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   Monte Cevedale, Traversata delle tredici cime
Zona Lombardia - Ortles Cevedale
Partenza Albergo dei Forni  (2172 m)
Quota attacco 2172 m
Quota arrivo 3769 m
Dislivello 3100 m Il dislivello totale è comprensivo dei numerosi saliscendi e si intende dalla partenza dall'Albergo dei Forni
Difficoltà AD ( pendenza 45° / IV in roccia )
Esposizione in salita Varia
Rifugio di appoggio Albergo dei Forni, Rifugio Branca, Rifugio Mantova
Attrezzatura consigliata Piccozza, ramponi, 1 vite da ghiaccio, 1 ch. da roccia, 2 protezioni veloci e cordini
Orario indicativo Alquanto variabile (vedi note)
Periodo consigliato Maggio-Settembre
Descrizione Accesso stradale: Da Bormio seguendo la SS 300 si raggiunge Santa Caterina Valfurva m 1734 (Km 12.6), da dove si segue la stretta strada asfaltata che inoltrandosi nella Valle dei Forni conduce al parcheggio posto nei pressi dell’Albergo Ghiacciaio dei Forni (2172 m). Dall'Estate 2005 il traffico privato è regolamentato (il mattino e la sera il transito è consentito).
In caso di rientro attraverso il Rifugio Berni bisogna preventivare il rientro a Santa caterina e quindi ai Forni con altro automezzo.

Dall’Albergo dei Forni (2172 m), si lascia sulla sinistra la strada sterrata che sale verso il Rifugio Pizzini e si imbocca invece la stradina sulla destra (sv 28a rosso-bianco). La si percorre in leggera discesa a mezza costa in direzione del bacino artificiale dell’AEM. Lasciandosi sulla destra la stradina che porta alla diga continuare lungo la strada principale e superare il ponte sul torrente Cedéc (2216 m). Proseguire lungo la strada che ora inizia a salire e lasciarsi alla propria sinistra il bivio per la sovrastante Malga dei Forni. Ora la strada si fa più ripida e con qualche tornante ed un ultimo traverso si arriva al Rifugio Branca (2493 m).
Dal retro del Rifugio Branca si segue la traccia (non ben evidente l’inizio!) che si inoltra nella bella Val di Rosole e che si snoda nella prima parte attraverso pascoli di alta quota. Superato questo primo tratto il sentiero si inerpica sino alla sommità di un’evidente morena che si erge al centro della valle per poi percorrerne interamente il filo di cresta. Giunti al termine della morena ci si ritrova in una vasta zona semipianeggiante caratterizzata da piccole pozze di acqua, a circa 2900 m di quota proprio dinanzi alla fronte della Vedretta di Rosole. Risalire sul ghiacciaio, qui scarsamente inclinato e con la superficie cosparsa da abbondante detrito e massi erratici, e mantenendosi a ridosso del versante meridionale del Monte Pasquale portarsi alla base del ripido pendio che permette di accedere al Colle del Pasquale (3423 m). Risalire il pendio generalmente nevoso (40° max, detrito affiorante a stagione avanzata) e raggiungere in breve il Colle del Pasquale, da cui si diparte la cresta W del Monte Cevedale. Lasciatasi alle spalle la nevosa insellatura del colle si compie un breve traverso su roccette e detrito portandosi sul versante di Val di Rosole (attenzione!) e ci si immette in una fenditura tra le rocce che permette di aggirare un tozzo gendarme roccioso, superato il quale la cresta diventa nuovamente nevosa. Risalire ora il largo dosso ghiacciato (40° max) sino alle facili roccette che adducono alla cima del Monte Cevedale (3769 m).
In alternativa è possibile giungere alla vetta del Monte Cevedale attraverso altri due percorsi (prettamente glaciali)che si snodano: uno dal Rifugio Pizzini (2738 m) attraverso la Vedretta di Cedech e l'altro dal Rifugio Casati (3269 m) attraverso la Vedretta del cevedale (via normale).
