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   dall'alba al tramonto sulle Piccole Dolomiti, 13/10/2020
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Onicer  oscarrampica   
Gita  dall'alba al tramonto sulle Piccole Dolomiti
Regione  Veneto
Partenza  Pian delle Fugazze  (1163 m)
Quota arrivo  260 m
Dislivello  3500 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  campogrosso
Attrezzatura consigliata  nde
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Gita programmata da tempo nell’elenco dei desiderata ma che sognavo di percorrere con qualcuno resistente tipo Dario o Robi e che pensavo di lasciare visto le poche difficoltà tecniche e la quota relativamente modesta per la stagione più inoltrata quando la neve ammanta le vette oltre i 2000 mt. ma alcune splendide giornate settembrine e la mancanza di compagni liberi per il tour sulle creste dei 3000 bergamaschi mi fanno partire. Riesco a partire nel pomeriggio del 9/9 da casa e di foto in foto mi avvicino al Passo delle Fugazze dove dormirò con la tendina. la Vallarsa che congiunge Rovereto al mio punto d’arrivo è un canyon spettacolare di quest’ Italia troppo bella per essere interamente conosciuta. Gli scorci sulle cime e punte delle Piccole Dolomiti sono estremamente suggestivi nelle ultime luci della sera che stende i suoi colori porpora sulle guglie calcaree. Il gruppo del Carega a dx mi saluta già addormentato mentre a sx il soglio dell’incudine fiammeggia nel cielo. Arrivo al Passo poco prima delle 20 e mi metto a cercare un posto per piazzare la tendina. Lo trovo in un bel praticello sopra la strada e dopo aver visto dove parte il sentiero per l’indomani mattina, mi metto a costruire la mia casetta notturna. Mangio qualcosa nel buio che ormai ha coperto tutto e in un ambiente fresco e molto umido alle 21 entro in tenda e chiudo fuori i miei sogni dando loro appuntamento al domani. Dormo come un sasso e alle 4 sento la sveglia. Esco dal mio bozzolo bagnatissimo esternamente, disfo la tendina, parcheggio l’auto e terminati i preparativi imbocco alle 4.40 il sentiero vs il Cornetto la prima delle cime della mia cavalcata. Salgo alla luce della frontale e delle stelle che giocano a rincorrersi sopra di me. Alle 5.20 arrivo alla selletta dove mi faccio attrarre dal cartello che indica la cima dimenticando che dovevo mantenermi sul 170. Alle 5.30 il mio sguardo è rapito dalle luci della pianura e dalla linea d’alba che striscia d’arancione l’orizzonte. E’ uno spettacolo che meriterebbe fotografie attente ma continuo a salire e arrivo all’Osservatorio reale e poco prima delle 6 in cima a quota 1900. Fotografo la catena del Carega e quella del Pasubio che si nascondono nelle tinte fosche della poca luce e la linea dell’alba che diventa sempre più arancione. Poi cerco di orientarmi con la relazione dimenticandomi del bivio dove ero salito per via diversa da quella descritta. Non mi raccapezzo e decido quindi di scendere : intanto la luce lunare accarezza la parete del cornetto e la rende opalescente; Scendendo il miracolo dell’alba mi consegna sempre nuove viste e fotografo creste dentellate in lontananza ad est e che scoprirò poi essere quelle delle mie amate Dolomiti Bellunesi.Persi ben 200 mt di quota e non trovando nessuna deviazione, capisco che c’è qualcosa che non va e rabbioso torno a salire consultando la carta e cercando di capire se si può seguire la linea di cresta diretta in direzione del Baffelan. Spingo nella freschezza del mattino e ammiro la catena del Carega arrossire davanti alla mia macchina fotografica. Ormai ci si vede e alle 6.43 sono nuovamente in cima. Un minuto dopo sono rapito dal globo che rompe le lunghe onde colorate e concentra su di se la forza esplosiva di un nuovo giorno che nasce. Il tempo perso mi ha consegnato questo momento incredibile e meraviglioso con l’astro che muove lento i suoi primi passi indecisi e tremuli come quelli di un bimbo. Mi riprendo dallo stupore e muovo passi a vista vs il Baffelan ma la cresta diventa subito aspra e impegnativa; disarrampico fino a che precipita nel vuoto: mi guardo in giro ma c’è solo aria..impossibile passare di qua senza ali. Riguadagno la vetta e la forza del sole tinge tutto d’arancione: che spettacolo che gioia che fortuna essere qui ora. Osservo e scatto a 360° godendo dei contrasti fra le zone illuminate e quelle ancora in ombra e osservo il Baffelan apparentemente irraggiungibile oltre il vuoto che ci separa. Studio stando in cresta esposta e ad un certo punto vedo un sentiero a picco sotto di me..ma non capisco come arrivarci; troppo ripida la via diretta e allora scendo cercando di capire come aggirare il baratro che mi divide. Quando torno all’osservatorio reale dieci minuti sotto la cima vedo che c’è una traccia non indicata che prosegue fino ad un breve risalto e percorrendola mi affaccio sull’altro lato della montagna mostrandomi il sentiero nascosto. Avevo già notato nel buio questa deviazione ma quando mi ero sporto non vedevo nulla e sembrava che ci fosse un precipizio.
