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   tentativo corni di nibbio, 02/02/2016
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Lombardia
Partenza  alpe ruspesso (950m)
Quota attacco  1575 m
Quota arrivo  1505 m
Dislivello  100 m
Difficoltà  PD+ / II ( II obbl. )
Esposizione  Nord-Ovest
Rifugio di appoggio  
Attrezzatura consigliata  ramponcini corda cordini
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Pessime
Valutazione itinerario  Buono
Commento Gita stabilita da tempo sulla disponibilità di cecco il seminarista che tra un ritiro e l’altro fiugge saltuariamente tra i monti per vedere più da vicino il Dio che cerca nel suo percorso verso il sacerdozio. Meta è la fantomatica traversata dei Corni di Nibbio, serie di improbabili cime e quote che uniscono la Cima Corte Lorenzo da una parte al Pizzo Proman dall’altra, dopo circa 15 ore da passare a cavallo della valgrande a dx e della val d’ossola a sx, dell’autostrada nel fondovalle a dx e del wilderness più selvaggio a sx. Partiamo con intento esplorativo il 30/01/2016 essendo scarne le info reperibili sul web o su qualche libro e scarse le precipitazioni nevose in quest’inverno in ritardo. Saliamo in auto e dormiamo in tenda all’Alpe Ruspesso dopo essere usciti dall’autostrada a Gravellona Toce e aver proseguito per FondoToce. Risaliamo fino al termine della stradina asfaltata a quota 950, poco prima del Rif. Fantoli e alle 23 la vecchia tenda Ferrino è pronta per acoglierci. C’è un freddo umido che sale dal prato bagnato ma materassini e sacchi fanno il loro dovere e dormendo con i pile trascorriamo ridendo una buona notte. Alle 4.30 ci svegliamo, facciamo colazione , smontiamo la tenda che ricacciamo in qualche modo in macchina e alle 5 del mattino ci presentiamo puntuali alla luce delle nostre frontali a leggere i segnavia accumulati su di un palo. A noi interessa quello che indica Rif. Fantoli e Monte Fajè prima tappa dell’inizio della nostra lunga traversata per cresta. Per sentieri nel bosco raggiungiamo ancora al buio la cima indicata da un cartello appeso ad un faggio, alle h6 (q.1350) e rimiriamo dal poggio accanto ai resti delle onnipresenti teleferiche, le luci del lago che brillano laggiù. Riprendiamo subito la marcia, che a star fermi fa freddo, verso la Cima Corte di lorenzo indicata da altro cartello ligneo come meta per esperti. Camminiamo prima nel buio per boschi illuminati dal fascio delle frontali e poi lungamente per crinali rallentati dalla neve e dal terreno gelato e scivoloso che a sorpresa troviamo sui tratti a nord. Le prime luci del giorno ci vedono affrontare la cresta affilata ma semplice del Sassarut e poi il tratto un poco più impegnativo ed attrezzato che ripidamente per passaggi rocciosi (I°/II°) permettono di superare la paretina ed accedere all’erbetta sommitale della Cima Corte Lorenzo ( q.1575, h 7.45). L’intrigo di guglie che ci si para davanti impone riflessione sulle scarne relazioni di cui siamo in possesso e capire dove dovremo passare, è praticamente impossibile ma alla fine scendiamo dalla cresta più semplice pochi metri prima della croce di cima e raggiunta la cresta sottostante troviamo il foro chiamato “la finestra”. Dall’altra parte della Valle la cresta nera del Pedum buca le nebbie grigie. Scendiamo in versante nord, ed è come entrare nel regno dei folletti dispettosi: ombra ,gelo,neve, loppe erbose quasi verticali, placche scivolose, alberelli che si piegano all’ipotesi di reggere il carico di una doppia. Risaliamo nuovamente il versante sceso fino alla cresta e scendendo un poco oltre la finestra indoviniamo secondo noi il versante di discesa. Anche se il terreno è sempre impegnativo, costringendoci a sorreggerci ai cuffi d’erba secca o ai magri arbusti e d alberelli. Poco dopo, raggiunta una sorta di cresta rocciosa che scende in val Foiera, commettiamo il primo errore saltandola e scendendo nel canale di dx che percorribile quasi interamente( tranne qualche scostamento laterale a cercare erbe per aggirare placche scivolose) ci fa abbassare molto fino ad una sorta di pianoro. Sono le 10 e molto disorientati nel mare di guglie che ci sovrastano, scostiamo verso sx aggirando le propaggini basali di quota 1505 e del più discosto Torrione di Bettola, raggiungendo un canalone più ampio che risaliamo fino a quando va a morire su impercorribili placche viscide muschiose ed esposte. Nuova marcia indietro e tornati al pianoro, alle 12.30 decidiamo di risalire stando nell’ ampio vallone a dx del canale disceso. E’ praticabile, senz’altro è la linea