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   Canalone di Valsecca in Valtorta, 11/10/2014
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Onicer  mario-bi      
Gita  Canalone di Valsecca in Valtorta
Regione  Lombardia
Partenza  Piani delle Olimpiadi Valtorta  (990 m)
Quota arrivo  2057 m
Dislivello  1070 m
Difficoltà  BSA
Esposizione in salita  Nord
Esposizione in discesa  Nord
Itinerari collegati  nessuno
Neve prevalente  Farinosa
Altra neve  Farinosa
Rischio valanghe  2 - Moderato
Condizioni  Eccellenti
Valutazione itinerario  Ottimo
Commento Che le coincidenze siano la logica della vita non è una nostra intuizione, né l'idea è universalmente riconosciuta, ma più maneggio la vita, più ci rifletto, più me ne convinco. Mario invece, ad esempio e per indole, è sempre andato contromano, ha sempre saputo cosa fare e quando farlo e al caso mai aveva prestato attenzione. Il fato, il destino la sorte, una trovata per i molti gonzi sempre e comunque disposti a credere. Ciò sino a quando gli avvenimenti si sono presi una rivincita e le circostanze presentato il conto. Mario dovrebbe ricredersi? E se sì, chi a cuor leggero potrebbe prendere per buona l'idea che in questa vita (l'unica!) non vi è spazio per le nostre presunzioni e che i nostri protagonismi sono invenzioni fasulle e che quindi tutto è già stato scritto? Lui, un qualche dubbio continua a tenerselo stretto anche se, pure stavolta, gli avvenimenti non pare stiano dalla sua parte. E se fosse che è la vita a essere così? Un viaggio senza fine, un'odissea, un'Itaca da raggiungere in balìa degli avvenimenti, sballottati tra vicissitudini e peripezie senza senso, scarsi risultati, molti rimpianti. I fatti che racconteremo sgraneranno sotto i nostri occhi un rosario di coincidenze che però non smentiranno l'assunto: qualche spiraglio di libero arbitrio farà certamente capolino ma l'idea che ai protagonisti non rimanga altro che seguire una traccia troverà sicuramente qualche sostenitore in più, loro e lei senza scampo.
Senza scampo, ora e stavolta un sentimento, è ciò che prova Mario. Siamo in vetta alla Cima di Piazzo e sta sbirciando, letteralmente sotto i nostri piedi, l'Orrido della Valsecca. Più che una comoda vetta (lo è), ai suoi occhi pare un minuscolo terrazzino sospeso tra pareti incombenti e il sotto uno strapiombo di 600 metri (lo è) che, a vederlo da lì, incute terrore ( gli alpinisti veri dicono anche preoccupazione) così come pensare che prima di arrivare laggiù bisognerà superare alcune e imprevedibili difficoltà e che solo allora, proprio laggiù in quel “quadratino là” si potrà anche riposare e tirare un sospiro di sollievo. Felici.
Dice il filosofo che né il sole né la morte si possono fissamente guardare negli occhi ma pure la neve di questo precipizio, oggi, non è da meno. L'anno è il 2014 le Idi sono quelle di Marzo, la neve in vetta spappola e il primo canale (Est) quello che porta all'imbocco di Valsecca, ha un enorme distacco al suo fianco: come sarà la valle? Quali le condizioni? La stagione sin qui è stata abbastanza complicata: molte le alte e le basse, idem le inversioni termiche al punto che definirla monsonica a nessuno parrebbe un azzardo. Ciò nonostante il giorno pare quello giusto e, come si suol dire, forse l'ultimo tram. Se per farlo (il canalone) o per morirci dentro, ancora non si sa, ma di certo, meglio precisare, il sentimento vincente in Mario mentre quel “quadratino là” sprofonda a vista d'occhio ai piedi della Corna dei Castelletti, è quello della paura per il resto basterà scendere, poi si vedrà. Il gruppo (stavolta otto), tutti o quasi scavezza collo ( no cacciatori di certezze), non ha di questo sentire, né paiono interessati al dove si va. Come al Canalone della Cornetta si sono affidati, e più di tanto, già molto, non sarà. Questa è l'idea che passa e quando Ginevra vorrà saperne di più, perchè pare non ricordi di esserci già stata in esplorazione e nel recente autunno, a lei che non ama le quantità di fresca fuori misura, minimizzando Mario dirà: Di ripido ci saranno si e no un 150 metri poi, se non sbaglio e siamo fortunati, il resto sarà una volata.

