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   Monte Pradella da Nord e Punta del Segnale, 27/10/2014
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Onicer  mario-bi      
Gita  Monte Pradella da Nord e Punta del Segnale
Regione  Lombardia
Partenza  Valgoglio, fraz. Bortolotti  (1142 m)
Quota arrivo  2183 m
Dislivello  1041 m
Difficoltà  BS
Esposizione in salita  Sud-Ovest
Esposizione in discesa  Sud
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Trasformata
Altra neve  Trasformata
Rischio valanghe  1 - Debole
Condizioni  Buone
Valutazione itinerario  Buono
Commento Sento Furio Sestio,quello che comunque va' e, se ben ricordo, ho un ginocchio da mettere alla prova.Mi dice del Pradella e che qualcuno ha scritto,forse in On-Ice, che fuori Bortolotti (una decina di minuti ?)c'è ancora neve da sciare.Vado a nozze,il Pradella è da troppo in nota e l'occasione,la compagnia di Furio Sestio,è troppo ghiotta.C'è persino la neve in basso.Pur conciato,tento,c'è la posso fare...sarebbe persino la prima volta(per me) e ,incredibile da Nord,come l'avevo letta senza peraltro poterla per bene immaginare.L'appuntamento è più o meno li', più o meno la' e dopo non poche traversie dovute più al “due teste che van da sole”che ad altro,gli scarponi c'è li infiliamo insieme al parcheggino(tornante inizio sentiero).Furio Sestio si accompagna a Giulio Agricola e già lo so che con “due così” sarà difficile prenderla con calma.Da subito comincio la rincorsa che in qualche modo cerco di contenere:il ginocchio tendo a posarlo come e dove conviene con piccoli passi,piccoli gradini,zero torsioni,piede piano e passi da “sherpa” veloci.Ciononostante transito,senza vederla,dalle parti della “casa dei turaccioli”,non lontano da loro e finalmente le prime lingue di neve mostrano il loro viso divertito(eccoli qui i creduloni) e accogliente.Con il caldo calano le nebbie e nelle prime radure ci troviamo a vagare.Io,per non perdere contatto arranco cercando,in ogni modo, di abbassare le traiettorie per non troppo spigolare e solo ora realizzo che,senza averla convocata,sopravvenne la significante “saggezza del gatto” che mai domanderebbe al proprio corpo ciò che non è in grado di fare e così,astutamente,identificandomi con esso,continuo piatto di piede e al risparmio.Così conciato,seguo come posso le rotaie ma i conti,nonostante i giovani baldanzosi là davanti,cominciano a non tornare.Poco importa se in zona io ci torni,date le bellezze,quasi ogni anno e loro siano,se non alla prima,alle loro primissime volte qui.Il copione se gia visto ed è normalmente e parimenti usato da chi va veloce...perchè va veloce,punto.Urlo,per via della lontananza,A sinistra,siamo troppo alti,a sinistra ma non mi resta che seguirli appunto su dritti e se occorre anche un po' a destra.Il copione continua,urlo e senza vederli li seguo,le nebbie incombono non ci si può dividere,sino a che uno squarcio lascia intravedere una malga e, più su e più in là, forse il sentiero estivo.La visione mette a nudo”le mie ragioni”ma anche una processione di slavine grumose che accompagnerà,ormai troppo alti,il traverso che loro faranno in discesa per raggiungermi.Come non detto.Felici per il cammino ritrovato andiamo su seguendolo(ripido)sino al lago(forse 238,forse Sucotto).Ora se fatto tardi(capita),fa caldo,la neve ne soffre,quindi lasciati gli indugi alle spalle si decide per un lungo traverso sul ripido e alla sinistra del lago(capita).La scelta mi trova titubante,la stimo pericolosa,figurarsi il ritorno e poi mi vedo azzoppato,ginocchio sinistro a monte per una ventina di minuti e poi mi vedo,che annaspo,che forzo sui remi ansioso,che,palla al piede,rallento i volenterosi,che mi arrabatto per seguire in qualche modo,pur non volendolo ,i fuggitivi,che queste cose non le voglio fare perchè non è cosi che io la intendo e così,”ancora il gatto”sceglie ciò che è giusto fare e che può fare.Li saluto calorosamente,con affetto,come si fa con gli amici e scelgo di restare da solo.Mi rifugio in me stesso come se fossi un luogo in cui sto bene,mi salvaguardo e dopo aver riconquistato,il mio passo(facilmente)e la mia calma(un po' più in là e con un suo tempo),riunifico il mio corpo con i diversi”me”in un'improvvisa consapevolezza:ora sono(finalmente )solo,ora(concentrato)dipenderà tutto da me.
