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   viaz dei camorz e dei camorzieri, 08/12/2015
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Onicer  oscarrampica   
Regione  Veneto
Partenza  pian de la fraina (bl) (1000m)
Quota attacco  2000 m
Quota arrivo  2000 m
Dislivello  3000 m
Difficoltà  AD / III ( III obbl. )
Esposizione  Varia
Rifugio di appoggio  VII° alpini
Attrezzatura consigliata  poca ma portare martello che non si sa mai corda 30 mt
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Dai primi di settembre(dopo che avevo portato mio figlio giona sul pizzo coca) il mio chiodo fisso complice le inusuali condizioni meteo era diventato il viaz dei camorz e dei camorzieri surreale viaggio sulle creste e cenge nel gruppo dello Schiara. A fine mese ero perfino riuscito a partite con nico ma il tentativo s’era interrotto(vedi report precedente). Poi tanti altri coinvolgimenti di svariati amici che son tutti naufragati fra impegni,impossibilità,disinteresse, promesse future, date già fissate e saltate per imprevisti(un elenco talmente lungo da sembrar uno scherzo del destino) . E così dopo tanta frustrazione(poter partire per possibilità famigliari-lavorative ma non trovar nessuno disposto a condividere il progetto) ci avevo messo una pietra sopra e aspettavo solo che arrivasse la neve per suggellare la fine delle speranze e attendere sereno la prossima stagione. Poi improvvisamente una mattina alle 6, aprendo la mail al lavoro … incredibile.. c’è qualcuno che dandomi del lei mi chiede info sul viaz avendo letto del mio tentativo precedente. Dopo alcune mail di schermaglia emerge che lui ha già fatto il primo pezzo del viaz e comprendo dunque che parliamo lo stesso linguaggio: un viaz come questo non si misura in gradi o so far questo e quello.. ha fatto questo e quello ma è un mondo a parte dove contano voglia, tenacia,preparazione fisica e psichica per essere veloci su terreni scabrosi ed esposti, uniti alla capacità di tener duro di testa, per tutta la giornata.
Nicola mi coinvolge,vuole che io vada … ma non m’illudo..sarà duro per i gg previsti allontanarsi da casa..però vedo che son gg di riposo al lavoro … un segno?
Sono preso in mezzo fra ostacoli paradossali e risoluzioni altrettanto mirabolanti. Bah!!!(insisto o lascio perdere?)
Parlo con mia moglie tranquillo e rassegnato al suo no(viste le volte cha già in precedenza mi aveva liberato …) e invece mi concede di riprovarci. Gioia, ma contenuta, visto tutte quelle che son sempre successe …Infatti in pochi gg due guasti alla macchina (e dopo un miracolo per aggiustare il primo, il secondo la mette ko..e allora parto insperatamente con l’auto di ilenia.
Come l’altra volta dormiamo da marta,come l’altra volta felici e accolti dalla sua straordinaria disponibilità.
Il nostro sarà un viaggio di 3gg(dal 7 al 9 dicembre): emozioni, sorrisi ,risate e tensioni:difficile condensarlo in un report ma ci provo .
Partiamo da pian de la fraina alle 5.30 del 7/12 e poco dopo le 7 siamo alla targhetta di partenza del viaz poco sotto la cima di pala alta a goderci le meraviglie dell’alba blu sulla valbelluna e in movimento sul lato nord vs il primo ostacolo della giornata: la meravigliosa ed esposta (ma non difficile..il tratto veramente duro è assicurato da cordino!) cengia della cima est di pala alta che ci deposita alle 8 alla f.lla di pala bassa.
Faccio i complimenti a Marta ma dal suo sguardo capisco che sarà l’ultima volta: è una donna ma soprattutto è un alpinista.
Ora nel sole prendiamo a salire lo spallone est della pala bassa e poi la stessa passando per il semplice passaggio attrezzato della finestra e poi per la grandiosa cresta con passi di II° esposti il giusto.
