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   il cuore (la prima volta) e Altopiano Fradusta, 05/07/2010
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Onicer  oscarrampica   
Gita  il cuore (la prima volta) e Altopiano Fradusta
Regione  Veneto
Partenza  Pian delle Giare  (1300 m)
Quota arrivo  2500 m
Dislivello  1500 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  malga campigat e valbona
Attrezzatura consigliata  nde, senso orientamento no segnavia ambiente selvaggio
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Scriverne ora sembra inverosimile ma solo fino a 10 anni fa il cuore era un posto leggendario che pochi sapevano esistere, ancor meno dove fosse e quasi nessuno (tranne qualche local) come si facesse a raggiungere. Io avevo visto qualche vecchia foto e da tempo chiedevo a Massimo Rivis da Taibon di svelarmi il segreto. Me ne parlò abbastanza accuratamente e forte della sua spiegazione verbale chiesi ad Armin il mio figlio di 10 anni di accompagnarmi alla sua scoperta. Partiamo da Caprile il 5 luglio 2010 diretti a Cenceniche, poi direzione Passo San pellegrino fino a canale d’Agordo paese natale di Papa Luciani e infine fino all’altopiano di Gares dove nella bellissima Pian delle Giare, sorge il rifugio Comelle(1330m). Parcheggiato, iniziamo a camminare poco prima delle 9 e per sentiero ben tracciato, arriviamo a malga Campigat (1830m,45 min.) un posto idilliaco immerso in pascoli d’alta quota e con un panorama semplicemente fantastico sulle pale dei Balconi davanti, sulle pale di San martino a destra,sulle Pale di San Lucano a sx e sui monti di Gares e la Marmolada dietro. Ma è il luogo stesso a generare pace in armonia con il Creato che la circonda. Lasciamo la magica conca e prendiamo a salire per il sentiero sempre ben segnato che conduce verso Campo Boaro sapendo che ad un certo punto dovremo abbandonarlo deviando a sx. La vista sulla malga dall’alto è struggente per bellezza, piccola composta in un infinito verde. Ad un certo punto qualche sparuto calpestio nel prato m’insospettisce e proviamo a seguire l’invisibile traccia che si lascia a sx il Valon de le camorze e poi sorpresa dopo una zona di cespugli e pianticelle arriva all’imbocco di un canalone dirupato in discesa che poi diventa nevoso fino a finire nel nevaio sottostante. Con prudenza scendiamo la prima parte franosa fra grandi massi e poi verificata la consistenza della neve dico ad Armin di seguirmi. A saltoni guadagniamo il nevaio(h 10.15) e poi risaliamo verso i salti rocciosi che con passi di II° permettono di accedere ad una cengia che ci porta in lieve salita vs sx. Meravigliosa vista sulla Val dei Cantoni con un Giazzer carico di neve come non l’ho mai visto. Non c’è nessun segno ed ometto ma aver trovato questa cengia che sapevo dover esserci mi rassicura sul percorso. Sbuchiamo poi su un tratto inclinato più semplice che porta alla fondamentale svolta vs dx per cui è necessario fare qualche piccolo passo di arrampicata un poco esposto che permette di accedere al nevaio del piano inclinato superiore che percorso in direzione da sx a dx porta sotto l’appoggiata pala che ci porterà in cresta. Un occhio al percorso, uno ai segni(nulla…) ed uno ad Armin. Ora la faccenda si fa più seria e devo salire cercando il facile fra le placchette di roccia da evitare e le frequenti inserzioni erbose. Comunque saliamo bene(passaggi di primo e pochi di secondo) anche se mi chiedo se saremo proprio giusti. Comunque da qua riusciremo anche a scendere. La cresta finale si avvicina ma non si vede nulla, poi alle 11.30 pensieroso arrivo alla fine della cresta dove cercherò di capire la situazione….e non posso credere ai miei occhi! Urlo ad Armin di salire a guardare e nei suoi occhi leggo la meraviglia incredula che entrambi proviamo di fronte a questo incredibile gioiello della Natura. Il Cuore ci sta davanti