Questo succederà comunque molto dopo, la storia che condurrà sin qui i nostri Sancho Panza inizia, guarda caso, su di una bancarella e molto ma molto prima, ed è questo che ora tratteremo. E' un amico del Mario a darne il via a sua insaputa. Tal Franco F. che trovandosi a passeggiare in Bergamo alta, scova, tra i libri in esposizione, un introvabile. Trattasi dell'ormai leggendaria e irrintracciabile Guida sciistica delle Orobie del Sugliani in una seconda edizione del marzo 1971 a cura, se ben ricordo, della sezione Locatelli del CAI di Bergamo. L'individuazione è importante. Franco F. ha trovato un ago nel pagliaio e quanto sia impossibile non dobbiamo di certo spiegarlo, da solo il fatto di averla trovata, spiegherebbe come il mondo sia appeso e tragga movimento dal caso. Per non parlare dei perchè e dei per come tutto sia successo basta un ultimo esempio: cosa sarebbe capitato se Franco F. arrivato un'ora dopo, avesse trovato la bancarella ormai spiantata o che uno sconosciuto l'avesse comprata prima di lui? Da Franco F. a Mario B. la scoperta viaggia alla velocità dalla luce: l'arco è quello di un giorno, il tempo quello di una telefonata. Franco F. gliela mostra come fosse uno scrigno, e Mario la apre e avido, ne sgrana i gioielli. Tra questi un “Bruciati” (siamo in Valtorta) attiva le prime curiosità. Si sale per le piste, si scavalca, pare, alla Bocchetta dei Mughi... e il gioco inizia. L'autunno successivo sarà quello delle esplorazioni e l'inverno che lo segue, cosa del tutto incredibile, quello delle realizzazioni. Con Ginevra, i suoi pargoli e poche tracce, inizieremo a salire partendo dai Piani delle Olimpiadi la valle, che in attesa di conferme chiameremo di Bruciati, e poi, con gli stessi meccanismi, tutte le pieghe che da lì cominciano e lì possono finire, compreso il Canalone della Cornetta, la Valsecca, quell'altra che non c'è, forse del Cantarso, la Valle di Ancogno- Raisere, tutte inesorabilmente verso Est, esposizione Nord.La campagna si concluderà in Val Raisere ed il sito delle baite omonime lo calpesteremo quando le prime nevi l'avranno di già imbiancato. Si dice spesso “sembra ieri” e non di rado neanche sappiamo cosa stiamo dicendo ma quella neve ancora oggi ci rimanda il colore dei luoghi, la loro e la nostra solitudine, il silenzio e la fatica, l'aria rarefatta e sottile, il nostro piccolo camminare in tanta grandezza, il nostro passo pur fermo e il continuo brancolare ,i suoi odori. Da allora non sono passati che pochi mesi e in barba al tempo che normalmente tiranneggia noi e allontana gli obiettivi, siamo di nuovo qui e pare che il due su due possa essere afferrato. Non era mai successo prima ma ora che l'en-plein è a portata di mano, l'unico ostacolo pare proprio e solo la neve. Una volta partiti, il freddo e la sua quantità (tanta) ci facevano ben sperare. La sua consistenza poi,polvere o poco meno, sembravano impossibili dato che nei giorni precedenti era successo di tutto e di più tra i quali, da segnalare, quella neve su pioggia e pioggia su neve che non è bello da sentire nè da sciare. Comunque si va e tra gli increduli (bocca aperta sotto la Corna Grande) i primi ad esserlo siamo noi. Dal piazzale seguiamo la stradina (ds) fino alle malghe e poco dopo, dove conviene, un sentiero (ci vogliono occhi e immaginazione) che permette con lungo giro antiorario prima, di traversare il torrente e poi, subito dopo un grande masso, penetrare agevolmente il bosco rado ma ripido. Quasi al culmine la ripidità si addolcisce ed è facile intravedere (ds.) una selletta. Non si è lontanissimi dalle pareti