Poco dopo le 9 cominciamo la planata vs la f.lla del medon così vicina ma così paurosamente bassa sotto di noi:si scende fra salti nei mughi e nel tratto più scabroso con esposta traversata su placca inclinata a sx che adduce ad un canalino verticale da oltrepassare per scendere poi il successivo servito da un cavetto che deposita su un traverso roccioso esposto ma anch’esso protetto da cordino a mo di scorrimano.
Poi ancora caminetti o salti erbosi ci fanno atterrare sulla pianeggiante forcella.(h 10)

Da lì ci si butta giù a nord per pochi metri e poi subito si risale sui fianchi del tiron superando un breve muretto di III° con uscita a sx. Nelle successive semplici cenge troviamo una cascata gelata (un chiodo la precede) che ci costringe a usare il martello e nicola è bravo e deciso ad aprirsi il percorso, fare la traccia nel ghiaccio e usare la corda per assicurarci nell’altrimenti improbabile attraversamento..
Affrontiamo un’altra discesa in un ampio canalone(d’estate c’era acqua ora solo ghiaccio e la sete che aumenta) fino ad imboccare il canalone che virati a dx e parallelo costringe all’ultima impegnativa risalita vs la cima dei sabioi sulla sx, complicata da un muretto di roccia un po’ marcia con qualche passo di III° iniziale.
È mezzogiorno e i primi passi della discesa vs le cime dei pinei segnano il mio record di avanzamento nel viaz. Tratti spettacolari di rocce fantastiche e solide ci accompagnano verso la sublime cengia che esposta su uno sbalzo di 50 mt non infonde sicurezza nonostante la speranza concreta di poter atterrare su un mare di mughi.. 50 mt più sotto. Eppure i piedi trovano appoggi sicuri eppure le mani entrano svelte nelle piaghe di una roccia da sogno invitante e solare come la sud della Marmolada. E quei 10 mt di brivido sospesi fra cielo e pietra scivolano rapidi alle spalle lasciandoti impressa una tensione che ti accompagna ancora anche quando ormai sei al sicuro. Non è il grado che conta ma la fiducia nell’andare avanti incontro al vuoto.
Attorno alle 13 attraversiamo le aeree e panoramicissime cime e creste dei pinei per cominciare poi in un dedalo veramente scoraggiante di pinnacoli creste spuntoni canaloni paretine friabili vuoti improvvisi ed annunciati passaggi duri(mai comunque oltre il II° grado) passaggi rognosi passaggi esposti la precipite discesa e traversata vs la F.lla oderz. Alle 14 transitiamo per un grottino che contiene un libretto di percorso(passano dalle 5 alle 10 persone l’anno e non tutte fanno il viaz …) e alle 16 tocchiamo la terra finalmente piana della forcella Oderz puntando al Rif. VII° Alpini apparentemente vicino e finalmente su sentiero normale.
Come buoni difensori cerchiamo, scendendo veloci, l’anticipo sul buio.
Nel bivacco saliamo al piano di sopra leggermente meno umido e sotto tante coperte dopo il pasto ci addormentiamo rapidi per dimenticare le fatiche della giornata e provare ad esser pronti per quelle della giornata successiva. Si dormicchia tra visioni di pareti strapiombi,cenge conditi con spruzzate di vuoto.
L’indomani il balzo subitaneo verso i 1820 mt del mitico valico dele forzellette si fa sentire sui nostri fiati ancor gelidi ma tutto sparisce nell’incredibile luce arancione che ci avvolge all’alba … oltre appare livida e paurosa la parete del burel e le sue introvabili all’occhio umano cenge della muraglia sudovest. Sono le 8.
In un peregrinare fra cengette esigue a volte esposte crestine e sentierini friabili raggiungiamo mezz’ora dopo un altro luogo mitologico: i gravinei, macereto posto proprio sotto il torrione Val del Piero dove intravediamo, senza desiderio di raggiungerla, la cengia baranciosa dove dovrebbe essere sito il bivacco Rossi, circa 100 mt più in alto.
