilmente nell’ultimo tiro della via normale che rapidamente saliamo e alle 15 festeggiamo sull’ampia spaziosa e sorprendentemente piatta cima della torre Stabeler. La Torre Winkler occupa lo spazio di cielo a lei assegnato e degli inglesi raggiungono la cima della Delago che è a 15 mt in linea d’aria e sono gli unici altri scalatori di giornata. Il panorama da quassù è immenso e va dai vicini Catinaccio e Antermoia, alle Torri Nord del vajolet e alla Croda di re Laurino e poi le Pale di San Martino allineate tutte tra Agner a sinistra e Cimon della Pala a destra, poi più a sinistra Antelao,Marmolada, Cime d’ombretta e Uomo. Oltre il Passo Principe salutano il Corno Nero e quello Bianco. E’ tardi e non ce la faremmo a tentare anche l’ultima torre rimasta e quindi ci caliamo per le solide soste verticali della via Emmerich, ripassando dal masso incastrato. Doppie aeree e veloci e alle 16.30 disfiamo le corde per riporle negli zaini e fare gli ultimi passaggini su roccette e iniziare la discesa da terminare entro le 18, orario dell’ultima partenza per la navetta che ci riporterà in valle. Riguardando le torri è impossibile non provare un fremito al pensiero di averle scalate e lungo quello spigolo che corre verticale vs il cielo. Torneremo,Torre Winkler torneremo. Salutiamo la loro maestosità che in quest’ora del meriggio si staglia contro un cielo blu profondo esaltandone la verticalità e bellezza e a balzelloni voltiamo le spalle ad una magnifica giornata di sole roccia e allegria. Alle 17.15 ripassiamo dal Preuss e poi è tutto un immortalare torri a destra e sinistra con i giochi di luce tipici del tramonto. Ripassiamo sotto le giallonere compatte placconate del Catinaccio e continuo a zoomare in direzioni delle torri che giocano con le ombre a nascondino fra spigoli fessure e diedri. L’ultima inquadratura, è verso valle dove sasso delle Undici e delle Dodici danno il meglio di sé nel saluto al sole. Grazie Nadir…come sempre! Foto1 le Torri del Vajolet foto2: io e Nadir cima Delago foto 3: mondo d’aria
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