più logica che offre la Val Foiera per risalire dalla bassa Valgrande e un insensato ottimismo ci coglie. Perdiamo tempo nell’intestardirci, assicurati, a valicare un enorme masso incastrato muschioso che in uscita offre un masso pericolante da abbracciare per uscire: ci provo io poi lascio a Cecco che più alto passa. Scherziamo fra noi dicendoci che da li forse non è mai passato nessuno( che cioè siamo i primi ..cioè i primi imbecilli…). Il canale poi peggiora e diventa simile a tutto questo lato valgrandino: erbe umide e verticali che rendono l’approccio più simile ad una lotta nella giungla in cui ci si aggrappa a tutto quello che si trova in giro che ad un’ arrampicata (l’unico elemento in comune è la verticalità e la tensione che accompagna i vari passi). Però ad un certo punto come un miraggio vediamo la sella che avremmo dovuto raggiungere alla nostra dx ma preferiamo non raggiungerla direttamente perché il canale roccioso sembra troppo umido per dare garanzie e scostiamo a sx su terreno che poi non risulta granchè meglio e finalmente, dopo l’ennesima traversata raggiungiamo la fantomatica sella e udite udite, troviamo pure un bell’ometto a marcare il luogo ormai quasi più metaforico che reale. Torniamo ad una realtà geografica, un punto sulla mappa preciso e definito dopo tanto indefinito girovagare fra le linne di quota del versante nord valgrandino. Sono le 14 e abbiamo impiegato 6 ore dalla cima Corte Lorenzo distante in realtà solo una mezz’oretta se fossimo rimasti alti in cresta senza abbassarci inutilmente e pericolosamente. L’ometto serve solo a consolidare la decisione già presa che mai si sarebbe andati a sx e allora svoltiamo l’angolo emozionati quasi sperando in un sentiero o almeno in qualche traccia ma di nuovo tutto sparisce. Fotografo una curiosa pianta grassa che non capisco perché debba esser cresciuta proprio lì e poi le cime del Torrione di bettola e del Pizzo Tre Croci che svettano davanti a noi oltre un vuoto che incombeminaccioso. Ritorniamo subito nell’incubo delle erbe malagevoli con la traversata che diventa anche più esposta e quando mi appresto ad attaccare il canalino erboso che dovrebbe portare alla cima quota 1505 Cecco mi urla che basta, non ne può più e fa cadere anche le mie ultime velleità e curiosità. Attaccare dopo 10 ore di lotta il passo decisivo (canalino erboso umido ed esposto) sarebbe stato un poco rischioso e ripercorro con attenzione le decine di metri che mi dividono dalla salvezza diviso tra l’insoddisfazione di tornare e il piacere di riconquistare del terreno solido e sicuro. Mi giro spesso a fotografare il passaggio per memorizzare luogo e via, in vista di un prossimo tentativo durante la stagione primaverile. Anche la risalita dalla sella verso la finestra che effettuiamo su due linee diverse( litighiamo furiosamente alla fine per difendere la scelta peggiore raccontandoci di numeri da paura per farcela..ma quando Cecco mi parla di sospensioni aeree su rami cadenti mi arrendo…) ci rende edotti sulla difficoltà di questo percorso che non ha segni ma solo infinite occasioni in cui smarrirsi. Alle 16.15 ci riaffacciamo al sole nel frattempo timidamente riemerso dalle coltri nebbiose sulla cresta della finestra a contemplare affioranti fra le nubi le pareti del Rosa, dei Dom e della Weissmies. Ci facciamo un selfie sorridenti nel sole dopo tante ore di tensione e nebbie. Risaliamo sollevati ed illuminati verso la cima dove festeggiamo a salame e formaggio. Ora guardando vs nordovest, oltre Torrione di Bettola e Pizzo Tre croci, bucano le nebbie anche il Lesino e soprattutto il Proman punto d’arrivo della fantomatica traversata dei Corni di Nibbio. Chissà,… un vento gelido ci costringe all’ennesima fuga dal mondo dei sogni e dalla vetta e alle 17 abbandoniamo di corsa il mondo fatato della Valgrande per scendere incontro alla sera alla notte. Davanti a noi si snoda ora visibile la lunga cresta percorsa stanotte che dal Fajè passa per il Sassarut. Alle 18 siamo al buio a guardar giù le luci della Val d’Ossola, mezz’ora dopo passiamo dalla Colma di Vercio e mezz’ora dopo dall’Alpe Caseracce. Ci regaliamo qualche foto da ridere immersi in mezzo metro di foglie di faggio e alle 19.35 passiamo dal Rif. Fantoli e alle 20 finalmente troviamo pace raggiungendo il parcheggio e la C3. Quasi 15 ore di cammino quasi per nulla..ma per essere quasi felici…non è poco. Grazie billi. Foto1 canalino per quota 1505 Foto2 la traversata da cima CL Foto3 Traversata Corni di Nibbio

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