Ora il luogo seppur austero diventa più largo e qualche paretina di II° da affrontare quasi sempre in discesa ci porta a percorrere una placca di lastroni grigi inclinati che ci consegna ad un pulpito ghiaioso dove ci fermiamo nella vana ricerca della traccia.
Nicola sale alto traversando per rocce, io scendo basso fermandomi poco prima di spiccare il volo nell’abisso ... allora io risalgo e lui discende e infine cerco lungo l’ultimo passaggio logico seppur non segnato..mi affido con tensione alla tenuta dei miei trango nel percorrere il duro ghiaino paurosamente inclinato vs il basso, trovandolo per fortuna ad ogni passo sempre più inconsistente e quindi un po’ più facile da percorrere..e con gioia ritrovo poco oltre i giallorossi segnavia. Abbiam perso una mezzoretta e son arrivate le 10.30.
Quello che che ci si para davanti contorce lo stomaco: non si intuisce dove sia possibile passare e sembra di dover affrontare una parete verticale sospesa sul vuoto: il mantra che faccio mio trovandomi davanti in questo tratto di sfasciumi vari(essendo anche stato ufficialmente eletto re del marcio) diventa quello di avanzare segnale per segnale senza alzare troppo lo sguardo al minaccioso proseguio.
Così alle 10.30 ci troviamo improvvisamente e tranquillamente appoggiati nel catino ghiaioso sospeso nel centro della parete e di cui per le distorsioni prospettiche non sospettavamo l’esistenza.
Consideriamo con timore la parete d’una cinquantina di mt che risalita ci porterebbe al traverso attrezzato più in alto, ultimo ostacolo di questo tratto del percorso.
Rompo gli indugi e Il mio proverbiale coraggio m’impone di suggerire a Nicola più preparato tecnicamente e più sicuro su roccia … di andare avanti. Lui parte con la corda ma ad ogni metro dice che gli sembra facile e di provarci..allora parto deciso e contrariamente alla relazione non trovo passi di III° ma solo II° su placca inclinata e non verticale e poco dopo assicuratomi al primo cavetto lancio grida di giubilo vs marta e nico che si preparano a partire per raggiungermi.
Dal cavetto il traverso è quasi tutto attrezzato ma con esposizione assurda su un baratro di centinaia di metri e solo il filo da la forza di avanzare vs lo spigolo fotogenico che ci getta poco dopo fra le morbide e accoglienti braccia erbose di mughi della fratta del moro.
Sono le 11.30 e siamo in uno dei luoghi simbolo dell’alpinismo dolomitico ..su queste erbe hanno riposato miotto, bee, messner, i polacchi, e noi seguaci dell’avventura ci sentiamo un poco profani in mezzo a tanta grandiosità e maestosità.
Scendiamo su tracce d’erba e fra tagli di mughi per dirigerci poi nuovamente a dx e abbracciare con lo sguardo la parete stavolta nordovest del burel: non si vede ghiaccio e si è decisamente meno sospesi che dall’altra parte.
Scendendo per cenge ghiaiose meno estreme si giunge quasi a toccare il fondo della parete quando pochi metri di II°/III° grado in traverso ed esposti su un salto di 20 mt rendono complicata l’uscita: nicola mi ha guidato ma è stato il passaggio che più ho sofferto (eufemismo alpino).
Il cammino riporta regolarità di respiro e prima una verticale ma facile paretina apparentemente liscia e poi alle 13 un tratto più impegnativo con partenza su placca di un buon III° che affrontiamo con la corda assicurati su mugo e poi più gioiose rocce articolate di II° grado ci riconciliano col movimento armonioso dell’arrampicata: si riprende in tanto a girare per cenge/banche più distensive attorno al burel fino a quando queste restan larghe ma così basse da doverci passar sotto di culo o a gattoni: lasciamo da parte l’eleganza..un paio di saltelli oltre canali di cui non s’intravede il fondo e di traversini mettono pepe anche a questo tratto(veramente estetico e finalmente apprezzabile senza angoscia).