Con il cuore ancor gonfio dello spettacolo a cui avevo assistito mi butto allora con gioia sul sentiero che si fa ben presto evidentissimo e alle 7 sono alla Forcella del Cornetto. Si apre ora davanti a me un fantastico sentiero d’arroccamento che tra cenge sospese sul vuoto e gallerie percorre i fianchi della montagna in continui e fantastici cambi di prospettiva e colore. Tra ombra e luce accenno passi magici su tappeti di ghiaia e di stelle. Fotografo cieli che uniscono rocce assolate ad altre addormentate. Insieme danzano il canto della vita. Io muto,passo svelto ma leggero per non disturbare e sentire il rumore del silenzio. Punte di roccia emergono ovunque, brune o incandescenti a seconda del loro orientamento e l’occhio s’immerge estasiato in questo caleidoscopio di riflessi divini. L’ombra della Luce. Passo dal passo degli Onari da dove sarei arrivato se avessi proseguito alla selletta e il Gruppo del Carega gonfia la sua ruota come un pavone davanti a me. La luce lo dipinge in pieno e rosato disvela i segreti delle sue creste. Di galleria in galleria e di cengia in cengia il Baffelan si avvicina e assume sempre più l’aspetto di una prua di nave lanciata verso il cielo. Il Cornetto alle mie spalle quasi risentito emerge da una selva radiosa e lucente di guglie e torrette e fa bella sfoggia di se. Mamma mia che posto fantastico. Il sentiero sempre aereo ma mai difficile mi deposita ai piedi dello spigolo del Baffelan e alle 7.30 ai cartelli del Passo omonimo, cerco di capire dove andare. La freccia per la forcella Baffelan indica un sentiero che scende e mi sembra troppo e allora provo il sentiero vs il passo delle Gane ma quando mi accorgo che non gira affatto vs la mia montagna ma se ne allontana, ritorno sui miei passi e perso un altro quarto d’ora trovo una piccola traccia fra i mughi e oltrepassato il cespuglio trovo il sentiero che salendo l’evidente gola, e da lontano repulsiva, porta rapidamente alla F.lla Baffelan. Da qui per una paretina di con passi di II° grado in cinque minuti di salti per le rocce raggiungo la bella e spaziosa cima Baffelan. Sono le 8 e il panorama di una giornata meravigliosa sale dal basso ad irradiarmi di luce e il mio sguardo incantato spazia dal carega al Pasubio, al Cornetto che dominano la scena , alla dirimpettaia e verde cima delle Ofre. In lontananza Adamello, Brenta e montagne a perdita d’occhio. Ma è un Tour de force il mio e dopo essermi riempito di pace,scatto subito verso la paretina da disarrampicare. Inforco sentierini non segnalati e prima di cercare di capire vs dove scendo, mi trovo in un canalone precipite sempre più dirupato che alle 8.30 mi depone sulla strada asfaltata che torna al Rif. Campogrosso. Ci arrivo e insolitamente rispetto alle mie abitudini selvatiche( e anche perché mi ero messo 10 euro in tasca) entro e decido di dare colazione( del resto sono già quattro ore abbondanti che fatico…e sarà ancora mooolto lunga. Fetta di torta e cappuccio con brioche…5.10 euro e resto senza monete visto che la cameriera mi fa lo sconto per non appesantirmi di monete e alle 9 sono di nuovo fuori inondato di sole e rigenerato dalla pausa colazione. Che strano avviarsi vs le guglie del Fumante camminando sull’asfalto- Uno sguardo indietro alla precipite e magnifica parete della Sisilla da cui ogni tanto di getta qualche ragazza stanca della vita e imbocco il sentiero verso la montagna.
