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   gole dell'Infernaccio e Monte Sibilla, 30/07/2022
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Onicer  oscarrampica   
Gita  gole dell'Infernaccio e Monte Sibilla
Regione  Altro
Partenza  Rubbiano  (900 m)
Quota arrivo  2100 m
Dislivello  1500 m
Difficoltà  EE
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  nde
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Sono in vacanza nelle marche con parte della mia famiglia e i Malacalza, a Cupra Marittima ma già da casa avevo pianificato un paio di fughe alpine verso i Monti Sibillini distanti meno di due ore d’auto. Così il 15/7/2022 parto in auto con i ragazzi presenti: Giona,Jari,Andrea e Benedetta. Lasciata subito l’autostrada parallela al mare viriamo a sx verso l’interno della nostra amata Italia e superata Ascoli Piceno puntiamo verso Rubbiano (AP), nei pressi di Montefortino e non distante da Montemonaco. Una volta arrivati prendiamo una strada ben indicata che attraversato un piccolo centro abitato formato da case in mattoni, che dopo circa 2 KM arriva in una specie di slargo che termina con 2 blocchi di cemento lasciati lì allo scopo di impedire l’ulteriore traffico di autoveicoli. Park (h 10, q.900) e ci si prepariamo per affrontare finalmente a piedi gli ultimi 700-800 metri in leggera discesa che ci porteranno di fronte all’ingresso della gola dell’Infernaccio(q. 800). Scendendo tranquilli, arriviamo alle ormai famosissime cascate a goccia, denominate “Pisciarelle”, che sono un fenomeno dovuto alla particolare morfologia di quel versante del Monte Zampa in cui abbonda l’acqua che si disperde a valle in un modo del tutto singolare. Queste curiose cascatelle sono l’ideale per rinfrescarsi, non a caso il getto assomiglia molto a quello di una normale doccia di casa. I ragazzi cominciano a giocarci e a scherzare fra di loro e allora capisco che è già il momento di salutarli perché il mio programma è ben più impegnativo e lungo del loro e non voglio che debbano aspettare per troppo tempo il mio ritorno. L’aria ora è molto fresca ed evito di bagnarmi( ci penserò magari al ritorno). Salgo di corsa la prima inpennata del sentiero che passa accanto ad un tunnel artificiale (chiuso a chiave attraverso un’inferriata) e si inerpica tra rocce e vegetazione di vario tipo. E’ la parte più bella della gola dove le pareti si rinserrano e stringono il fiume nella loro morsa e il sentiero scavalca il torrente dapprima attraverso un ponticello in legno e poi con alcuni saliscendi. Uscito dall’orrido scatto una foto per zeno osservando una roccia a multistrati e poi entro nel bosco ( Faggeta) con fedele compagno di viaggio il torrente vigoroso e rumorose sulla sinistra. Dopo poche centinaia di metri arrivo al bivio(h 10.30) che a destra sale in una splendida faggeta e ripidamente e rapidamente porta all’Eremo di San Leonardo che raggiungo sotto il sole cocente 20 minuti più tardi. Nel bosco che a tratti si apriva, belle vedute dei pinnacoli rocciosi e delle massicci torri che puntellano il fianco nord del Monte Sibilla, simili ad alture sullo stile di Machu Picchu. Sono di fronte all’Eremo(q.1130), una chiesa in stile Gotico costruita, o per meglio dire ricostruita, da Padre Pietro Lavini che demolì la vecchia e secolare chiesa ormai in rovina. Poco distante una fonte freschissima che disseta le innumerevoli persone che stese sul prato, mangiano e si riposano all’ombra degli alberi immersi in indimenticabili tonalità di verde e di azzurro. Mi rinfresco e mi disseto e incerto tra i due sentieri che partono alle spalle della fonte, assecondo quello di destra che scende immediatamente inoltrandosi nel folto del bosco. Il caratteristico sibilo acuto del rapace mi fa alzare gli occhi al cielo azzurro macchiato dalle ali dell’aquila credo che ad anelli cerca la preda sulla quale lanciarsi. La strada è molto comoda, si percorre tranquillamente con piacevoli e brevi saliscendi. Ormai in prossimità di un ruscello che