Via via che salgo gli squarci si moltiplicano e girato le spalle al tempo tiranno mi prendo ciò che il mondo mi da.La realtà,quasi sempre incredibile e imperscrutabile,non delude mai.Non c'è nulla da progettare,basta essere pronti ad accogliere quello che la vita ha inventato riservandolo per noi.Non è facile,non basta intuirlo,piano piano ci si può provare.Così confinato tengo sotto sguardo i ragazzi che salendo il canalone ad ovest del lago, man mano che rimpiccioliscono, paiono perdersi in tanta grandezza.Li aspettano forse il lago Nero,l'Aviasco e chissa che altro ancora,l'avventura e poi la vetta.Furio Sestio è caparbio,so che non mollerà. Sento e pago molto il non essere con loro, puro dispiacere, qualcosa di molto umano, uno dei tanti “me” che sono io. Forse il cimista a tutti i costi, quello che ci prova fin che si può ma che oggi no, quello che se torna “a mani vuote” non è bello, quello che intravvede ma non ce la fa a cambiare, quello che forse è la vita ad essere così e non c'è proprio nulla da fare, forse...Se non il tutto questo è sicuramente il succo e nulla toglie alla mia vetta che, in disarmo quanto me, ragiungo con un traverso lungo e ironia della sorte, ginocchio sinistro a monte. La calpesto, sole e vento l'hanno per così dire, spellata, ed il tumulto dal quale normalmente riesco a cavare ben poco, svanisce. Come vedremo sarebbe stato meglio consegnare il sentimento (stato dell'anima) al dubbio, ma al momento ciò che mi prende, ciò che non posso non vedere, ciò che mi toglie il fiato e da finalmente senso a questa solitudine è l'oceano mare che sotto i miei piedi si è preso tutta la pianura colonizzandone ogni anfratto. Sono nuvole, nebbie, vapori, condensazioni, impalpabili goccioline , addensamenti e trasparenze e, uno dei tanti “me” è qui su questa riva a godere lo spettacolo di isole misteriose che spuntano, apparentemente in disordine, qui e là. L'istinto è quello molto umano di saccheggiarle e novello saraceno con la digitale me ne faccio uno sfracello, mi prendo anche ciò che non conosco e che poi presumibilmente, davanti al “mio rivelatore di immagini” vedrò. Ad Ovest si delineano terre sconosciute che viste da qui non sono meno delle “Indie”. Attorno ai magici e penetrabili boschi di Sedornia vivi e vividi nei ricordi “come se fosse ieri” si distendono vecchi e nuovi territori che ancora uno degli altri “me” anela e sospira. E poi ancora lì troneggiano le Montagne Rocciose del Vigna Soliva che più che un gruppo oggi paiono un massiccio e molte altre ricche di stimoli che stanno a Sud di quelle altre pur agognate che stanno a Nord e ancora valli e canaloni da salire come se lì, il tutto attorno, non finisse mai. Per non parlare del Pradella e del Salina che ad un tiro di moschetto (Est) se ne impippano delle mie voglie e della mia felicità. Estraneo a loro e all'oceano una vampata mi riporta con gli scarponi nell'erba e mi lascia intravvedere un salitore” che va veloce” sul costolone Sud della vetta. Dato l'orario presumo che la sua vetta sia la mia ma ben presto si confermerà l'idea che chi normalmente va veloce non ha tempo da perdere e gli incontri servono solo e utilisticamente ad avere informazioni alle quali ovviamente l'altro deve (siamo in montagna o no?) dare risposta. La delusione, lo confesso, è doppia: avevo presuntuosamente pensato ad una discesa comune per la pace mia e del mio ginocchio sinistro dato che la