Nel bosco la prospettiva da sotto cambia completamente la vista e le guglie svettano rincorrendosi come fiamme verso il cielo. Corro nei saliscendi per superare qualche piccola comitiva di turisti. Il tempo di sbagliare sentiero seguendo il segnato 170(dovevo invece proseguire alto sul sentiero non indicato) e mi faccio un'altra corsa per tornare al bivio e correggere la rotta. Salgo ancora spingendo per guadagnare l’altro tempo perduto e quando supero tre persone che aiuto in un passettino di disarrampicata all’interno di un passaggio fra le rocce , mi trovo a salire ripido e rapido il Giaron delle scale fino ad affiancare 4 magi rocciosi che mi diverto a fotografare mentre si mettono in posa a seconda del sole che li illumina o meno. Sento la fatica ora pulsare nei quadricipiti mentre il sentiero s’inerpica sempre duramente vs F. lla Lovaraste che raggiungo alle 10. Veloce puntata sulla già salita quest’inverno Cima Lovaraste e poi su velocemente alla Cima Centrale del Fumante pochi minuti dopo. Ci sono guglie dappertutto e la vista spazia sulla Presanella e sul Brenta. Perdo quota fra torri e pinnacoli in direzione della depressione che congiunge il Fumante alle creste dell’Obante: da questa prospettiva il Fumante merita appieno il suo nome mostrando un susseguirsi di fiamme rocciose che si rincorrono vs il cielo. Fotografo compiaciuto e riprendo a salire sentendo la fatica e appoggiando sovente i palmi sulle ginocchia per agevolare la spinta vs l’alto. Alle 10.45 raggiungo la cresta e si apre sotto di me la bellissima conca della Malga di Campobrun. Ora il sentiero seguira’ la cresta in direzione di Cima Mosca e comporterà solo qualche modesto saliscendi. In realtà il sentiero passa sotto cresta e non è semplice capire qual è la più alta fra tutte le piccole e poco marcate asperità che si susseguono.
La vista ormai spazia sul Carega e il rifugio sottoporta ultima meta del mio peregrinare per cime di questo settore. Bellissimo volgere anche lo sguardo all’indietro e vedere il sentiero fendere come un serpente i prati sottostanti il limite di cresta. Alle 11 seguo una traccetta che sale e arrivo a sorpresa all’ometto di Cima Obante a quota 2070: non è segnalata ma sembra più alta delle altre asperità. Ora altri traversi per cresta e poi risalita fino ai 2140 mt di cima Mosca. Singolare il passaggio sopra la parete precipite dell’Obante che chiude il Boale dei Fondi. Poi mi stacco dalla traccia principale che corre vs il Rif. Fraccaroli e assecondo il fianco erboso che sale e mi deposita affaticato su Cima Mosca alle 11.30. Ridiscendo e quando il sentiero riprende a salire mi precipita addosso una grande stanchezza. Arranco salendo vs il rifugio e guardo scorato le persone che stanno già lassù e passeggiano felici. Mi fermo più volte e provo a seguire linee di minor pendenza, il rifugio ormai è ad un passo e lo raggiungo in mezzo alla folla. Scatto vs la cima , mi devo perfino bloccare perché mi vengono i crampi ai quadricipiti e simulando indifferenza per la tanta gente presente, cammino a passi controllati fino alla croce. Sono le 12.15 e penso che ho già nelle gambe circa 2500 mt di dislivello. Troppi? Ridiscendo dal punto più alto di giornata(2260 mt.),mi allontano un poco dalla folla vociante che presidia la zona del rifugio e che ha interrotto il mio isolamento e mangiucchio qualcosa sperando di portare nutrimento alla mia muscolatura oppressa e dolente. Decido che non è il caso di proseguire come da programma originario per i monti plische zevola tre croci , ma di ridiscendere per la via più breve a Campogrosso e tentare così la salita al Pasubio che altrimenti salterebbe sicuro. Raggiungo quindi alle 13 la Bocchetta dei Fondi e da lì mi butto giù sulle tracce dell’invisibile 157 che si nasconde sotto le ghiaie mobili che percorro. Lo scenario è maestoso con la parete dell’Obante che corre orizzontale come il muro di una diga a chiudere il Boale dei Fondi , ma anche le pareti circostanti contribuiscono a rendere molto suggestivo questo luogo. Il sentiero si legge così poco che temo di averlo smarrito, ma la direzione obbligata mi tranquillizza: resto sorpreso anche quando giungendo alla fine del vallone per ampie scivolate sui ghiaioni di fatto la svolta a dx del sentiero è quasi invisibile e non segnalata. Strano perché di cartelli se ne trovano ovunque. Il sentiero in falsopiano recupera e si congiunge al sentiero seguito in salita e alle 14 nella nebbia arrivo a Campogrosso. Tiro dritto,chiedo conferma a dei ragazzi se quella strada che sto percorrendo è quella che passa dal ponte tibetano e seguito a scendere fino ad arrivare al fatidico ponte lungo 100 mt e che traversa un bel canalone sovrastandolo di una trentina di metri. Particolare, ma nulla di fantasmagorico.
