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   Pizzo Mater, 23/08/2020
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Onicer  Pierpaolo   
Gita  Pizzo Mater
Regione  Lombardia
Partenza  Motta alta di Campodolcino (SO)  (1860 m)
Quota arrivo  3022 m
Dislivello  1130 m
Difficoltà  EE
Rifugio di appoggio  Nessuno
Attrezzatura consigliata  Normale da escursionismo
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Pessime
Valutazione itinerario  Buono
Commento Alla ricerca di percorsi sempre inediti ma con l’incognita temporali, il “problema” è oggi doppio. Dopo un lungo studio delle mappe meteorologiche la sentenza è che una delle zone più sicure, oggi, è nell’alta Val Chiavenna, dove il cielo dovrebbe perciò rimanere tranquillo.
Individuata la zona “storm free”, l’occhio cade sul Pizzo Mater, una cima secondaria e molto meno frequentata rispetto alle altre più blasonate in zona Madesimo. Dalle poche descrizioni reperite, pare che da metà percorso in su spariscano sia il sentiero che i bolli indicativi, cosa che presumibilmente si traduce nel dovere stare molto attenti a non sbagliare strada, se si vuole arrivare in cima.
Parcheggiata l’auto davanti all’hotel Baita del Sole in località Motta alta (strada a pagamento, pedaggio 3 euro acquistabile tramite macchinetta posta a fianco della strada che sale alla suddetta località), ci incamminiamo su strada sterrata fino ad arrivare al caratteristico borgo dell’Alpe Groppera (raggiungibile tramite auto solo da chi è munito di autorizzazione permanente).
Dell’Alpe, prendiamo un sentiero che comincia nella parte alta dell’abitato, inizialmente poco visibile, e che poi sale a zig zag guadagnando quota.
Lo si segue fino a quando, in effetti, tracciato e bolli scompaiono poco sotto un ripidissimo pendio erboso.
A questo punto, per aiutarci nell’orientamento, ci affidiamo a una traccia GPS estrapolata dall’app Geo Flyer e che si rivelerà essere molto precisa e d’aiuto a individuare i passaggi migliori in assenza di altre indicazioni.
Salito e superato con molta fatica l’erto pendio, ci ritroviamo su un pianoro erboso, in vista di un secondo ripidissimo pendio, stavolta misto erba e rocce, che punta ad alcuni canalini che scendono dalla nostra montagna.
Sempre con l’aiuto del GPS individuiamo il passaggio migliore e con una certa attenzione saliamo fino a prendere una larga cresta, dove per “magia” riappare una sorta di sentiero e anche qualche ometto.
Saliamo ora con più facilità e su pendenze meno estreme, fino ad arrivare nei pressi del tratto finale di cresta, più roccioso e selvaggio.
La presenza di nubi basse e nebbia ci complica un po’ la vita ora nell’orientarci, ma in base alle rare descrizioni lette, per avanzare correttamente bisogna spesso stare a destra del filo di cresta. Così facciamo, e prestando attenzione nell’individuare quello che a tratti pare una sorta di labile e pseudo sentiero, ci avviciniamo man mano alla cima, buttando sempre un occhio sul GPS per cercare conferma e non cacciarci nei guai, specie considerando la visibilità molto scarsa.
Piano piano e con attenzione, riusciamo dunque ad arrivare in cima, decisamente soddisfatti per la piccola “impresa” compiuta, tra percorso e indicazioni quasi assenti e mancanza di visibilità.
Per tornare, bisogna ripercorrere integralmente la via di salita. Dobbiamo perciò prestare sempre la massima attenzione, prima per non sbagliare strada nella parte alta dell’itinerario con la nebbia, poi sui tratti molto ripidi di discesa sui due pendii affrontati in salita.
Fuori da tutte le insidie di questa escursione, possiamo scendere in modo più rilassato chiudendo questa escursione che nella parte alta si svolge in un ambiente selvaggio, mentre in quella bassa mette alla prova il fiato a salire e le ginocchia a scendere.

Foto 1: il secondo ripido pendio con cui si accede alla cresta, stando sulla sinistra
Foto 2: cima
Foto 3: Lago di Montespluga in discesa, con debole stau e muro del foehn sulla destra
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