Ma all’ennesima spigolo superato si materializzano i nostri timori:la paretina bagnata è in realtà ghiacciata anche se il suo aspetto non appare così insormontabile.

Pianto un chiodo malsicuro che unito ad una piccola clessidra bassa dovrebbe proteggere (?) nicola nell’attraversamento compiuto aiutandosi sempre con San Martello.
In mezzora(14-14.30) con un sistema di teletrasporto attraversano prima gli zaini e poi noi più sicuri nelle mani della corda trattenuta da nicola oltre il baratro che si spalanca sotto il gelido pavimento.
Avanti ancora su terreno più semplice e finalmente i segnavia ci buttano a sx su una parete illuminata incisa da una serie di camini consecutivi che non superano mai il II° grado e ci riportano nuovamente alti, nel verde dei pascoli delle pale magre. E’ emozionante essere nuovamente inondati dai colori della vita che giallo verde pulsa fuori e dentro noi regalandoci la certezza che il più è fatto e che il sogno sta diventando realtà.
Certo l’ora è tarda ma le preoccupazioni se le portan via i caldi raggi di sole dorato.
E via per loppe,ritrovando talvolta, più che inseguendo, segni ormai stinti e ricordi di passaggi precedenti.
Su rapidi per passaggi quasi verticali che nei miei ricordi ormai sbiaditi come i segnavia in cui ogni tanto ci imbattiamo sembrano gli ultimi prima della facile costa del ciastelaz e invece improvviso il sole sparisce dietro i monti omonimi e capiamo che sarà questioni di attimi prima che la notte ci colga. Ci areniamo nella vana ricerca di segni sotto la piccola pala longa e per 2 ore cerchiamo al buio improbabili soluzioni fino ad arrenderci all’unica considerazione logica rimasta:bivaccheremo all’aperto,e allora via fra pendii erbosi alla ricerca di zone piane dove buttare il sacco.
Loro 2, muniti di sacchi più pesanti, finiscono in cresta preferendo il morbido prato seppur percorso da una lieve ma gelida arietta mentre io col mio sacco “essential” preferisco buttarmi su una colma di formiche che spiano a mo di materasso e un poco protetto dall’abbraccio dei mughi. Segnalo per i ripetitori l’eccezionale vista su un cielo tanto vicino e pieno di stelle da sembrare caderti addosso.
La prima volta che guardo l’orologio spero siano almeno le 23 o se va bene le 24..sono le 21.15 e mi riprometto di non farlo più … brivido anche meno del previsto e quando rinuncio allo zaino come cuscino per infilarmici dentro con i piedi avvolti poi dal telo termico, quasi quasi mi addormento.
Le chiacchiere dei compagni più in alto mi certificano del loro sopravvivere e ad un certo punto la squillante risata di marta anche sulle loro buone condizioni. Vai che il sole tornerà.
“ vieni su a vedere l’alba con noi” è la sveglia che aspettavo da infiniti secondi..mi levo nell’amore radioso di una giornata che sorge in me prima che sui monti ancor scuri. Poco prima delle 8 espletati con singolare puntualità i bisogni mattutini riprendiamo pinguinescamente a muoverci per le balze erbose e troviamo i segnavia proprio dove li avevamo cercati la sera prima, nascosti dal buio. Via diretti ancora per qualche cengetta su precipizi erbosi e poi l’infida traversata di un concavo roccioso erboso ci deposita sulla cresta prima della cimetta del castellaz e poi oltre finalmente all’inizio della costa del castellaz che finalmente senza problemi di orientamento ma solo di malagevoli boscaglie ci conduce alla forcella del boral del’ors FINE DEL VIAZ (non c’è più la targhetta metallica segnaletica che il mitico miotto vi appose).