neve è lì da vedere, spappola, e alla possibilità di spezzare insieme il pane farci su due parole. Fossimo stati muti presumibilmente ci saremmo detti di più. Lui, chiuso in se stesso, butta lì l'indispensabile per conseguire ciò che gli sta a cuore, io,non ricordo come e perchè ma gli dico dei ragazzi e del Pradella e l'incontro finisce così lasciandomi uno sgradevole ricordo e in memoria il suo viso senza una smorfia né un sorriso.Mi giro e non c'è più così non mi resta che pensare alla sua fretta e alle mie,ai molti che non sanno quello che si fanno e che nemmeno io posso pensare d'essere un profeta che sa ciò che fa.Accelero,pare un paradosso dopo ciò che ho scritto,ma è la neve ad imporlo.M'infilo la ginocchiera perchè così rischio sicuramente molto meno ma anche perchè so' che poi,le tenterò comunque tutte,non mi tirerò indietro,andrò a cercare il meglio e il possibile malgrado i buoni propositi e nonostante il ginocchio,ancora sinistro.Il valloncello che porta al costolone Sud me lo spappolo,direbbe Ginevra,come un papocchio di cereali,banana e yogurt,mettendo a punto scarponi e sciata e poi,via penetrando le nuvole come fossi un aliante,tenendo il lato Ovest, plano il gobbone con le cautele del caso.Una comitiva di ragazzi con ciaspole in salita mi permettono occasionalmente di esagerare e di mostrare un'altro”me”stavolta Narciso.Ne prendo atto e ricaccio il sentire in malomodo tra le mie ombre, istintivamente, dicendomi per l'ennesima volta che non sono così ma purtroppo so' che è il mio”Io ideale”a pensarlo,è lui che non mi consente di accettarmi per ciò che sono,forse per aver posto troppo in alto le mie capacità di realizzarlo mentre e sicuramente l'altro”me”,io,è molto più umano e,scriviamolo,fragile.Continuo a scendere e inverosimilmente il moto a luogo è fluido.Quando posso, mi nascondo al Sole che malgrado me continua ad essere e per fortuna se stesso,ed è lì che traggo ancora il meglio.La neve è ancora tantissima,le lingue,solide e possenti perciò le inseguo ed i luoghi prima nebbiosi e camuffati adesso mi appaiono come quelli che io conosco,sui quali ho volato più volte,giù sino alla “ casa dei turaccioli”,quella dei sogni e delle fiabe ,dove è posssibile trovarvi “il tutto”che sempre hai pensato che non potesse essere che così compreso un laghetto e l'acqua che vi scorre,dentro e fuori.Raggiuntala, rimango basito.Una delle case ha il tetto bruciato.Scosso,mortificato,deluso,penso che solo il dolo abbia potuto sconfiggere tanta bellezza.Non so,ne saprò mai se questo sentire corrisponda a quanto è successo ma spero di ritornarvi e ritrovarla di nuovo a posto in tutte le sue anime.La neve finisce qui e la ginocchiera,facendo il suo gioco,mi aiuterà a scendere ma l'ultima ora sarà indimenticabile ed interminabile e solo una distesa di “crocchi”su prato soffice ristabilirà lampi di pura soddisfazione.Mi tolgo gli scarponi,eccola di nuovo la realtà,sono proprio arrivato.
Postfazione.Il racconto lo scrivo dopo sei mesi,quattro giorni e diciannove ore.Sembra impossibile che “ciò che conta”resti nell'anima così a lungo.Ma,come dice “il Gabo”(cliccare per capire),Il passato non è ciò che si è vissuto ma ciò che si ricorda...ed io concordo,senza dubbi,senza scampo.
Itinerario effettuato il 12-04-2014

Foto 1: Monte Pradella e Salina se ne impippano...
Foto 2: lago e canalone
Foto 3: oceano mare
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