di sn.della valle che potrebbero essere, ma la carta pare astenersi, quelle dei Legni Marci. Ora il torrente è un grande scivolo che trova origine in un imbuto sotto le pareti. Lo si sale dove è giusto farlo con attenzione, non si entra nell'imbuto (ovvio) fino ad intravvedere sulla destra un piccolo valloncello (ripido) che porta alla Terrazza dei Mughi. Gita,luogo e terrazza sono unici ma non per tutti. Sappiamo dove andare perchè ci siamo già stati in esplorazione scoprendo che qui, in mezzo al tutto conosciuto,è ancora possibile. Al piazzale , avevamo pensato,che la valle neanche parrebbe salibile ma poi,pur con poche tracce,si capirà come e dove e neanche potremmo scrivere che di salita ve ne sia una sola. Chi nella relazione cerca certezze è meglio che non salga. A chi proverà dopo la Terrazza dei Mughi basterà dirigersi verso Ovest dove non vi sono pericoli e poi lo stesso terreno consiglierà come muoversi per raggiungere il Piazzo, per contornarlo alla Sud, al limite dei roccioni e senza mai perdere quota, in ottima salita, dal Cazzaniga presumibilmente e sempre frequentatissima, raggiungere la vetta. Ad un editore normalmente conformista che sa bene come si costruiscono le guide, come le si vendano e come ci si guadagni, è possibile che la descrizione fatta non piaccia. Non amano gli esperimenti, pensano sia necessario vendere certezze ,impossibili a darsi qui come su ogni altra montagna, mentre a noi scialpinisti free-lance, nel dire che” da qui si può”, pensiamo di indicare l'avventura e non sempre le due cose, sto imparando, sono compatibili. Di nuovo in vetta ora non ci resta proprio che scendere. Le premesse sono finite. Infilo il costolone Sud del Piazzo dietro la squadra e dopo il valloncello con distacco che conduce alla linea ferrata del 103 prendo il comando. Sono l'unico tra loro a sapere dov'è l'imbocco della valle e dove è obbligatorio sciarne i primi 200-300 metri di dislivello. Mi butto dentro, la neve è quella giusta, polvere da aprire dove si vuole. Supero la strettoia-cancelletto, poi subito a destra per evitare salti e poco dopo, è sempre il terreno a dirlo, repentinamente a sinistra per raggiungere un pianoro e puntare alla pareti di sn.della valle lasciando a ds.un manipolo di abeti (decina). Da qui in poi il tratto sarà il più ripido (foto 3) ed io lo chiuderò, sfilati gli scalmanati, dopo Ginevra, le sue curve e le sue preoccupazioni. Ora si va' ognuno come e dove vuole. Gli urli si sprecano, la neve incita e la gioia di aver raggiunto “quel quadratino laggiù” è grande e distende. Quando il bosco infittisce è necessario riportarsi nuovamente a sn.e senza perdere di vista l'altimetro, tassativo, trovare a quota 1200 m.circa il guado del torrente che scende dal Vallone della Cornetta (da lì si vede il suo torrione) e sempre da lì seguiamo il sentiero, anche oggi evidentissimo (ancora 103) che in leggera discesa (non conviene lasciarlo) atteggiandosi a pista da sci ci scaricherà,ormai abitué del posto, prima presso l'Abitacolo, poi presso il piazzale delle Olimpiadi. Soli, ne prendiamo possesso e lo occupiamo con un” tutto sparso”che fa molto sbracamento e allegria...Guardo verso “Bruciati” e già vedo altre vie di salita e il gioco che ricomincia. Come non tentarlo? E poi diretto ai ragazzi: L'avete visto, là sulla terrazza, quel canalone che pare precipitare dalla Cornetta? … ( Nord, giuro, è a Nord).
Foto 1: il vallone dei Bruciati
Foto 2: lo scivolo prima della Terrazza dei Mughi
Foto 3: discesa nel canalone

gita effettuata il 08 marzo 2014
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