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   le misteriose Val Ru da Molin e Val del Piero, 17/05/2025
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Onicer  oscarrampica   
Gita  le misteriose Val Ru da Molin e Val del Piero
Regione  Veneto
Partenza  La Stanga  (450 m)
Quota arrivo  1150 m
Dislivello  800 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  nde
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Finalmente oggi 30/03/2025 il sole torna a splendere dopo due giorni passati a guadare il gelido Cordevole, e salire fra pioggia umidità nebbia e neve. Oggi entrerò nel magico e misterico mondo delle valli che si staccano dalla Val Cordevole per dirigersi in sinistra orografica vs il massiccio dello Schiara e che comprende dall’alto vs il basso : l’infinita e orrida Val Clusa, l’accogliente e larga Val Vescovà, la dimenticata e primitiva Val Ru da Molin e infine l’elegante e romantica Val del Piero. Proverò ad entrare per la prima volta nell’unica valle che ancora non ho percorso: la Val Ru da Molin. Non ho ambizioni particolari se non quelle esplorative perché dovrò farmi ritrovare alla Stanga quando mio figlio e il suo amico vi passeranno per tornare tutti insieme in Padania. Sveglia alle 7, saluto papà, e alle 8.30 sono in pizza a Caprile ad ammirare la parete del Civetta truccata e imbiancata dall’abbondante tempesta notturna. Incontro Marco con la sua giovane e probabile nuova compagna e facciamo due chiacchere veloci: gli dico che mi metto in strada per fare autostop raccontandogli del mio programma. Attraverso il paese e arrivo davanti alla casa di Gregorio. Non posso continuare a fare autostop senza passare a salutare: suono il campanello e la voce squillante di Cristina mi accoglie come sempre. Mentre salgo la rampa di scale pare il tempo essersi fermato e lo sguardo commosso del Nato mi riempie di gioia e malinconia. Pochi minuti, un caffè condiviso, una foto per rendere indimenticabile anche l’immagine di un’ incontro commovente..e sono di nuovo in strada col pollice alzato. Poco dopo due miti ragazzi marocchini mi portano fino ad Avoscan, ai bordi della statale. Passano una decina d’auto e poi un macchinone (di quelli che mai si fermano…) mette la freccia e punta verso di m. Credo che voglia entrare nella zona industriale ma poi si ferma proprio davanti a me. Riconosco Marco con cui avevo parlato mezz’ora prima e salgo in auto ridendo. Mi spiega che scende a Sedico dai figli e che quindi mi porterà direttamente a destinazione. Ringrazio e cominciamo a parlare di montagna e, come tante altre volte, ci ripromettiamo di riuscire ad andarci insieme. Mi impegno ad avvertirlo qualora salirò altre volte. Infine lo saluto e come altre volte salgo dietro il Ristorante La Stanga per abbandonare il mondo civile in favore di quello selvaggio. Una serie di cimeli celano le grandi storie di alpinismo occorse sulla parete sudovest del Burel( dove son passato anche io ma solo per traversarla in orizzontale, durante il granviaggio del Viaz dei Camorz e dei camorzieri…). Pochi passi sul vecchio e caro sentiero vs la Val del Piero e appare subito una casupola in cemento sormontata da una grande antenna che mai farebbero pensare ad essere custodi del passaggio vs una delle valli più arcane delle Dolomiti. Imbocco la traccia e un cartello in ferro, rosso, inchiodato su un grande abete indica Val Ru da Molin scritto in bianco. Mi piace, è antico! Poco dopo il sentiero curva vs dx e improvvisamente appare chiaro perché non si possa imboccare la valle dal basso: siamo già alti almeno un centinaio di metri sopra il fondo della valle che non si vede alla fine dell’orrido che si spalanca sotto i miei piedi. E’ impressionante come ci si trovi da un sentiero bucolico e tranquillo ad essere in pochi passi su una cengia spiovente