perfettamente cesellato, si direbbe in una paretina rocciosa che sta poco più in basso sull’altro lato del crinale e quindi invisibile finchè non si arriva sul pulpito in cresta. Non ci son parole per descrivere la bellezza e la suggestione del posto che sembra l’invenzione d’una sceneggiatura cinematografica per la scelta dell’incredibile set. Contempliamo e fotografiamo..fra l’altro appena dietro c’è l’Agner che precipita a valle col suo poderoso spigolo Nord. Questo è il posto delle Meraviglie. Non ci credo, non mi sembra vero, cìèdi che stropicciarsi gli occi…ma è tutto vero. Ma quanti sapranno di questa meraviglia..e tutti gli altri? Ma voi lo sapete che esiste un posto del genere? Sono le domande che mi risuonano in testa..e che spariscono nell’estasi che ci cattura. Foto su foto al cuore, anoi all’Agner e alla sua imponente catena che domina oltre la valle d’angheraz. Impressionante. Alle 11.40 iniziamo a scendere. Cerco di stare concentrato per ritrovare più o meno la lina dell’andata anche sapendo che sarà pressochè impossibile ma l’importante sarà non andare completamente fuori rotta o trovarsi sui salti più esposti che ci circondano. Mezz’ora dopo fotografo Armin alla base della paretina: ce l’abbiamo fatta, ora si tratta solo di ritrovare il punto che ci ha permesso di salire su questo pianoro inclinato e che stavolta dovremo affrontare in discesa, disarrampicando. L’immenso accatastamento di torri cime guglie e pinnacoli delle Pale di San Martino vegliano su di noi e sono l’unica compagnia della giornata. Venti minuti dopo scendo i pochi delicati passi(mix tra roccia e terra) che ci depositano al sicuro, seguito da Armin. Felice perché è fatta e per la mia buona prova di orientamento. Riprendiamo la cengia, disarrampichiamo le roccette che ci calano sul nevaio e risalito il canalone sembra di sbucare dalla porta del tempo e tornare nel regno degli umani. Mamma mia che esperienza. Alle 13.30 siamo di nuovo a Campigat e un oretta dopo all’auto. Ma che cosa abbiamo visto? Scendendo dal cuore continuavo a pensare alla bellezza che avevo visto e al perché un posto simile non fosse conosciuto o presentato come risorsa. Al solito pensavo che se si trovasse in Svizzera ci avrebbero già costruito la funivia per arrivarci mentre qui neanche un sentiero. Pensavo a portarci i miei figli, mio padre ormai ultrasettantenne o qualche amico/a ma bisognava segnalarne un pochino l’accesso per questioni di sicurezza magari in caso di maltempo o nebbia. E poi quando ero stato sul pulpito avevo adocchiato la cresta che saliva in direzione opposta al cuore e mi sarebbe piaciuto provare a percorrerla. Detto fatto la mattina dopo alle 5.30 ero già pronto a partire al buio dal bellissimo e silenzioso Pian delle giare armato di bomboletta rossa con cui avrei voluto fare qualche piccolo bollo in 4/5 punti strategici, un nulla nell’immensità della parete ma sufficienti a garantire dei precisi riferimenti. Alle 6.10 sono a malga Campigat dove entro a dare un’occhiata e poi comincio a salire dovendo farmi spazio fra una mandria di mucche che occupano il sentiero. La cima di Campo Boaro brilla nel sole del primo mattino e sembra un cavolo di Bruxelles con le sue inflorescienze arboree. Prendo il bivio e poi rapido salgo al cuore mettendo un bollo nel punto di svolta a dx prima e dopo il tratto un poco verticale e qualcuno sulla paretina finale più che altro visibili per la discesa. Alle 8 sbuco al cuore che inondato di luce che cade dalle nubi soprastanti sembra veramente troppo bello per essere vero. Altre foto come fosse una visione che possa sparire da un momento all’altro e all’immensa catena dell’Agner che sembra una scogliera oceanica con le sue onde pietrificate. Poi dopo un poco di contemplazione mi volgo verso la cresta che sale verso il punto più alto della Pala dei Balconi a quota 2400. I primi passi sono attorno