Sono le 9.30 ci liberiamo degli zaini e in una meravigliosa giornata di sole ci leviamo non solo in spirito sulla cima del coro: alle 10 una foto di gruppo sigilla per sempre la nostra gioia. Ritorniamo in forcella e iniziamo a scendere vs il bianchet (11.30)nella speranza di trovarvi acqua … ma la fontana è chiusa e gelato il fiume che scorre poco sotto..sono quasi 24 ore che non bevo..non ce la faccio più, rallento, e saluto i 2 superman che proseguono imperterriti la discesa. Evito le scorciatoie perché mi par di ricordare rii sulla strada principale e quando finalmente alle 12.30 sento gocciolar d’acqua che si raccoglie in una pozza foglieggiante fotografo il momento e mi butto sdraiato a bere sorridendo del gerino che spavento..e bevo, bevo e bevo ..anche per dimenticare il ricordo della sete..è un po’ fredda ma piano piano continuando a bere, e continuando a scendere, la sete si attenua. Alle 13.30 raggiungo il fondovalle e ritrovatici con marta e nicola ci abbracciamo felici per l’ultima volta in queste tre memorabili giornate.
Grazie per avermi regalato un sogno,grazie per la sintonia, simpatia,tenacia,emozioni condivise.
Grazie al sorriso di marta, grazie all’incredibile mix di nicola:potente e umile. Alla prox avventura.
Difficile un commento generale su un percorso così lungo,così vario. Siam partiti attirati anche dalla fama misteriosa e un poco leggendaria che circondava questo viaz e le attese sono state ampiamente ripagate:alcuni tratti assomigliavano a come ce li eravamo pensati,altri erano profondamente diversi( le cenge del burel ad esempio son lunghissime e sono frammentate da tratti di percorso in banche,terrazzi,catini o balconi pensili).Temevo facendo una relazione un poco precisa di svelare la magia, di togliere quell’alone misterioso ed esplorativo che molte volte è la molla che spinge a partire….poi mi sono tranquillizzato: IL VIAZ è un capolavoro,è qualcosa d’ immenso,più grande delle descrizioni, ad esse non riducibile. Sono convinto che qui, più che altrove, percorrendolo ognuno tratteggi il proprio viaz(interiore).
Prove di sintesi: il percorso come difficoltà e’ molto omogeneo,cerca sempre le soluzioni obbligate ma più semplici non alzandosi mai su passaggi tecnicamente difficili..però come stringono il culo perché l’errore o il volo non perdonerebbero.
Dal pian della fraina a forcella oderz è un intrigo tra creste cenge mughi a cielo aperto
Le cenge del burel sono un posto angosciante dove alle difficoltà logistiche si assommano quelle ambientali … forse il cuore del viaggio,forse il luogo dove si ha la più intensa sensazione di essere nel posto sbagliato,dove i fantasmi della mente si coloran più intensamente di paura.
I prati finali son prati,solo un poco troppo dritti in alcuni punti( si ha talvolta la sensazione di scivolare sulle loppe velocemente e irrimediabilmente verso valle): i segni sono ormai stinti e pressochè introvabili (non guidano come negli altri ma teli ritrovi tra i piedi se sei nella traiettoria giusta) contribuendo a mantenere alta la suspence.
Ci vuole sicuramente buona preparazione fisica altrimenti i tempi scappan via .. ci vuole abitudine a muoversi su passaggi esposti(innumerevoli passi di I°,parecchi di II°,qualcuno di III°) senza corda altrimenti come sopra(noi l’abbiamo usata solo per due tratti che data la stagione abbiam trovato ghiacciati e per un tiro di corda.
Ci vuole abitudine nervosa a stare in ballo da mattina a sera sempre in tensione perché alla fine la sintesi più vicina al vero del viaz dei camorz e dei camorzieri è proprio questa: non è mai troppo difficile ma non è mai veramente facile…ed è molto,molto lungo.
Per ulteriori info o tabella dei tempi non esitate a contattarmi oscarrampica@gmail.com
foto1 parete sudovest del burel
foto 2 la fratta del moro
foto 3 festa sul coro
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