sull’abisso. Comunque sufficientemente ampia per mantenere la paura del vuoto sotto controllo e poter canticchiare allegramente con Jovanotti che “la vertigine non è paura di cadere ma voglia di volare”. Curiosamente il primo tratto di cengia, è protetto da una fila di abeti che salgono dal bordo e allineati sembrano messi a protezione. A sx il vuoto mentre a destra pareti verticali salgono al cielo. Corre piana a lungo la cengia fino a portarsi sotto le pareti inondate di sole dellla Spirlonga e del Coro e poi un semicerchio a dx fino a sparire oltre la quinta rocciosa dove vira ancora a dx allineandosi all’andamento della valle. Intanto la vista retro si è aperta sulle montagne che ho tentato di salire ieri e che finalmente vedo nella loro compiutezza. Con le cupole imbiancate sornione stanno la Palazza,il Mont Alt, le Coraie che mostrano innevate la coda di pesce che le unisce. Dopo la svolta a dx il sentiero prende a scendere e velocemente raggiunge il fondo della valle dove candide pozze blu aspettano il rado visitatore per allietarne lo sguardo con i loro colori e le voci delle cascatelle che formano. Che spettacolo inaspettato. Sopra una grande piscina verde alimentata da un bel salto d’acqua c’è pure una sosta ad uso canyoning. Quanto mi piacerebbe fosse estate per tuffarmi in quelle acque scure e luccicanti. Mi avvicino al bordo col rischio di scivolare sui bordi bagnati ma voglio scattare delle belle foto. E poi, preso dalla bellezza non mi accorgo dell’ometto che segnala il proseguio del sentiero dall’altra parte del torrente e continuo lungo la valle finchè la traccia che percorro si assotiglia e sparisce nelle erbe convincendomi dell’errore. Venti minuti dopo sono nuovamente alle pozze…e traverso lasciandomi alle spalle con dispiacere questo luogo incantevole. Pochi minuti (h 11) dopo mi ritrovo un poco sopra il fondovalle nei pressi di un masso su cui campeggiano un ometto un pezzo di legno sbiancato dal tempo e l’osso di un femore di camoscio. A lato su un masso nero la scritta rossa invecchiata recita “Spirlonga” e la freccia indica verso l’alto e un canalone macereto improbabilmente franoso. Provo comunque a risalirlo perché l’unica traccia che vedo sale e abbandona il fondo della valle ma finisce subito e provo a dx del canalone ma per finire immediatamente nelle erbe alte. Riprovo allora a salire il canalone tenendomi nel centro fino alle 11.30 quando è chiaro che così mi dirigo vs la Spirlonga, obiettivo di altra gita ma non per oggi. Ridiscendo, suona il mezzogiorno e decido di forzare i pendii a dx del canalone seguendo dall’alto il corso della valle. Salgo a caso senza tracce col Burel che appare maestoso invitante e gigantesco davanti a me, come piace a me su per ripidi verticali di erbe pronte a indurti in tentazione verso scivolate senza possibilità di fermate intermedie. Davanti a me una specie di colletto diventa la meta dove decidere cosa fare e guardare il mondo oltre e sperare di poter scendere dall’altra parte. Lo raggiungo alle 12.30 e oltre alla grande sensazione d’isolamento, il panorama dal poggio è splendido col Burel che apre le sue punte come la corona di un pavone, la Spirlonga che mostra la sua conica punta finale ricoperta e protetta dalla vegetazione e l’incredibile colpo d’occhio sui Monti del Sole che oltre alle già citate cime dei giorni precedenti ora mostra tutte le pieghe di velluto dei coli che li precedono, fra cui spiccano le punte dello Zirmol, del Piz di Vedana e della Rocheta. Oltre Le Stornade si fa vedere anche la Zima del Camin. Fantastica la visione sulla bianca coda del pesce che unisce le cime del Mont Alt alle Coraie. Ma la cosa più bella è il quito boschetto che attende accogliente per permettermi un agevole discesa vs il fondo della valle. Mi costruisco un segnavia con due grandi rami qualora