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   Rifugio Pavillon, 27/11/2016
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Onicer  Pierpaolo   
Gita  Rifugio Pavillon
Regione  Valle d'Aosta
Partenza  La Palud  (1400 m)
Quota arrivo  2173 m
Dislivello  770 m
Difficoltà  EE
Rifugio di appoggio  Rifugio Pavillon (chiuso)
Attrezzatura consigliata  N.d.e. + ciaspole
Itinerari collegati  nessuno
Condizioni  Pessime
Valutazione itinerario  Discreto
Commento Domenica di bel tempo in Valle D’Aosta, la montagna chiama. L’imperativo è quello di non salire eccessivamente di quota per non andare a pestare troppa neve. Pensando di fare la cosa giusta, fotocopiamo le quote della giornata precedente alla Testa di Comagna come punto di riferimento. E così, spinti anche da una certa curiosità, decidiamo di provare la salita tramite sentiero al Rifugio Pavillon, punto di arrivo del primo troncone della funivia del Monte Bianco che conduce alla Punta HelBronner.
La scelta, ahinoi, non è delle più sagge. I chilometri in linea d’aria rispetto a dove ci trovavamo il giorno precedente non sono moltissimi, ma i microclimi possono fare una sensibile differenza. Ce ne accorgiamo fin da subito, partendo da La Palud, quando innalzandoci nel bosco cominciamo a pestare fin troppa neve molle che va faticosamente battuta, visto che nessuno, giustamente, è stato così furbo da scegliere un itinerario in questa zona a fine novembre… Ormai, accettato l’errore, non ci resta che tentare comunque di salire a fatica quantomeno fin dove è possibile e non pericoloso.
Superata con difficoltà la prima parte dell’itinerario e sbucati fuori dal bosco, ci si para davanti la strada utilizzata dai mezzi da lavoro per i lavori di costruzione della funivia che nel suo primo tratto è piuttosto inclinata e soprattutto coperta di neve gelata. Con decisione sormontiamo questo primo spezzone fino a sterzare decisamente a destra.
Qui, complice l’esposizione differente, il problema è esattamente contrario. La neve molle ci fa infatti sprofondare quasi a ogni passo rendendo la progressione affannosa.
Arrivati a un altro tornante le pendenze si placano e soprattutto cambia di nuovo l’esposizione: la neve torna perciò a essere dura cosicché possiamo velocizzare il passo.
Altro tornante verso destra e ci si ripresenta il medesimo problema di sprofondamento. Con alcuni zig zag e protetti dai paravalanghe che vegliano sulla nostra ascesa pazza e inconsueta, arriviamo finalmente all’arrivo del primo troncone della funivia, oggi deserto perché chiusa. I locali sono comunque aperti perché sono presenti gli operai che lavorano sulle funivie, e questo ci permette di passare in un colpo da un ambiente ostile a un altro molto confortevole, utile a farci riprendere le forze.
Il ritorno è obbligatoriamente da svolgersi per il percorso dell’andata, non ci sono alternative. Questo significa che dovremo affrontare le stesse difficoltà. Tra infiniti sprofondamenti e neve dura che mettono peraltro alla prova il mio piede ancora convalescente, arriviamo fin dove ricomincia il bosco. Consapevoli che anche lungo questo ultimo tratto ci sarà da tribolare, scegliamo di continuare a seguire la strada che pur passando sotto ripidi pendii risulta sicura perché sono tutti scaricati.
La decisione è giusta, perché per la maggior parte del restante tragitto la neve è portante.
Chiudiamo così una escursione insolita che comunque, pur nelle sue difficoltà, ci ha regalato il respiro dell’alta montagna. Peccato non avere avuto un buon equipaggiamento per affrontarla, in primis le ciaspole. Ad ogni modo, è un itinerario che in questo periodo è da sconsigliare, se non altro per la pericolosità di alcuni passaggi soggetti a valanghe, fortunatamente oggi già scese.

Foto 1: l'arrivo del primo troncone della funivia
Foto 2: ambiente superlativo
Foto 3: bel tramonto a escursione terminata
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