Dalla sommità del Monte Cevedale discendere il facile pendio nevoso (traccia) che conduce al Passo di Rosole (3502 m), da cui in breve si raggiunge per facili roccette la vetta principale (punta settentrionale) del Monte Rosole (3536 m). Dalla sommità di questo mantenendosi dapprima in cresta e traversando poi sul versante orientale della montagna su rocce infide e neve si raggiunge anche la punta meridionale (3529 m) dalla quale facilmente si scende per sfasciumi al vicino al Col de La Mare (3442 m) poco prima del quale, si incontra il Bivacco Colombo (3485 m). Il Monte Rosole può essere anche aggirato traversando alla base del suo versante orientale mantenendosi sulla Vedretta de La Mare e raggiungendo così direttamente il Col de La Mare. Dal colle si prosegue in direzione del Palon de La Mare (3703 m) risalendo gli ampi e dolci pendii glaciali (qualche crepaccio) che caratterizzano la larga cresta N di questa montagna. Superato lo spallone nevoso della Quota 3601 si risale un’ulteriore pendio nevoso al termine del quale una breve ma elegante cresta nevosa porta alla vetta. Dal Palon de La Mare scendere dapprima lungo le facili rocce della cresta SE poi, giunti nei pressi di un evidente torrione roccioso, abbandonarla per abbassarsi in un canalino alla propria destra (tracce di passaggio) sino a che non si tocca il ghiacciaio sottostante e quindi il Passo della Vedretta Rossa (3405 m). Dal Passo della Vedretta Rossa si percorrono gli ampi pendii glaciali che costituiscono la larga cresta NNW del Monte Vioz (3645 m) sino a toccare le roccette che costituiscono l’edificio sommitale della montagna, percorse le quali, si raggiunge in breve la vetta. La discesa dalla vetta verso il Colle Vioz avviene attraverso la rocciosa cresta SW. Dalla cima abbassarsi lungo la cresta per facili roccette e qualche traccia e giunti in prossimità di un ripido salto roccioso deviare alla propria destra (faccia a valle) portandosi al di sotto del filo di cresta. Si percorre ora con un traverso discendente il ripido versante roccioso che da sul Ghiacciaio dei Forni (II, non banale prestare attenzione al percorso) per riportarsi poi sul filo di cresta laddove le difficoltà e diminuiscono. Seguire la cresta per abbandonarla nuovamente poco prima del passo che si raggiunge con un esposto traverso su neve sul fianco meridionale. Dal Colle Vioz (3330 m) si deve risalire il ripido versante che caratterizza la cresta NE che scende dall’anticima della Punta Taviela e che rappresenta senza dubbio il tratto più impegnativo di tutta la traversata. La risalita di questo tratto comporta un arrampicata su terreno misto lungo il quale la linea di salita non è sempre ben chiara e dove l’intuito nella scelta dell’itinerario è fondamentale; comunque, affrontando la traversata nel senso qui proposto, si evita di percorrere questo tratto in discesa, che su questo tipo di terreno risulta ancor più delicata. Dal colle risalire lungo tracce e qualche roccetta (passi di I) la ripida e poco definita cresta rocciosa. Giunti a circa metà del pendio, questo si fa ora più ripido ed impone un’arrampicata su rocce non sempre solide dove occorre prestare qualche attenzione (II, 1 passo di IV- nel superare uno strapiombino). Raggiunta la sommità dello sperone e superata l’anticima si prosegue poi facilmente per facili roccette sino alla Punta Taviela (3612 m). Dalla cima si discende lungo la larga cresta NE per poi risalire sino alla Quota 3576 superata la quale si perviene con una breve discesa alla vetta della Cima Peio (3549 m) insignificante elevazione che mostra una certa individualità solo se vista da N. Si prosegue facilmente lungo la cresta di neve e rocce abbassandosi sino all’intaglio a quota 3470 m e continuando lungo la cresta, ora più sottile e completamente rocciosa, si raggiunge la Rocca Santa Caterina (3529 m). Dalla cima abbassarsi verso S di qualche metro sino ad incontrare la catena che permette di discendere il verticale risalto sommitale (si tratta di una paretina verticale di circa 3 m di altezza che originariamente opponeva una difficoltà di IV ma attualmente a causa dell’usura della roccia questo tratto risulta ben più ostico). Superato questo breve ma impegnativo tratto si raggiunge un’intaglio dal quale, si discende un diedro di una decina di metri (II) lungo il versanteW. Giunti alla base del diedro si traversa lungo il versante W sfruttando una serie di piccole cengie per una sessantina di metri sino a che non è possibile riportarsi sul filo di cresta. La cresta diventa ora più facile e pianeggiante ed oltrepassata la spalla a Quota 3501 si raggiunge il Colle Cadini (3409 m). La traversata prosegue con la salita della bella Punta Cadini la cui vetta si raggiunge percorrendo la cresta NE che nevosa conduce alle facili roccette dell’edificio sommitale (la salita di quest’ultimo tratto è agevolata dalla presenza di un camminamento della Grande Guerra, che presenta una caratteristica scaletta in legno ancora ben conservata). Dalla cima abbassarsi lungo le roccette verso il Colle degli Orsi e percorrerre poi la ripida gobba spesso ghiacciata e con detrito affiorante (attenzione!) sino al colle. Dal Colle degli Orsi (3304 m), punto più basso toccato dalla traversata, raggiungere il vicino Bivacco Meneghello e da qui proseguire lungo la cresta E della Punta San Matteo. La cresta nevosa dapprima ben definita si trasforma poi in un largo dosso nevoso che si percorre senza alcuna difficoltà sino ad un’ampia sella alla base del pendio SE della montagna. Lasciata sulla sinistra la facile cresta che porta al Monte Giumella (spesso evitata seppur facente anch’essa facente parte della traversata) si risale il ripido pendio nevoso raggiungendo infine la cima dell’elegante Punta San Matteo (3678 m). Si segue ora la cresta NW del San Matteo che dapprima esile e poco ripida si trasforma poi in un ripido pendio nevoso alto una ventina di metri (45°ed anche più in questi ultimi anni) che porta ad un pianoro nevoso. Da qui si aggira sulla sinistra il torrione roccioso posto sulla cresta scendendo un corto ma ripido canalino (45°, esposto), spesso ghiacciato (attenzione!) e traversando poi a sinistra (spalle a valle) sino al colletto posto alla base della cresta. Si prosegue lungo la bella e panoramica cresta che unisce la Punta San Matteo al Pizzo Tresero e che costituisce il tratto finale della traversata. Si superano in sucessione, senza particolari difficoltà, la Punta Dosegù (3560 m) e la Punta Pedranzini (3599 m) per giungere infine all’elegante piramide del Pizzo Tresero (3602 m).