dovessi tornare ma scendendo ulteriormente poco dopo ritrovo la traccia perduta: che gioia ritrovare la via smarrita! Ora la traccia ben evidente s’insinua fra le erbe poco alta sul greto secco più sotto. Appaiono ometti e poi raggiunto il greto anche pallini rossi. Proseguo sul fondo fra l’apparire di qualche polla di verdissima acqua e magnifiche vasche di clcare lisciato dalle cure idriche. Un sasso e un segno rosso indicano di proseguire fra le erbe della sponda dx e io sogno di arrivare ad un luogo chiamato “ La Crosera” il cui nome ha sempre acceso la mia fantasia. Entro in un boschetto solare con l’erba che s’illumina di sole accogliendo il mio passo felpato col sorriso: sembra quasi di essere in un percorso natura preparato perché tutto è lindo e ordinato. Guardandomi le braccia, trovo su quella sx due zecche: rimuovo demplicemente la prima mentre la seconda ha affondato il suo rostro nel mio bicipite e devo strapparmi la pelle per toglierla! Terminato il boschetto magico passo sotto un roccione ombroso e riguadagno il greto del fondovalle e la visione dell’onnipotente Burel che alza la sua piramide verso il cielo azzurro. Alle 13.20 sono alla Crosera piccolo piazzetta ghiaiosa all’incrocio di varie vallette e avendo appena ricevuto la telefonata da figlio e amico che saranno alla Stanga vs le 17, decido di puntare al giro completo salendo al valico del Forzelon e facendo rientro nn per la strada appena percorsa ma per la Val del Piero realizzando il misterico anello che mai avrei pensato di poter compiere oggi. Cerco di capire il tempo che mi ci vorrà ma non c’è rete. Riesco solo ad aprire una relazione in cui si cita Loris che ha portato quassù tre cartelli ancora presenti in loco. Trovo resti di cavi in acciaio e un sasso enorme che crea un anfratto usato come ricovero d’emergenza. Non trovo la prosecuzione del sentiero ma poi lo individuo salire poco oltre nel bosco a dx e come diceva la relazione online trovo un ligneo biancorosso cartello con scritto Forzelon Val del Piero. Incoraggiato proseguo sul sentiero comunque molto più evidente che nelle mie aspettative e salgo rapidamente guidato anche dai frequenti ometti. Poi una zona ampiamente devastata dagli sfasci di Vaja ferma il mio trionfale incedere e la traccia sparisce. Mi oriento ad occhio nell’intrico di rami e tronchi e pochi minuti dopo la ritrovo e attraverso un bel boschetto di faggi. Improvvisamente appare sopra di me il valico, oltre altri schianti ma ormai raggiungibile. Dopo altri aggiramenti, vi arrivo alle 14 (q.1160). Altri schianti ingombrano il pianoro altrimenti accogliente e i tre cartelli portati da Loris che orientano sul luogo e indicano Val Ru da Molin (da dove arrivo) e Val del Piero (dove andrò). Le direzioni sono obbligate ma quei cartelli mi confortano e decido di accollarmi il rischuio di scendere tanto più che la traccia mi pare abbastanza evidente. Ancor prima di muovere il primo passo in discesa e dopo aver assaporato e respirato la magia del luogo, mi si para innanzi l’immensa, immane e precipite parete del Pulpito che ruba la scena alle retrostanti e più grandi cime della Pala Bassa e della Pala Alta. Che spettacolo, che rocce ancestrali e primitive. Se fossi in grado di farlo verrei qui con trapano e spit per aprire la “Via dell’Impossibile che non muore”. Sogni..ma che bello sognare ad occhi aperti e non cadere nella tentazione dell’illusione. Fisso la parete immaginandomi minuscolo ragnetto appeso alle sue grinze e poi assecondo la forza di gravità che mi spinge verso il basso verso la forra della Val del Piero che solo s’intuisce lontana e molto molto sotto di me. Mi volto vs il valico e lo saluto entusiasta. Traverso su tracce abbastanza evidenti che corrono pressochè orizzontali verso destra e poi finalmente inizio a perder quota. Altri