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   Calegari-Rho al pizzo del Becco, in umido, 02/08/2015
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Onicer  Vezz   
Regione  Lombardia
Partenza  Carona (1110m)
Quota attacco  2200 m
Quota arrivo  2507 m
Dislivello  300 m
Difficoltà  AD / IV ( IV obbl. )
Esposizione  Nord
Rifugio di appoggio  ---
Attrezzatura consigliata  Scarpette da bagnato, una sportina di panini al salame.
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Accettabili
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento La Calegari al Becco è un'ottima via da fare da secondi per prendere finalmente confidenza con protezioni veloci, un buon banco di prova su cui cimentarsi dopo svariate vie più protette, un bell'obiettivo a cui mirare dopo un intero anno di allenamenti in falesia, oppure un piccolo lampo a ciel sereno nel bel mezzo di due anni di quiescenza arrampicatoria.
Per me vale l'ultima (ma va?).

Esco dall'alimentari Migliorini proprio mentre i soci stanno entrando in paese. In spalla il pesante zaino, in mano un sacchetto di panini freschi di forno e del salame.
In breve siamo in marcia sulla ripida scorciatoia che, in poco più di un'ora, ci consentirà di raggiungere la diga del lago di Sardegnana. Il cielo è sgombro di nubi e l'aria è satura di quel profumo che lascia abitualmente dietro sé la pioggia, caduta abbondantemente ieri. Il bosco trasuda umidità che viene prontamente assorbita dalle mie scarpe.
Sulla decauville di Sardegnana comincia a crescere qualche pianticella. E' sempre un piacere prendersi del tempo per una piluccata di lamponi. Così com'è in genere gradevole costeggiare il bacino artificiale col naso all'insù a rimirare i giganti orobici che ne sovrastano le sponde. Oggi, insieme alla grandiosità, suscitano però altre sensazioni, e se non timore, è almeno riverenza. Normale che affiorino i soliti dubbi: "ma quanto sarà difficile, quanto sarà possibile proteggersi, avrà fatto in tempo ad asciugare dall'acquazzone di ieri sera o dovremo tornare indietro con la coda tra le gambe?
Scaccio questi pensieri addentando il primo dei quattro panini al salame.
Compiuta la prima metà dell'avvicinamento, ci tocca ora affrontare la disagevole costa che digrada dal passo di Sardegnana. Erbe e arbusti arrivano talvolta alla cintola e, inutile dirlo… sono ben bagnati: in men che non si dica siam totalmente fradici. Una labile traccia costeggia il torrente, occorre prestare attenzione agli ontani sporgenti e alle pietre bagnate e lisce. Oltrepassiamo una favolosa conca colma di grossi massi, per poi giungere su terreno più aperto a rimirare finalmente i solchi e i profili del versante opposto della valle. Scenario verdeggiante e bucolico; niente a che vedere con la severa parete del Becco che qui ci sovrasta.
Uno zoccolo roccioso ci separa ora dall'attacco, lo risaliamo a quattro zampe con divertente ed esposta arrampicata. Individuiamo il diedro dove corre la via e ne avviciniamo il più possibile la parete: appollaiati su di un terrazzino, srotoliamo le corde e ci prepariamo a sferrare l'attacco. Colto da un attimo di indecisione, mi sbafo il secondo panino al salame. Con l'amaro gusto del pepe tra i denti, osservo il rigagnolo che innaffia incessantemente il fondo del camino.
La strategia è nota da tempo: io andrò in avanscoperta con Andrea (alla prima via in carriera), Maurizio e Marco seguiranno a ruota sfruttando, quando possibile, le protezioni da me allestite. Mi appesantisco pertanto di moschettoni, rinvii, friend e microfriend e, per non saper né leggere, né scrivere, ne catto su anche qualcuno in più. Appendo anche la piccozza: si sa mai che venga utile per ribattere qualche chiodo ballerino. Parto.

Parto spedito. Salgo quattro-cinque metri e piazzo un friend. Proseguo senza trovar altre fessure invitanti, recupero con un microspuntone. Affronto il primo passo delicato della via: un muretto svaso e umido. Afferro una lama che mi rimane in mano. E mo' dove la metto? Lasciarla cadere non è cosa: potrei stendere un socio, e se mi va male, proprio quello impegnato a farmi sicura: ritengo non sia il caso. Non vi sono ripiani su cui lanciarla e non vi è nemmeno spazio ai miei piedi. La adagio in qualche modo in parte, precludendomi il migliore degli appoggi per progredire. Lo supero e raggiungo il terrazzino della prima sosta (masso e chiodo). Recupero il socio.
L'inizio del secondo tiro, pur essendo letteralmente fradicio, oppone meno difficoltà del previsto. Prendo fiducia e in breve, se non fosse per la tortuosità della corda, sarei alla seconda sosta (due chiodi) a godermi l'abbraccio delle nebbie.
Il terzo è il tiro chiave della via. Occorre risalire ancora il diedro camino, spostarsi a sinistra su di un'umida paretina, per poi aggirarla con decisione, confortati da un unico microfriend. Le difficoltà non sono finite, più su occorre infatti traversare nuovamente a destra scavalcando una spaccatura. Tirare la corda è ora impresa titanica e solo con uno sforzo sovrumano riesco a raggiungere la terza sosta (due chiodi e uno spuntone). Il tiro metterà a dura prova anche i miei compagni, chi lo supererà con un machard sulla mia corda, chi con un più classico ciapa e tira, chi con un franco paranco.
Sul quarto tiro le difficoltà diminuiscono, pur non di molto. Si risale ancora verticali per un meno marcato camino (2 chiodi).
Ci si sposta a sinistra e poi nuovamente su a concludere la quinta lunghezza (sosta su masso o spuntone a piacere). Il sesto tiro, ormai banale, è trampolino per la vetta.

Se gli stambecchi del Becco fossero carnivori, darei loro un morso del mio terzo panino col salame. Invece me lo gusto per intero, osservando con un occhio i movimenti dei cornuti e con l'altro i volti dei compari distendersi progressivamente.

Dopo esserci concessi tutto il tempo necessario, infiliamo tutto negli zaini e scendiamo a sud per la via normale. Squarci nella nebbia ci permettono di apprezzare il lago Colombo quasi a picco sotto di noi e parte della bucolica conca dei Gemelli. Terminate le catene della ferrata, trotterelliamo su comodo sentiero in direzione Carona. I raggi del sole ci donano scorci insperati; il lago del Becco un sussulto al cuore. Quanti anni che non ci passavo! Forse addirittura da quando bambino con mio padre mi fermavo a tirarci i sassi… e un lago mi sembrava la più bella delle mete possibili.

FOTO:
1- Oltrepassato il lago di Sardegnana, occorre cimentarsi in un sano ravano orobico.
2- Sulla terza lunghezza, ormai fuori dal grosso diedro, avvolti dalle nebbie.
3- Da bambino un lago mi sembrava la più bella delle mete possibili.
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