al secondo grado e poi mi metto a cavalcioni della cresta nel suo punto più sottile e saltellando sul sedere attraverso quei percolosi 5 metri per poi riprendere a camminare dall’altra parte. Dopo mezz’oretta la cresta diventa più larga e l’unico problema diventa solo l’orientamento perché non c’è nessun segno ma solo so che devo avanzare verso l’Altipiano della Fradusta per entrare nel magico regno delle Pale di San Martino. E’ incredibile il piacere che si prova a camminare su terreno vergine non sapendo dove andare ma solo potendolo intuire da ciò che si vede. Ho davanti l’Altipiano che devo raggiungere ma sono anche in una zona vallonata e non è chiaro dove sia meglio dirigersi. L’Agner e la Croda Granda fermi, impassibili, imponenti osservano il mio disorientamento. Li fotografo, sono loro i miei punti di riferimento. Scendo un vallone sbagliato e poi lo risalgo e finalmente individuo a destra la via di collegamento. Lascio su un sasso piatto un ricordo per dani certo che probabilmente lei non lo vedrà mai( ma glielo fotografo) e probabilmente nessuno mai. Alle 8.50 risalendo un ultimo dosso faccio il mio ingresso sull’altopiano dove trovo un palo in legno sostenuto da un ometto di sassi ma null’altro. Come ne scrisse Buzzatti è veramente un deserto sassoso d’alta quota ed orientarsi non è semplice: prendo come riferimento le Pale muovendomi verso di loro e verso destra. Vago per molto incerto, ma comunque ammirato per la bellezza e severità dell’ambiente che è ancora abbastanza innevato. Davanti a me i 3000 mt della Cima di Fradusta che non attirano la mia attenzione perché concentrato a trovare la via d’uscita dall’apparente labirinto di pietra. Più in là l’enorme castello di pietra delle Pale. Attraverso nevai,pietrai nevai e pietrai. Poi prendo a scendere in direzione della valle che s’intuisce aprirsi sotto le Pale. Discendo un muretto nevoso fotografando la curiosa verticale traccia lasciata e finalmente come un miraggio alle 11.15 appare una roccia imbrattata da un antico segnavia. Non c’è sentiero o via ma perlomeno dopo tanto tempo un segno dell’umana presenza. Poco dopo rivedo la Cima di Campo Boaro questa volta dall’alto e capisco definitivamente di essere nella valle giusta ma sono ancora in ambiente selvatico con tanto vuoto sotto di me. Quando arrivo sul bordo e guardo giù mi preoccupo un poco ma poi esplodo di gioia vedendo dei bolli russi che mi guidano nella discesa di una paretina di secondo grado e mi consegnano poi alla base un terreno roccioso ma segnalato. Alle 11.30 il ritorno alla civiltà è definitivamente sancito dal cartello cai che indica l’Altipiano da dove sono arrivato, a sx il ritorno a casera Campigat attraverso la Cima di Boaro( resto ammirato dalle verticali pareti vulcaniche di rocce nere che contrastano col verde acceso dei suoi pendii dolcemente appoggiati) e a sx il Rifugio Rosetta per dove mi avvio. Uno stupendo sentiero in cengia che taglia la roccia come una cicatrice mi guida verso il basso fino alla località Antermarucol dove il bivio segnala la discesa vs Malga Valbona e Gares. Per andare vs il Rosetta il sentiero è coperto da un curioso muro di neve alto due metri, probabile residuo di una valanga. Fotografo le incredibili guglie senza nome che spiccano ovunque dalle creste delle Pale a cui mi sono parecchio avvicinato e alle 13 sono alla graziosa Malga Valbona, aperta( bello anche l’interno) posta in una piccola radura circondata da abeti e dominata dalle soprastanti torri delle Pale. Rivedo dall’alto la grande cascata che precipita dall’Orrido delle Comelle dove sparì qualche anno fa un signore che non è mai più stato ritrovato e alle 13.30 sono nuovamente al sole e nella pace di Pian delle Giare.
Foto 1 Armin e il cuore Foto 2 armin e la paretina finale Foto 3 Il sole inonda il cuore e l’Agner

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