accompagna la camminata, si comincia a sentire forte e chiaro l’inconfondibile rumore della Cascata del Rio in un paesaggio dominato dalla bellezza dei colori giallo verde azzurro e caratterizzato da piloni rocciosi stratificati orizzontalmente. Poi improvvisamnte appare quando ormai la si è praticamente raggiunta giustificando l’appellativo di Cascata Nascosta. Gli ultimi tratti di sentiero sono un poco franati e si cammina in erbe intricate stile giungla ma infine alle 11.30 sono sotto alla colonna d’ acqua che taglia la roccia e cade a terra formando un minuscolo laghetto di acqua molto chiara e fresca che allieva la sete perenne che questo caldo mediterraneo scatena. Torno all’Eremo dove trovo i ragazzi intenti al pic nic e ne approfitto per un pit stop di ricarica e farmi due chiacchere e risate. Poi nonostante la marcia forzata fino ad ora, mi rendo conto di essere in ritardo sui tempi previsti e allora saluto e di corsa torno al sentiero sul fondo della gola ( h 12.30) nei pressi del bivio. Ora tiro dritto proseguendo la camminata nel comodo e rassicurante sentiero che attraversa la faggeta. Trovo praticamente subito il sentiero sbarrato da un pannello in plastica e un cartello con divieto d’accesso e la scritta “Anche per i pedoni” che mi diverto a girare per poter utilizzare la scusa di non averla letta qualora trovassi qualcuno del Parco. Ora cammino all’ombra protetto da un tetto verde che fa solo presagire il calore da cui sono riparato con la luce che filtra cadendo come pioggia in poetici passaggi cullati dalle placide acque del Tenna che mi serpeggia accanto in direzione contraria. In un incedere più lieto. Pareti che intuisco alzarsi oltre il fogliame mi proiettano nella zona che motiva il precedente divieto dove una frana attiva è stata imbrigliata e usata per costruire mura di protezione. Un piccolo laghetto popolato da scheletriche pianticelle ravviva il luogo e supero quest’altra chiusa proiettandomi in una bella zona di torri verdeggianti che sembrano aprire il passaggio verso arcani territori solcati da canaloni profondi che non ho il tempo di poter esplorare. Poi imponenti costruzioni roccio se di fattezze incredibilmente dolomitiche, attirano le mie attenzioni fotografiche. Rocce arancioni e nere incredibilmente compatte sono modellate dal tempo in forme slanciate o tozze. Un paradiso da arrampicare sotto al quale passo ammaliato. Una piccola risalita e la conseguente discesa mi aprono la vista sulla parte finale del tragitto verso la Piana di Capo Tenna che si intuisce in fondo alla vallata. Ma è la visione, guardando indietro, delle tre bellissime torri rocciose che chiamerò le Tre Cime del Tenna a catturare la mia immaginazione. In realtà sono “solo” lo zoccolo basale del Monte Priora in un ribaltamento geologico rispetto alle Dolomiti dove si arrampica “solo” superato lo zoccolo. Arrivo così nella gialla e arsa conca di Capo Tenna (q.1180m,h 13.15) dove berrò e mi rifornirò d’acqua, ma la brutta sorpresa è che trovo una gigantesca mandria di vacche e vitelli che tutto hanno inzaccherato coi loro bisogni e quindi rinunzio a bere e al rifornimento. La strada si è disfatta nell’erba e gironzolo fra le curiose bestie da latte cercando dove andare. Poi mi siedo all’ombra a consultar le relazioni e scorgo una traccia andare nella direzione che dovrebbe esser giusta. Superata la fonte scendo leggermente in direzione di una piccola traccia che oltrepassato il "Tenna" segue il flebile accenno di pista tra quest'ultimo ed il bosco di faggi sulla sinistra. Dopo una cinquantina di metri, sempre a sinistra, appare una stradina appena accennata che sale facendosi più evidente e che in breve tempo conduce di fronte al casale "Rosi": costruzione in buono stato di conservazione circondata da un recinto. Qui la traccia si perde di nuovo per affiorare poi talvolta tra i prati che salgono. Si prosegue in salita con vari cambi di direzione finché non si raggiunge un omino di pietre dove si svolta a sinistra. Il