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Sasso Canale, 19/06/2016 | Tweet | Inserisci report |
Onicer | Pierpaolo |
Gita | Sasso Canale |
Regione | Lombardia |
Partenza | San Bartolomeo, fraz. di Sorico (CO) (1200 m) |
Quota arrivo | 2411 m |
Dislivello | 1250 m |
Difficoltà | EE |
Rifugio di appoggio | Nessuno |
Attrezzatura consigliata | Normale da escursionismo + caschetto |
Itinerari collegati | nessuno |
Condizioni | Buone |
Valutazione itinerario | Ottimo |
Commento | Il Sasso Canale è una di quelle cime che da tempo ci frullavano in mente. Dovevamo solo attendere pazientemente che le condizioni della salita, dopo l’inverno, diventassero idonee e fattibili. Con un occhio sempre attento al meteo incerto di questo periodo, che raramente ci ha concesso la possibilità di potere fare escursioni un po’ più impegnative in sicurezza. Oggi però abbiamo dalla nostra parte un jolly, costituito da una debole e isolata corrente di favonio in discesa proprio dalla Valchiavenna a scongiurare prima di tutto il pericolo di temporali, e in secondo luogo anche di precipitazioni.
Decidiamo dunque che oggi il Sasso Canale “S’ha da fare” e dopo esserci inerpicati con l’auto sulla stretta strada che porta alla panoramica frazione di San Bartolomeo, iniziamo la salita su comodo sentiero che ben presto lascia spazio a una strada agro silvo pastorale a tratti inondata dalle recenti e abbondanti piogge. Arrivati al caratteristico borgo dall’Alpe di Mezzo, da cui la vista è ancora più meritevole, saliamo in modo ora deciso prendendo un sentiero che a zig zag si snoda sui soprastanti prati e che porta in spazi definitivamente aperti nei pressi del Passo di Termenone, dove è possibile osservare l’omonimo e lunghissimo muretto in pietra di delimitazione. La vetta ora è decisamente più vicina e per raggiungerla continuiamo a camminare sul percorso che gradualmente diventa sempre più roccioso e meno erboso. Giunti nei pressi delle imponenti pareti della montagna, ci attende un traverso su sentiero sempre segnato ma che si svolge su sfasciumi. Mettiamo così il caschetto, perché la roccia che compone la montagna non è di buona qualità e guardare verso l’alto desta qualche preoccupazione. Terminato il traverso, svoltiamo a sinistra e su ripide pendenze imbocchiamo un breve canalino che abbastanza facilmente ci deposita sul pianoro sottostante l’anticima. Non la raggiungiamo, preferendo puntare direttamente alla cima vera e propria. Per farlo, bisogna prendere una sentiero a mezza costa e a tratti esposto che si svolge sui pendii rivolti a sud. Qua e là è indispensabile usare le mani per procedere in sicurezza, ma senza troppi patemi arriviamo a un passo della vetta. Ciò che con un po’ di sorpresa notiamo è che i giganteschi e antiestetici ripetitori segnalati nelle relazioni delle escursioni effettuate in passato sono stati rimossi. L’ambiente è tornato perciò ad avere i connotati più selvaggi che lo contraddistingue. Siamo ormai sotto la cima, ma per raggiungerla bisogna arrampicarsi per qualche metro su roccette relativamente facili, su cui è comunque bene prestare attenzione. Nel giro di qualche minuto siamo così davanti al grosso gendarme di vetta, felici e soddisfatti. L’unica nota negativa è il vento teso che da circa un’ora ci accompagna in modo a tratti fastidioso. Ma è lo stesso vento che ci ha permesso di potere compiere questa escursione. Guardando verso nord, si notano infatti distintamente le precipitazioni verso Spluga, Val Bregaglia ed Engadina, nonché un certo grigiore sulle Orobie. Qui invece un pallido ma graditissimo sole accompagna la nostra conquista. Dopo avere ammirato a lungo il paesaggio sfidando il freddo causato dalle raffiche di vento, iniziamo la discesa con iniziale deviazione verso l’anticima popolata di pecore curiose, per poi ripercorrere lo stesso itinerario dell’andata fino al Passo di Termenone. Qui decidiamo di tenere la larga cresta per tentare di percorrerla interamente fin sotto il Monte Berlinghera. La prima parte fila liscia, mentre quella terminale si fa più impegnativa ed è anche necessario, con un po’ di attenzione, disarrampicare in un canalino di circa 10/15 metri. Arrivati alla Bocchetta di Chiaro le difficoltà terminano e, una volta raggiunto nuovamente l’Alpe di Mezzo, il resto della discesa fila via tranquillo, anche se la stanchezza ora di fa sentire. Chiudiamo così questa escursione che ha confermato e superato le nostre aspettative. L’ultima parte del percorso, incredibilmente panoramica e con quel pizzico di difficoltà aggiuntivo a renderla ancora più interessante, ci resterà per lungo tempo impressa nella memoria. Foto 1: splendida visuale lungo la salita Foto 2: sul traverso di sfasciumi Foto 3: vetta |
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