La discesa dalla cima verso il Rifugio Berni (2541 m) avviene dapprima lungo la rocciosa cresta SW lungo tracce di passaggio e roccette poi, appena possibile, si scende sulla Vedretta di Punta Pedranzini e la si percorre senza grandi difficoltà (assenza di crepacci ed un’unica ripida gobba da superare) mantenendosi a ridosso della cresta stessa. Lasciata alla propria destra la depressione nevoso-detritica alla base della cresta SW ci si porta al termine del ghiacciaio a circa 3150 m di quota. Da qui si imbocca il sentiero ben segnalato che porta nel Vallone del Dosegù ed al Ponte dell’Amicizia che permette di attraversare le impetuose acque del Rio Dosegù. Il sentiero esce poi dal vallone ed attraversando le praterie della Valle del Gavia conduce in circa venti minuti di cammino al rifugio.
In alternativa dalla vetta del Pizzo Tresero è pure possibile scendere lungo la Vedretta dei Forni sul suo versante orientale, con percorso interamente glaciale ma abbastanza semplice. Giunti al termine del ghiacciaio, in corrispondenza del canalone dell'Isola, per morena e tracce si rientra ai Forni.

Note sui tempi di percorrenza:
Bisogna prima di tutto premettere che i tempi dipendono moltissimo dalle condizioni della montagna e vista la lunghezza del percorso questi si possono dilatare sensibilmente.
In molte guide la traversata viene proposta in tre giorni ma cordate allenate possono compierla tranquillamente in due giorni. E' pure possibile con ottimo allenamento effettuare la traversata in un solo giorno (dalle 12 alle 17 ore).

I punti di appoggio lungo il percorso sono:
Rifugio Branca (2493 m) nella Valle dei Forni
Bivacco Colombo al Monte Rosole (2435 m)
Rifugio Mantova al Vioz (3540 m ca.)
Bivacco Meneghello al Colle degli orsi (3304 m)
Bivacco Seveso al Tresero (3402 m)
Rifugio Berni (2541 m)
Valutazione itinerario Ottimo
Commento Le cime che coronano il Ghiacciaio dei Forni possono essere unite da un’interessante percorso in cresta conosciuto con il nome di ‘Tredici Cime’. Si tratta di una lunga traversata di alta montagna che si snoda per circa 17 km lungo la cresta che corre tra la vetta del Monte Cevedale e quella del Pizzo Tresero e si mantiene costantemente al di sopra dei 3300 m di quota (tutte le cime che si toccano sono superiori ai 3500 m di quota). Pur non presentando elevate difficoltà la lunghezza del percorso ed il tipo di terreno su cui si sviluppa richiedono un buon allenamento e dimestichezza con l’alta montagna. I tratti che richiedono maggior attenzione sono la discesa della cresta SW del Monte Vioz e la successiva risalita della cresta NE della Punta Taviela, il superamento della rocciosa Rocca Santa Caterina ed infine la discesa dalla Punta San Matteo che in caso di ghiaccio affiorante può risultare molto delicata.
Viene qui proposta la traversata dal Monte Cevedale al Pizzo Tresero che presenta l'indubbio vantaggio di avere alcuni tra i tratti più delicati da compiere in salita anzichè in discesa; ovviamente è pure possibile la traversata in senso opposto. La cordata dei primi salitori effettuò l’intera traversata in giornata impiegando poco più di venti ore, quindi una prestazione di tutto rispetto tenendo conto anche dell’epoca in cui venne effettuata (1893).
Itinerario visto 17530 volte
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