sentiero da questo punto in poi diventa molto marcato e con lunghi tornanti si perde sempre di più nella faggeta; in breve tempo la pista si impenna ed i tornanti diventano sempre più brevi e secchi fino ad uscire dal bosco in prossimità del "Casale Lanza" (q.1530, h 14.30) i cui resti diroccati stanno proprio sotto uno sperone roccioso che lo domina sulla piana dove era costruito. Nel tratto nel bosco ho avuto un pauroso calo energetico e rallentato di molto il ritmo dell’ascesa tanto che uscendo all’aria aperta( e quindi al sole ) ho quasi una sensazione di benessere derivata dall’arietta finalmente sussurrante. Mi siedo spossato a bere un goccio sotto il sole che batte insistente prosciugando le mie forze. Guardo come un miraggio la traccia che ora si perde nuovamente tra l'erba ma poi rispunta in forma di sentiero che, attraversato un fosso, con alcuni rapidi tornanti sale il fianco della montagna. Il sudore mi cola sugli occhi e non mi rialzerei più ma poi mi alzo e comincio a risalire le erbe con un passo lento che mi permette di gustarmi il pianoro erboso da dove provengo e le torri che prima ammiravo da sotto ora sono la grande base rocciosa e verticale del soprastante immenso colle verde del pizzo priora e a fianco del più appuntito Pizzo del Berro. Mentre come una lumaca trascino i miei passi su per il sentierino che a tornanti lunghissimi mi permette un lento guadagno di quota rifletto come stando bene potrei salire per la vericale mentre oggi arranco come uno zombie su pendenze ridicole. Il prossimo obiettivo è arrivare ad una fonte che potrei trovare a dalle parti del "Casale della Sibilla" (1939m). Guardo verso l’alto smarrito la linea blu oltre la cresta che sembra allontanarsi ad ogni passo che faccio come il codino nella giostra dei cavallini. Zoomo vs le rossastre rocce della Sibilla che s’avvicinano solo per il potere della tecnologia. Prima dovrei risalire fino alla sella che la collega alla Cima di Vallunga. E’ tempo che sto pensando ai ragazzi che m’aspettano e a Filippo che prenderebbe male il loro tardo rientro e così affido le mie ultime speranze a trovare un po’ d’acqua perché se è anche vero che alla fine manca poco, manca poco al termine della mia benzina con l’incognita di un sentiero dall’altra parte che non so se c’è. Giungo alla fatidica quota e per sicurezza salgo ancora un poco ma non c’è traccia del casale e tantomeno dell’agognata acqua. Ci ho messo un’ora per fare 350 mt. di dislivello…un cadavere! Mi siedo quasi disperato, bevo l’ultima goccia d’acqua per aver la forza di buttare giù dei ringo e poi mi disseto con l’umidità del plumcake. Ragiono più volte sul tempo che impiegherei a concludere la mia ascesa in queste condizioni..e a malincuore decido che quando mi alzerò, sarà per scendere. Fotografo i profili delle cime del Bovo che emergono oltre il Berro, il mare che blueggia oltre la piana variopinta dei campi e poi scendo riflettendo che nell’ultimo periodo di calura, non ho più corso e quindi oggi ero proprio scarso. Senza pensieri perdo quota e alle 17 sono a CapoTenna ricominciando a contemplare i bastioni rocciosi che mi avevano sorpreso per la loro bellezza e verticale audacia già in salita. Li rifotografo sotto nuova luce di un sole che si muove più veloce di me e a ritroso percorro la stradina sterrata dell’andata fermandomi solo per bere dal Tenna e divertito a riposizionare correttamente il divieto d’accesso per i pedoni. Alle 18.15 mi tolgo la soddisfazione di fare la doccia sotto le “Pisciarelle” e pochi minuti dopo incrocio Jari ed Andrea in avanscoperta alla mia ricerca. Un quarto d’ora dopo ripartiamo tutti verso il mare dopo una (per me) faticosissima giornata di montagna in cui come Pogacar al Tour, ho pagato il caldo. Ma che bella la montagna perfino quando ci umilia con la sua forza e mette a nudo le nostre debolezze. Foto1 la Cascata Nascosta Foto2 le “Tre Cime di CapoTenna” Foto3 cima e cresta della Sibilla


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