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   lastion de Formin -30°, 18/04/2006
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Onicer  oscarrampica   
Gita  lastion de Formin -30°
Regione  Veneto
Partenza  ponte RuCorto  (1700 m)
Quota arrivo  2660 m
Dislivello  1000 m
Difficoltà  F
Rifugio di appoggio  no
Attrezzatura consigliata  ciaspe
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Ottime
Valutazione itinerario  Eccezionale
Commento Dopo un tentativo con mio cugino lorenzo di provare a salire il Cernera arenatosi per manifesta superiorità della neve nei nostri confronti in mezzo ai boschi sopra Andria e per l’impossibilità di capire la direzione del sentiero sommerso dalla neve, nonostante i consulti della carta ,rilanciamo col mot alzando la posta in palio e dirigendoci vs Cortina con meta i Lastion de formin imponente altipiano sorretto da massicce pareti verticali che ne proteggono i fianchi tranne che vs est.
Partiamo da caprile il 27 dicembre del 1996 alle 6 con il termometro che segna -16°,ma in macchina il riscaldamento funziona. Passiamo al Passo falzarego e il termometro indica -21° e in macchina quasi abbiamo caldo. Quando scendiamo dal confortevole tepore dell’auto all´altezza del Ponte di Rucurto (q.1700), sono le 7 e prendiamo il sentiero segnavia 437 che s’inoltra nel bosco, l’impatto col gelo è tremendo ma poi camminando veloci e in salita il sangue torna a scorrere e scaldare un poco le membra paralizzate dall’immobilità notturna e dal gelo dell’alba livida.
Siamo ancora al buio quando scatto una delle foto più belle della mia vita con le Tofane che splendono rosse accarezzate dal primo sole del mattino che non scalda per niente l’aria ma sembra emettere una pulsante luce fredda.I colori sono impressionanti,sembra di essere proiettati in qualche futurista pubblicità . Accanto la Ra Gusela non vuol esser da meno e lancia vs il cielo blu la sua punta dardeggiante di colore. Nel bosco morto di gelo dove perfino i rumori sono ibernati, passiamo sotto le torri della Croda di Lago che giacciono intirizzite sopra di noi. C’è un silenzio surreale e fa male persino respirare. Camminiamo di un andatura lenta e costante dove la cosa più importante è sintonizzare la respirazione alla fatica per impedire che boccate troppo avide d’ossigeno entrino come sberle nei polmoni. Salendo lungo la Val Formin, dominata dal massiccio della Croda da Lago,arriva il sole ma porta un conforto solo cromatico, nullo in termini di calore. la neve ora farinosa mai gelata rallenta la nostra ascesa e la trasforma in una sorta di ritirata dalla russia al contrario perché noi ci allontaniamo dalla salvezza. Intanto la cima si avvicina e si vede il grande pianoro sommitale ammiccare più in alto ma noi stiamo facendo veramente fatica a gestire il freddo che ghermisce mani e piedi. saliamo in questa luce surreale ognuno avvolto nel proprio bozzolo di silenzio per non sprecare boccate di calore e poi atterriamo sul pianoro sommitale dove il vento ha creato sastrugi antartici. Sono le 13.30, siamo a quota 2670 mt. E’ veramente un altro mondo questa cima e i nostri visi due maschere da esploratori artici col sudore ghiacciato della respirazione che addobba i nostri visi, barbe e cappelli. Quando provo a parlare, mi rendo conto che ho la mascella praticamente bloccata e preferisco non insistere. mi sincero solo di come sta Greg che ha una faccia da paura e conveniamo che fatte 2 foto sarà meglio scendere veloci. Dalla cima, il panorama quasi a 360° sulle Dolomiti Ampezzane e Agordine è gratificante ma lo cogliamo come qualcosa che oggi è solo da memorizzare e non da gustare con calma. Bisogna fuggire,salvarsi,stare fermi è un rischio che può avere conseguenze serie. Ci lanciamo vs il basso e ogni tanto chiedo al Mot come va il suo dolore ai piedi di cui si lamentava salendo per il freddo ma mi tranquillizza dicendo che non sente più niente.
Alle 16.30 siamo nuovamente all’auto in condizioni pietose: distrutti dal freddo patito restiamo vestiti fino a sudare in macchina col riscaldamento che non scalda mai quanto vorremmo.
In quei giorni un ondata di gelo invadeva l’italia, soffiava sulle alpi il Burian vento siberiano responsabile del terribile calo termico. Quel giorno a Cima Banche quota 2500 venne registrata la temperatura record di -25° a mezzogiorno. Noi a quell’ora eravamo a quota 2700, probabilmente con una temperatura vicina ai -30°. Io non ebbi conseguenze particolari mentre a Gregorio crebbero vesciche e piccole zone di necrosi da congelamento ai piedi che dovette curare per circa un mese con gli intrugli del Fassa. Soffrì parecchio ma non ebbe danni permanenti. Il Grande Freddo ci aveva risparmiati.
Foto1 tofane nel gelo terso dell'alba Foto 2 io in cima a -30°
Foto3 Mot distrutto all'arrivo
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