traversi… stile Viaz ma mi sale l’entusiasmo perché la traccia resta comunque discretamente visibile e diretta sempre a destra. Ora la Val del Piero spiega i suoi vuoti sotto di me ma un’amara sorpresa mi attende. Perdo la traccia, la cerco ritornando più volte alla sua fine che ho da poco percorso ma non la ritrovo. Seguo allora la direzione logica del pendio ma dopo esser sceso traversando per qualche minuto non vedo nulla e ritorno vs il punto di partenza, cambiando percorso e stando più alto. Fotografo entusiasta un’ometto ma quando mi avvicino la delusione è tanta, trattandosi di un mucchietto casuale. Giro in tondo per mezz’ora, trovo un ometto ma sono perso perché la traccia non c’è e non vedo null’altro. 45 minuti dopo sono nuovamente all’ultimo pioppo segnato di rosso e provo a scendere più direttamente seguendo un’altra labile traccia ma poco dopo questa sparisce anch’essa e in un posto anche parecchio ripido. Bah. Ritorno nuovamente al pioppo con cui ormai siam diventati amici, ma non mi consola. Mi sale l’ansia..qui rischio di fare tardi e allora provo a chiamare Giona per spiegargli la situazione, ma non c’è rete. Faccio un altro tentativo ripromettendomi che è l’ultimo ma nn riesco proprio a cavare un ragno dal buco e alle 15.50 un’ora e mezzo dopo di vani tentativi, ritornato al pioppo, decido con rammarico di tornare donde son venuto. Ho gli occhi in palla dal continuo cercar calpestii fra le foglie e l’erba e mi sembra di veder linee dappertutto..faccio fatica a percorrere a ritroso la traccia che fin qui mi ha portato e ho fretta per non dover far aspettare troppo mio figlio e l’amico. Mi muovo in maniera sconveniente per questi luoghi impervi, troppo di fretta e agitato. Ad un certo punto volo sull’erba ripida e mi spavento..per fortuna la caduta riesco a frenarla subito e quando mi rialzo col cuore che batte faccio una foto all’avvallamento fra l’erba che il mio sbattere ha creato. Non mi era mai successo di cadere così da imbecille..e prendo nota. Ma so che è successo solo perché mosso da una fretta da cui non mi dovevo lasciar prendere. Faccio ammenda e apprezzo la velocità di reazione all’incidente che non posso alla mia età dare per scontata. Condizione sine qua non per continuare a frequentare questi posti dimenticati dagli uomini. Ora salgo più lento e attento e mi rimetto sul percorso corretto. Poco dopo rivedo il cielo sopra il valico del Forzelon..è fatta, sono salvo! Alle 16 noto dei ruderi al valico che nn avevo visto e mi butto all’impazzata giù dall’altra parte per guadagnare il tempo perduto. Divertente il pezzo fra i grandi massi del greto e mezz’ora dopo sono nuovamente alla Crosera. Saluto il maestoso Burel che mi osserva incurante dei miei affanni e inizio a scendere la valle nel sole radente del pomeriggio inoltrato. Mezz’ora dopo risupero il bivio per la Spirlonga constatando che in effetti la traccia è stata portata via dall’erosione del pendio per qualche decina di metri, le pozze verdiblu e poi la risalita per il bel sentiero-viale che conduce in questo luogo di magia. La Rocheta si alza massiccia davanti alle Stornade e gonfia così il petto da sembrare più alta della sua vicina. L’ultimo sole carezza le cime del Coro e della Spirlonga e m’immergo nell’ombra che già avvolge la Val Cordevole. Poco prima delle 18 con quasi un’ora di ritardo, disidratato mi bevo una birra al bar della Stanga, recuperata la voce mi scuso con Gio e Giorgio e salgo in macchina contento per una volta tanto di non dover guidare. Mi assopisco sul sedile posteriore cullato dal viaggiar dell’auto mentre il film della giornata viene proiettato sullo schermo scuro delle mie palpebre serrate. Sono felice. Foto 1 vs i Monti del Sole Foto2 Super Burel Foto 3 ritorno al valico del Forzelon


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