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   Oberaarhorn, 12/06/2011
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Onicer  grigna   
Gita  Oberaarhorn
Regione  Svizzera
Partenza  Grimselpass  (2160 m)
Quota arrivo  3631 m
Dislivello  1700 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  Oberaarjochhutte
Attrezzatura consigliata  Piccozza, ramponi, imbrago, corda
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Discrete
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Sta volta il Dome non può dire nulla, l’Oberaarhorn è stato fatto in giornata copiando il suo stile.
Tutto è cominciato sabato sera quando ho accompagnato la Barby ad assistere all’Aida colossale allo Stadio di San Siro. Abbandonata la dolce metà al proprio destino,alle 23.45 inforco l’autolaghi e in 35 minuti copro la distanza tra lo stadio e il Serfontana di Chiasso dove ho appuntamento con il Lezzenese.
Messomi in abiti da montagna, mentre attendo il lezzenese, ricevo la gradita visita di 2 agenti della Guardia di Confine che mi fanno una perquisizione degna dei peggiori delinquenti e riempiendomi di domande. Dopo averli convinti che ero davvero lì per andare in montagna, spiegandogli le nostre intenzioni mi salutano dicendomi che sono pazzo.
Alle 00.50 arriva il Lezzenese e con guida sportiva, in poco meno di 2 ore copriamo i 160 km che ci separano dal Grimselpass. Giunti al passo troviamo la strada verso l’Oberaarsee sbarrata. Maledetti svizzeri, voi e le vostre fissazioni del cazzo! Vabè, ci rassegnamo a dover percorrere i 6 km che ci separano dalla diga a piedi ma non prima di aver fatto un’oretta di sonno che, a detta del Rosso, è fondamentale per poter rendere al meglio.
Alle 4 suona la sveglia e fuori un nebbione tenebroso ha preso il posto alla bellissima stellata di un’ora e mezza prima. Non demordiamo e belli carichi iniziamo a percorrere il lungo tratto di asfalto. Dopo 10 minuti di marcia mi accorgo di aver dimenticato in auto la macchina fotografica così ritorno all’auto corricchiando per recuperarla.
In un’ora siamo alla diga dell’Oberaarsee mentre inizia a diventare chiaro. Percorriamo il lungo tratto di sentiero che costeggia il lago, quest’anno davvero in secca visto l’inverno pietoso che ha fatto a nord delle Alpi, fino a raggiungere la lingua terminale dell’Oberaargletscher. Calzati i ramponi, sotto un cielo che nel frattempo si è fatto azzurro, risaliamo la lunga lingua glaciale approfittando della traccia di alcuni alpinisti saliti il giorno precedente. Sotto un sole rovente raggiungiamo l’Oberaarjochhutte dove un cordialissimo gestore ci accoglie a braccia aperte. Mai trovato un rifugista così cordiale, socievole, simpatico. Considerando che siamo in Svizzera tedesca poi…. Fatto sta che rimaniamo d’accordo che per quando rientriamo dalla cima ci fa trovare riso e carne pronti.
Affrontiamo così l’ultimo tratto di salita verso la vetta prima su roccette e sfasciumi instabili e poi su uno spallone nevoso piuttosto ripido. Dalla cima godiamo una vista immensa sui colossi dell’Oberland bernese con un occhio che cade anche sul grande sviluppo del nostro itinerario, 16 km per la sola andata.
Ritornati velocemente al rifugio pranziamo in compagnia del rifugista che ci allieta con alcuni racconti della sua vita. Fosse stato per lui eravamo là ancora adesso….. Congedatici dal folkloristico personaggio scendiamo a testa bassa lungo la traccia che nel frattempo ha smollato. Sprofondando in certi punti fino alle ginocchia, evitando qualche buco che inizia a farsi notare, ritorniamo alla base del ghiacciaio dove possiamo liberarci dei vestiti pesanti. Avendo dimenticato i pantaloni corti mi faccio tutto il resto della discesa in mutande.
Gita assolutamente strabiliante, per come è nata, per come si è svolta. Certo, con la strada aperta sarebbe diventata meno massacrante ma va bene così, ogni tanto una scammellata, per di più in un ambiente del genere, ci vuole.
Foto 1: sulla scala che conduce alla Oberaarjochhutte
Foto 2: sullo spallone finale dell'Oberaarhorn osservati dal possente Finsteraarhorn.
Foto 3: Parte del percorso compiuto.
Seguirà un report con le foto migliori.

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