Alle 15.25 sono nuovamente al Pian delle Fugazze. Vado alla macchina per bermi un succo di frutta e dopo una piccola pausa mi avvio a piedi sulla statale verso Vicenza per poi deviare vs la Bocchetta di Campiglia dove parte la famosissima strada delle 52 gallerie che perfora il Monte Pasubio. Sono circa 10 km e spero di riuscire a farli in autostop. Purtroppo fino al bivio di Ponte Verde non si ferma nessuno e mi faccio i primi 5 km a piedi. Anzi a dire il vero ad un certo punto un automobilina guidata da un vecchietto, si era fermata ma quando gli ho detto dove volevo andare , mi ha detto che ero arrivato. Al piccolo bivio attendo 1 ora alternando esercizi di stretching ad una decina di richieste di autostop perfino ai motociclisti.Quando comincio a pensare di tornare a piedi (perché di farmi 5 km in salita non ne avevo più voglia, e avevo affidato alla sorte la decisione) alle 17.15 un auto con tre persone mi invita a salire e mi trasporta fino a colle Xomo a 1000mt di quota. Da lì mi sciroppo ancora 2 km e 200 mt di dislivello fino alla Bocchetta di Campiglia punto d’inizio del mitico percorso. Alle 17.45 nel silenzio e in perfetta solitudine inizio la mia marcia in un luogo che (stando alla dimensione del parcheggio sottostante) solitamente dev’essere particolarmente affollato. Comincio di galleria in galleria a salire e sono i tratti all’aperto quelli più belli perché la strada in cengia gira attorno alla montagna regalando scorci e panorami spettacolari. Le creste calcaree sono ricoperte di mughi e presto lo sguardo si apre verso la dorsale del carega regalando must fotografici nella luce della sera che cala. La strada incide banche rocciose praticamente verticali e frequenti sono i vaj che precipitano vs valle. Si passeggia comodamente beati fra terra e cielo. Salendo e volgendo ad ovest una soffusa luce arancione anticipa le secchiate di colore che il sole butta sulle rupi verso di lui esposte. Ogni tornante o galleria regala nuovi giochi di colore e combattimenti fra luce e penombra. Camosci solitari sono gli unici compagni in questa ascesi mistica e cromatica. Da una galleria ritraggo le cime di questa mattina disposte per la foto ricordo: Cornetto,Baffelan e tutta la dorsale del Carega. Poi il giro panoramico mi regala lo scender del sole oltre la Catena del Monte Baldo e infine la spettacolare svolta finale con la strada che percorre aerea bancate di rocce dorate dall’ultimo sole e la Cima del Palon che troneggia su questo scenario fantastico. Oltre una quinta rocciosa si vede anche intagliata nella roccia la strada degli Eroi che percorrerò invece poi in discesa. Appare infine all’ennesima svolta anche il Rifugio Papa che raggiungerò attraverso ultimi budelli all’interno delle viscere della montagna e dopo alcuni tratti semplici ma veramente aerei. Spettacolo emozionante.
Alle 20 sono al Rifugio e rinuncio vista l’ora e il buio che incombe all’idea di salire anche su Cima Palon e mi butto in discesa verso l’altrettanto ampia e stupefacente Strada degli Eroi. Il buio cala fulmineo e alle 20.15 accendo già la frontale che va a tener compagnia alle stelle. Ora devo solo mettere un piede dopo l’altro e avere pazienza. Contemplare luna stelle e stanchezza.
Alle 22 dopo 18 ore dal risveglio e circa 3500 mt di dislivello infilo la chiave nella toppa dell’auto.
Foto1 alba sul Cornetto Foto2 le prime 6 cime dal Pasubio Foto 3 sulla strada delle 52 gallerie


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